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Environmental Crime Directive: tutela penale dell’ambiente e norme di contrasto alle organizzazioni criminali

La direttiva 2024/1203/UE dovrà essere recepita entro il 21 maggio 2026 - Ampliato il bene tutelato, sono previste rilevanti sanzioni, penali e non, per persone fisiche e giuridiche - Tra i reati qualificati è introdotto l“ecocidio”

Close up of hand painting Earth planet with brush. Elements of this image are furnished by NASA

di Marco Letizi*

L’Unione europea ha adottato la direttiva 2024/1203/UE dell’11 aprile 2024 sulla tutela penale dell’ambiente (Environmental Crime Directive), entrata in vigore il 20 maggio 2024, che sostituisce la direttiva sulla tutela penale dell’ambiente del 2008 e che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 21 maggio 2026. La nuova direttiva ha stabilito norme minime per contrastare le organizzazioni criminali coinvolte in tutte le forme di criminalità ambientale. 

La Environmental Crime Directive è una risposta concreta del legislatore europeo alla minaccia globale posta dalla criminalità ambientale, transnazionale e organizzata, in costante crescita che rientra tra le attività criminali più redditizie al mondo, in quanto capace di generare profitti, su base annuale, compresi in un range di circa 110-281 miliardi di dollari. In Italia, l’ultimo rapporto di Legambiente (Ecomafia 2024), ha denunciato l’aumento dei reati ambientali, che nel 2023, registrano un incremento del 15,6% rispetto al 2022 per un business che vale 8,8 miliardi all’anno. 

La nuova strategia eurounitaria di contrasto dei reati ambientali, introdotta con la Environmental Crime Directive si fonda sui principi di precauzione, di azione preventiva, della correzione (in via prioritaria alla fonte) dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga».

Gli aspetti principali introdotti dalla nuova direttiva riguardano anzitutto l’ampliamento del bene tutelato: il concetto di ambiente considerato ai fini della direttiva è quello definito dall’articolo 3, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea (TUE) e dall’articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), comprensivo di tutte le risorse naturali, fra cui aria, acqua, suolo, ecosistemi, compresi i servizi e le funzioni ecosistemici, fauna e flora selvatiche, compresi gli habitat, nonchè di tutti i servizi forniti dalle risorse naturali.

L’articolo 3 (Reati) della nuova direttiva sostituisce la lista dei reati ambientali precedentemente previsti dall’articolo 3 (Infrazioni) della direttiva 2008/99/CE, introducendo una lista molto più estesa. Rispetto alla direttiva del 2008, sono state introdotte diverse nuove fattispecie di reato come, ad esempio, il riciclaggio illegale delle navi ed estrazione dell’acqua, gravi violazioni della legislazione unionale in materia di sostanze chimiche e mercurio, l’immissione sul mercato e l’esportazione delle materie prime e dei prodotti interessati in violazione del Regolamento (UE) 2023/1115 del 31 maggio 2023 relativo alla messa a disposizione sul mercato dell’Unione e all’esportazione dall’Unione di determinate materie prime e determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale.

Affinché si integri il reato ambientale, ai fini della direttiva, le condotte illecite di cui all’articolo 3, paragrafi 2 e 3,devono essere poste in essere intenzionalmente (nel nostro ordinamento dovrebbe trattarsi di dolo), mentre per le condotte illecite di cui all’articolo 3, paragrafo 4, è sufficiente la negligenza grave (nel nostro ordinamento dovrebbe trattarsi di colpa grave). L’illiceità della condotta, secondo la direttiva, si configura quando viene violato un atto legislativo unionale che contribuisce al conseguimento di uno degli obiettivi della politica eurounitaria in materia ambientale di cui all’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, oppure un provvedimento normativo nazionale, o ancora una decisione adottata da un’autorità competente di uno Stato membro, che dà attuazione a un atto legislativo unionale volto al perseguimento degli obiettivi ambientali previsti dall’articolo 191, paragrafo 1, del TFUE. In tutti i casi, la condotta si considera illecita se posta in essere a seguito di un’autorizzazione rilasciata da un’autorità competente di uno Stato membro ottenuta in modo fraudolento o mediante un atto corruttivo, estorsivo o coercitivo, o nell’ipotesi detta autorizzazione violi palesemente i requisiti normativi sostanziali.

L’articolo 4 prevede la sanzione penaledell’istigazione, il favoreggiamento e il concorso nella commissione di un reato ambientale previsto dall’articolo 3, paragrafi 2 e 3. È sanzionato penalmente anche il tentativo di porre in essere un reato ambientale - con riferimento alle fattispecie previste dall’articolo 3, paragrafo 2, lettere da a) a d), lettere f) e g), lettere da i) a m), e lettere o), p), r), s) e t) - qualora provochi o è probabile che provochi il decesso o lesioni gravi alle persone, o qualora provochi o è probabile che provochi danni rilevanti o un rischio considerevole di danni rilevanti all’ambiente, o che è ritenuto altrimenti particolarmente dannoso. La Environmental Crime Directive introduce un sistema graduale di pene detentive (minime e massime) per le persone fisiche (articolo 5, Sanzioni per le persone fisiche) che vengono sanzionate, a seconda del reato, con una pena massima compresa almeno fra 3 e 10 anni di reclusione e possono, altresì, essere sottoposte a sanzioni o misure penali o non penali accessorie, quali:

  • in caso di danno ambientale reversibile, l’obbligo di ripristinare l’ambiente entro un determinato periodo;
  • in caso di danno irreversibile o qualora l’autore del reato non sia in grado di procedere al ripristino, l’obbligo di risarcire il danno ambientale; sanzioni pecuniarie; esclusioni dall’accesso ai finanziamenti pubblici;
  • l’interdizione dall’esercizio, in seno a una persona giuridica, di una posizione preminente dello stesso tipo utilizzato per commettere il reato;
  • il ritiro delle autorizzazioni all’esercizio delle attività che hanno portato al reato;
  • divieti temporanei di candidarsi a cariche pubbliche;
  • pubblicazione della decisione giudiziaria.

Con riferimento alle persone giuridiche (esclusi gli Stati, le istituzioni pubbliche che esercitano i pubblici poteri e le organizzazioni internazionali pubbliche), la direttiva (articolo 6, Responsabilità delle persone giuridiche) attribuisce una responsabilità in capo alle persone giuridiche, in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4, quando:

  • tali reati siano stati commessi a vantaggio delle stesse persone giuridiche da qualsiasi soggetto che rivesta una posizione apicale in seno alla stessa persona giuridica, in ragione del suo potere di rappresentanza della persona giuridica, assunzione delle decisioni per conto della persona giuridica, o di esercitare il controllo in seno alla persona giuridica;

o, in alternativa:

  • si sia verificata una carenza di sorveglianza o controllo da parte di uno dei soggetti indicati al precedente punto che abbia determinato la perpetrazione di un reato di cui agli articoli 3 e 4 a vantaggio della persona giuridica.

Qualora le persone giuridiche vengano dichiarate responsabili ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 o 2 dei reati di cui agli articoli 3 e 4, le stesse sono soggette a sanzioni penali o misure penali o non penali e, qualora previsto dagli ordinamenti nazionali, anche a sanzioni pecuniarie (articolo 7, Sanzioni per le persone giuridiche). Le sanzioni o le misure penali o non penali possono includere l’obbligo in capo alla persona giuridica di:

  • ripristinare l’ambiente entro un determinato periodo, in caso di danno reversibile;
  • risarcire il danno all’ambiente, in caso di danno irreversibile o se l’autore del reato non è in grado di procedere a tale ripristino;
  • l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico;
  • l’esclusione dall’accesso ai finanziamenti pubblici, comprese procedure di gara, sovvenzioni, concessioni e licenze;
  • l’interdizione temporanea o permanente di esercitare un’attività commerciale;
  • il ritiro dei permessi e delle autorizzazioni all’esercizio delle attività che hanno portato al reato in questione;
  • l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;
  • provvedimenti giudiziari di scioglimento;
  • la chiusura delle sedi usate per commettere il reato;
  • l’obbligo di istituire sistemi di dovuta diligenza per rafforzare il rispetto delle norme ambientali;
  • laddove vi sia un pubblico interesse, la pubblicazione integrale o parziale della decisione giudiziaria relativa al reato commesso e alle sanzioni o misure imposte, fatte salve le norme in materia di tutela della vita privata e di protezione dei dati personali.

L’articolo 7 statuisce che, almeno per le persone giuridiche ritenute responsabili, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, dei reati di cui all’articolo 3, paragrafo 2, vengano irrogate sanzioni pecuniarie penali o non penali, sulla base di due metodi sanzionatori alternativi basati su importi fissi compresi tra 24 e 40 milioni di euro e sul fatturato totale annuo mondiale della persona giuridica destinataria della sanzione.

L’importo massimo della sanzione pecuniaria non deve essere inferiore:

  • per i reati di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettere da a) a l), e lettere p), s) e t):

- al 5 % del fatturato mondiale totale della persona giuridica nell’esercizio finanziario precedente quello in cui è stato commesso il reato o nell’esercizio finanziario precedente a quello nel quale è stata adottata la decisione di irrogare la sanzione pecuniaria; oppure

- a un importo corrispondente a 40 milioni di euro;

  • per i reati di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettere m), n), o), q) e lettera r):

- al 3 % del fatturato mondiale totale della persona giuridica nell’esercizio finanziario precedente quello in cui è stato commesso il reato o nell’esercizio finanziario precedente a quello nel quale è stata adottata la decisione di irrogare la sanzione pecuniaria; oppure

- a un importo corrispondente a 24 milioni di euro.

La direttiva prevede, altresì, che i reati elencati al paragrafo 2 dell’articolo 3 possano essere considerati quali reati «qualificati» qualora comportino conseguenze ambientali catastrofiche, comprendendo addirittura fattispecie penalmente rilevanti che, in alcuni Stati membri UE, vengono indicate come «ecocidio». Tra gli Stati membri, a tutt’oggi, solo 2 Paesi hanno introdotto il reato di ecocidio: la Francia, nel 2021 e il Belgio nel 2022 (introducendo pene detentive da 10 a 20 anni in caso di condanna per danni gravi e permanenti su larga scala).

La direttiva prevede che le condotte elencate al paragrafo 2 dell’articolo 3 vengano considerate come reati «qualificati» nell’ipotesi determinino:

  • la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevoli o di un habitat all’interno di un sito protetto o danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi, a tale ecosistema o habitat; o
  • danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque.

In tali ipotesi, la direttiva stabilisce che le pene devono essere più severe rispetto a quelle degli altri reati.

Oltre all’inasprimento delle sanzioni per i reati «qualificati», l’articolo 8 prevede l’applicazione di una o più delle seguenti circostanze aggravanti (ancorché non siano elementi costitutivi dei reati di cui all’articolo 3 e conformemente all’ordinamento nazionale), con riferimento ai reati ambientali previsti dagli articoli 3 e 4, nell’ipotesi in cui il reato:

  • provochi la distruzioneo danni rilevanti irreversibili o duraturi a un ecosistema;
  • sia stato commesso nel contesto di un’organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata;
  • abbia comportato l’uso di documenti falsi o contraffatti da parte dell’autore del reato;
  • sia stato commesso da un funzionario pubblico nell’esercizio delle sue funzioni;
  • sia stato perpetrato da un soggetto già condannato con sentenza definitiva per reati della stessa specie di quelli di cui all’articolo 3 o 4;
  • abbia generato o si prevedeva che generasse benefici finanziari rilevanti, o abbia consentito di evitare spese rilevanti, direttamente o indirettamente, nella misura in cui tali benefici o spese possano essere determinati; sia stato perpetrato da un soggetto che ha distrutto prove o minacciato i testimoni o i denuncianti;
  • sia stato commesso in una zona classificata come zona di protezione speciale a norma dell’articolo 4, paragrafo 1 o 2, della direttiva 2009/147/CE (direttiva uccelli), oppure in un sito designato come zona speciale di conservazione a norma dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CEE (direttiva habitat) o in un sito di importanza comunitaria a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE.

L’articolo 9 prevede l’applicazione di una o più delle seguenti circostanze attenuanti (conformemente all’ordinamento nazionale), con riferimento ai reati ambientali previsti dagli articoli 3 e 4, qualora il soggetto attivo del reato ambientale:

  • ripristini l’ambiente allo stato precedente, se tale ripristino non è un obbligo o, prima dell’avvio di un’indagine penale, adotta misure volte a ridurre al minimo l’impatto e l’entità del danno o a porvi rimedio;
  • fornisca alle autorità informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere con altri mezzi e che sono loro utili per identificare o consegnare alla giustizia altri autori del reato e acquisire elementi di prova.

Entro il 21 maggio 2027, gli Stati membri dovranno elaborare e pubblicare una strategia nazionale in materia di lotta alla criminalità ambientale, che tenga conto degli obiettivi e delle priorità di politica nazionale in tale ambito, dei ruoli e delle responsabilità delle autorità competenti deputate al contrasto dei reati ambientali a livello nazionale, anche in un’ottica di cooperazione tra queste ultime e i competenti organismi unionali.

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*A cura di Marco Letizi, PhD, Avvocato Dottore Commercialista Revisore Legale, Consulente Internazionale Nazioni Unite Commissione Europea Consiglio d’Europa, Consulente Tecnico e Perito Penale Albo Nazionale, Esperto di green economy ed ESG Audit