Penale

Estinzione per confusione dei crediti erariali ex art. 50 Codice antimafia

Nota a Corte di Cassazione Sezione 5 Penale Sentenza 16 settembre 2021, n. 34523

di Cristiana Rossi*

Con sentenza n. 34523/21 pubblicata il 16/09/2021 la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Taranto il decreto impugnato con il quale quest'ultimo rigettava il ricorso promosso dall'Agenzia delle Entrate Riscossione (ADER) ex art. 59, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011.

Difatti l'Agenzia delle Entrate Riscossione aveva promosso ricorso avverso lo stato passivo relativo alla misura di prevenzione patrimoniale della confisca applicata al proposto persona fisica ed avente ad oggetto a anche l'intero capitale sociale di una società di capitali (S.r.l.).

L'ADER lamentava la mancata ammissione dei crediti sorti successivamente al sequestro disposto in data 18 Marzo 2014 e di quelli ritenuti estinti per confusione sensi dell' articolo 50 del d. lgs. n. 159/2011 che al secondo comma richiama a sua volta l'art. 1253 cod.civ. , ritenendo che la compensazione poteva operare soltanto in caso di coincidenza della qualità di debitore e creditore in capo allo stesso soggetto.

Nel caso specifico invece l'ADER rilevava l'attribuzione dei debiti tributari al proposto quale persona fisica o quale titolare della omonima ditta individuale, e conseguentemente la titolarità del rapporto tributario in capo alla stessa persona fisica. Rappresentava inoltre che il riconoscere l'estensione del debito tributario anche quando questo derivi da un'attività di impresa non esercitata sottoforma di società di capitali o addirittura non derivi da imprenditoriale, equivarrebbe al consentire alla persona fisica di sottrarsi al principio generale sancito dall' 2740, coma 1 cod. civ..

Affermava quindi che l'effetto estintivo della confusione operava esclusivamente per i debiti tributari maturati in costanza del procedimento di prevenzione e quindi per il periodo che andava dal sequestro alla confisca definitiva; mentre i debiti non ammessi erano costituiti da diverse voci: proventi illeciti sottoposti a tassazione come redditi diversi; imposta di registro di una sentenza civile emessa già nella fase di sequestro, redditi ascrivibili all'attività d'impresa svolta dal proposto in forma individuale, ed in ultimo vi era l'imposta di registro a carico di una S.r.l. inerente a due sentenze emesse nel 2015 e nel 2016.

Il Tribunale di Taranto rigettava l'opposizione con decreto del 9 Febbraio 2021 ritenendo che nel far salvo i diritti dei terzi di buona fede derivanti dai crediti anteriori al sequestro, l'articolo 52 del d.lgs. n. 159/2011 operi nei confronti di tutti i crediti ammessi - che abbiano ovviamente superato il vaglio della buona fede - indipendentemente se gli stessi siano direttamente od indirettamente correlati ai beni colpiti dalla misura di prevenzione. Affermava quindi che il patrimonio confiscato era dunque designato alla soddisfazione di tutti i crediti ammessi.

Il Tribunale dunque aveva ritenuto sbagliata l'interpretazione dell'opponente basata sull' errato assunto che la garanzia patrimoniale costituita dai beni confiscati operi soltanto per crediti ad essi correlati.

In applicazione quindi dell'art. 50 del citato decreto, il Tribunale aveva ritenuto di non ammettere i crediti vantati dall'opponente in virtù della loro natura erariale poiché essa realizzava il presupposto essenziale al verificarsi degli effetti della confusione ex art. 1253 del cod. civ. riunendo in un unico soggetto appunto – lo Stato - la qualità di debitore e creditore. Precisava inoltre che il credito fondato sull'imposta di registro per le sentenze era sorto successivamente al sequestro intervenuto il 18 Marzo del 2014.

L'ADER nel proprio ricorso in opposizione eccepiva un unico motivo gli doglianza inerente proprio la violazione degli artt. 50, comma 2, e 52 del d.lgs. n. 159/11 limitatamente proprio all'estinzione per confusione di tutti crediti indicati nella domanda di ammissione compresi quelli nei confronti del proposto in qualità di persona fisica.

Sosteneva fondamentalmente che l'applicazione dell'art. 52 del d.lgs. n. 159/11 nonché la previsione di estinzione per confusione del citato art. 50, non si applicava indiscriminatamente a tutti i crediti vantati nei confronti del proposto ma soltanto a quei crediti correlati ai beni acquisiti al patrimonio dello Stato per effetto della confisca di prevenzione divenuta definitiva.

L'art. 50, comma 2 del decreto più volte citato, è volto ad operare l'estinzione prevista ai sensi dell'art. 1253 del cod. civ. anche quando il debitore – nel caso specifico l'Agenzia Nazionale per l' Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (oppure Agenzia Nazionale o ANBSC) in seguito alla confisca definitiva appunto - ed il creditore - lo Stato titolare del credito erariale - siano soggetti diversi ma riferibili ambedue ad un unico centro di interesse rappresentato dunque dall'Erario. In sostegno della suindicata tesi, la ricorrente Agenzia delle Entrate Riscossione citava proprio un interpello dell'Agenzia delle Entrate del 17 giugno 2010 numero 954- 94176 ed una risoluzione numero 70/E del 29 ottobre 2020, ritenendo quindi che un'interpretazione diversa offrirebbe al proposto un notevole vantaggio ingiustificato.

Sulla scorta di quanto appena considerato, l'ADER concludeva con la richiesta di ritenere inoperante la confusione ex art. 50, c. 2 d. lgs n. 159/11 con riguardo a tutti i crediti erariali vantati nei confronti del proposto persona fisica, in quanto non si realizzava alcuna riunione in capo allo Stato - per effetto della confisca - della qualità di soggetto attivo e passivo dei rapporti tributari riferiti all'esercizio dell'attività d'impresa in forma individuale non riconducibili dunque, alla società di capitali (S.r.l.) colpita dalla confisca.

In primo luogo la Suprema Corte rileva che il motivo del ricorso non era riferito alla mancata ammissione al passivo delle imposte attinenti la registrazione delle sentenze sopra indicate.

In seguito, ha chiarito che l'art. 50, comma 2 del Codice Anti-Mafia è applicabile ai crediti erariali maturati sia nel periodo ante-sequestro che nella fase stessa di sequestro. Continua chiarendo che i debiti tributari inerenti a beni o aziende o partecipazioni societarie, sono assoggettati alla disposizione contenuta nell'art. 1253 c.c. proprio poiché in virtù della confisca – i cui effetti retroagiscono fino alla data di sequestro – si verifica la riunione della qualità di oggetto attivo e di soggetto passivo come previsto dalla citata normativa civilistica. Tale disposizione interessa ovviamente soltanto i debiti erariali poiché la titolarità dei beni oggetto di confisca viene attribuita in capo allo Stato fin dalla data di emissione del decreto di sequestro. Da questa precisazione ne consegue che l'inquadramento temporale circa la origine del debito erariale – ante o post sequestro – in questa specifica circostanza non influisce.

Per ciò che invece concerne la tutela dei terzi realizzata dall'art. 52 D. Lgs. 159/11, la Suprema Corte afferma la correttezza dell'operato del tribunale di Taranto spiegando che anche i debiti tributari non correlati ai beni oggetto di confisca possono essere ammessi al passivo. Difatti i beni oggetto di confisca sono destinati alla soddisfazione di tutti i crediti nel rispetto dell'ordine di graduazione stabilito dal successivo art. 61 e quindi, non soltanto quelli relativi ai beni colpiti dalla misura reale o il cui titolo trovi origine o sia connesso in qualche modo al bene stesso. La stessa Corte ricorda altresì che il debito erarialesebbene soggetto alla disciplina estintiva della confusione - è sottoposto alla verifica ex art. 57 della normativa in esame in osservanza delle tutele previste dal principio della "par conditio creditorum".

E' evidente quindi che l'estinzione per confusione non si determina in via automatica, per tale ragione il credito erariale viene soddisfatto soltanto entro il limite della disponibilità realizzata dalla liquidazione del patrimonio confiscato.

La Corte la Corte infine censura l'operato del tribunale di Taranto per un'errata applicazione dell'art. 50, comma 2 del d.lgs. 159/11 in quanto ritenendo integralmente estinti per confusione i crediti erariali - in virtù degli effetti della confisca - non li aveva sottoposti al processo di verifica che avrebbe dovuto tener conto anche delle cause di prelazione da cui gli stessi sono assistiti, e soprattutto non verificando altresì se gli stessi trovassero o meno capienza nel valore del patrimonio realizzato.


*A cura di Cristiana Rossi, Commercialista giudiziario - Amministratore giudiziario Antimafia, Membro del Comitato Scientifico della Fondazione School University

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