Civile

È punibile con la sanzione del 30% la compensazione errata di crediti Iva

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di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Nell’individuazione delle sanzioni applicabili in caso d’indebita compensazione Iva, i giudici della commissione tributaria della Lombardia con la sentenza 2547/24/2019 del 13 giugno scorso (presidente Ceccherini, relatore Chiametti) seguono la linea dura. È dunque punibile nella misura del 30% la compensazione avvenuta in base all’articolo 17 del Dlgs 241/97 con crediti d’imposta esistenti, ma attuata anteriormente al termine di legge: nella fattispecie (risalente a marzo 2012) anteriormente al 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale da cui emerge il credito Iva.

Nonostante l’opposta tesi della società contribuente, la pronuncia considera che, ancorché si tratti della compensazione di un credito esistente, il suo utilizzo per importi oltre la soglia indicata (all’epoca di 10mila euro) prima della data prevista, configuri una violazione «non semplicemente formale», ma sostanziale, trattandosi della fattispecie di compensazione di un credito non disponibile.

Corretto, pertanto, sarebbe l’operato dell’ufficio, il quale, procedendo con atto di recupero, ha irrogato la sanzione per omesso/tardivo versamento d’imposta ai sensi dell’articolo 13 del Dlgs 471/1997.

A supporto della posizione espressa, i giudici richiamano due precedenti della Corte di cassazione. Si tratta della sentenza 25816/2015, secondo cui la norma sanzionatoria che punisce il mancato versamento si rende applicabile «ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti» (com’è nel caso di specie) e della sentenza 27315/2016 che, giungendo a identica conclusione in caso di superamento del tetto massimo compensabile, si sofferma sulla “parallela” vicenda della (presunta) irriducibilità delle sanzioni a un terzo per questa tipologia di violazioni.

Nessuna argomentazione viene, invece, sviluppata dalla sentenza (almeno non “in chiaro”) con riguardo alla possibile disapplicazione delle sanzioni in forza del principio di legalità di cui all’articolo 3 del Dlgs 472/1997, questione che sembra essere stata introdotta dalla società, almeno in fase di ricorso contro l’atto notificato.

La fattispecie della compensazione di crediti esistenti, ma non spettanti, ovvero compensati in violazione delle modalità di utilizzo previste, è stata infatti inserita nell’ordinamento solo con la riforma del sistema sanzionatorio di cui al Dlgs 158/2015. Il che, rende legittimo interrogarsi sulla punibilità di condotte che non erano considerate dalla precedente versione della norma sanzionatoria. La sentenza della commissione tributaria regionale giudica evidentemente assorbita l’eccezione sulla base dell’orientamento della Cassazione, decisa a far confluire nell’ipotesi di omesso versamento d’imposta tutte le situazioni di compensazione in mancanza dei presupposti di legge.

Più sensibili a tale aspetto, tuttavia, paiono altre pronunce di merito, fra cui si segnala la sentenza 3407/2018 degli stessi giudici lombardi (sezione 1), nella quale è affermato che la sanzione in esame è stata introdotta dal Dlgs 158/2015, entrato in vigore il primo gennaio 2016, e che, pertanto, essa è «inapplicabile nel caso di specie, sia retroattivamente sia per analogia».

Ctr Lombardia 2547/24/2019

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