Penale

Esercizio abusivo per il commercialista che si cancella dall'albo

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di Patrizia Maciocchi

Esercizio abusivo della professione di consulente del lavoro per il commercialista che si è cancellato dall’Albo. La Cassazione (sentenza 30827) respinge il ricorso del professionista che affermava di aver male interpretato, in buona fede, gli elementi materiali del reato, senza essere incorso in errore di diritto. Il ricorrente si era cancellato dall’albo dei dottori commercialisti pensando che la contestuale iscrizione all’istituto nazionale dei revisori legali fosse sufficiente per svolgere il lavoro.

La Suprema corte spiega, invece che l’articolo 348 del Codice penale sull’esercizio abusivo della professione, è una norma in bianco «perché presuppone l’esistenza di altre disposizioni integrative del precetto penale, che definiscono l’area oltre la quale non è consentito l’esercizio di determinate professioni: l’errore sulle norme da esso richiamate è quindi parificabile all’errore sulla legge penale e non ha valore scriminante».

Al ricorrente poi non era concesso di non sapere.

Il professionista, dopo la cancellazione dall’Albo dei dottori commercialisti si era occupato per anni della tenuta e della trasmissione di documentazione fiscale, attività riservata agli iscritti. La buona fede va esclusa alla luce della sua “specializzazione”. Al commercialista è, infatti, richiesto un maggior grado di diligenza della normativa in questione. Va dunque esclusa la pretesa inevitabilità di un errore che era di diritto. Una conclusione che vale a maggior ragione quando, come nel caso esaminato, non si è all’inizio della carriera professionale ma si lavora da molti anni nel settore.

Corte di cassazione - Sezione VI -Sentenza 21 giugno 2017 n. 30827

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