Civile

Emotrasfusioni, la morte dopo 40 anni taglia l’assegno

Nel caso di decesso dopo un apprezzabile lasso di tempo il risarcimento va commisurato all’inabilità temporanea, tendendo conto dell’esito mortale

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di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione taglia il risarcimento del danno per l’infezione contratta a seguito di emotrasfusioni se la morte è avvenuta a 40 anni di distanza. Ove infatti alle lesioni colpose consegua la morte, il danno suscettibile di liquidazione è quello corrispondente all’inabilità temporanea, e non quello relativo all’invalidità permanente. La Terza sezione civile, ordinanza n. 4658 depositata oggi, ha così accolto il ricorso del ministero della Salute - e la relativa tesi - contro gli eredi di una donna morta nel gennaio 2011 per cirrosi epatica HCV - diagnosticata il 27 maggio 2008 - a causa dell’infezione contratta per via di una trasfusione di sangue subita nel 1972.

In primo grado il Tribunale rigettò la domanda. La Corte d’appello di Caltanisetta, nel 2022, accolse l’appello, condannando l’Amministrazione al pagamento in favore dei figli di 511.259,80 € a titolo di risarcimento del danno jure successionis, oltre interessi legali dalla data della sentenza e sino al saldo; e della somma di 318.332,81ciascuno, a titolo di risarcimento del danno jure proprio, oltre interessi legali dalla data della sentenza e sino al saldo.

Con riferimento al danno iure hereditatis, la Corte territoriale condividendo il giudizio del CTU di impossibilità di definizione in termini certi o di rilevante probabilità dell’invalidità temporanea alla luce della aspecifica sintomatologia della malattia per lunghi anni dopo il contagio, ritenne liquidabile, con decorrenza dal giorno della prima diagnosi (27 maggio 2008), l’invalidità permanente, affermando che dalla medesima data decorrevano gli interessi relativi al danno da perdita del rapporto parentale, cagionato dalla morte della congiunta.

Una lettura bocciata dalla Suprema corte. “La determinazione del risarcimento dovuto a titolo di danno biologico iure hereditatis nel caso in cui il danneggiato sia deceduto dopo un apprezzabile lasso di tempo dall’evento lesivo - spiega la Cassazione -, va parametrata alla menomazione dell’integrità psicofisica patita dallo stesso per quel determinato periodo di tempo, con commisurazione all’inabilità temporanea da adeguare alle circostanze del caso concreto, tenuto conto del fatto che, detto danno, se pure temporaneo, ha raggiunto la massima entità ed intensità, senza possibilità di recupero, atteso l’esito mortale” (nn. 16592 e 17577 del 2019).

“Soggiace a tale conclusione – aggiunge la Corte - la distinzione fra le due forme di invalidità: l’invalidità temporanea perdura in relazione alla durata della patologia e viene a cessare o con la guarigione, con il pieno recupero delle capacità anatomo-funzionali dell’organismo, o, al contrario, con la morte, ovvero ancora con l’adattamento dell’organismo alle mutate e degradate condizioni di salute (cd. stabilizzazione); in tale ultimo caso, il danno biologico subito dalla vittima dev’essere liquidato alla stregua di invalidità permanente”. (Cass. n. 35416 del 2022).

La Cassazione ha poi accolto anche il secondo punto che lamentava, in relazione al danno iure proprio da perdita del rapporto parentale, la decorrenza degli interessi dal giorno della diagnosi della malattia, anziché dal giorno della morte della congiunta. “In relazione al danno iure proprio liquidato – spiega la decisione -, la corte territoriale ha identificato l’evento di danno nella morte della madre degli appellanti, corrispondendo a tale evento la perdita del rapporto parentale”. Tuttavia, “nonostante che l’evento di danno, che ha perfezionato il fatto illecito, corrisponda alla morte, la decorrenza degli interessi, nella liquidazione del danno conseguenza, è stata retrocessa al giorno della diagnosi della malattia, che ha poi cagionato la morte”. “Si tratta di retrocessione illegittima – conclude l’ordinanza - perché il fatto illecito si perfeziona con il danno, e non con il compimento della mera condotta scissa dall’evento dannoso, ed in relazione al danno in questione (la perdita del rapporto parentale) il danno evento è rappresentato dalla morte”.

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