Civile

Fideiussione e azione ex art. 1957 c.c. Iniziativa creditoria e decadenza

La sentenza in commento offre uno spunto di riflessione sulla funzione della garanzia fideiussoria e sugli effetti della norma dell'art. 1957 c.c., nel caso in cui la garanzia venga prestata non da soggetti esercenti attività imprenditoriale, ma nella qualità di consumatori, dunque con il limite nell'applicazione degli artt. 1341 e 1342 c.c..

di Roberta Castaldi e Marco Proietti*


L'azione ex art. 1957 c.c. a recupero del credito vantato nei confronti del debitore, e dei soggetti che gli hanno prestato garanzia, deve avvenire, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione principale. Il Fideiussore rimane obbligato anche oltre la scadenza purché il creditore abbia attivato le attività di recupero esperibili (azione giudiziaria di cognizione e/o esecutiva) entro il detto termine.

Il creditore potrà agire anche nei confronti del fideiussore nell'ulteriore termine di due mesi, nel caso in cui abbia limitato la propria funzione di garanzia all'intera durata dell'obbligazione principale.

***
Con la sentenza in commento il Tribunale di Alessandria (prima sezione civile, Sentenza del 14-08-2020) fornisce uno spunto di riflessione sulla funzione della garanzia fideiussoria e sugli effetti della norma dell'art. 1957 c.c., nel caso in cui la garanzia venga prestata non da soggetti esercenti attività imprenditoriale, ma nella qualità di consumatori, dunque con il limite nell'applicazione degli artt. 1341 e 1342 c.c..


Nella fattispecie concreta esaminata nella pronuncia, una giovane imprenditrice accende, nell'anno 2014, un mutuo con garanzia prestata dai propri genitori, rendendosi però inadempiente rispetto al pagamento delle rate previste dal piano di ammortamento.


La Banca, nel 2017, ricorre ex art. 633 c.p.c., il decreto ingiuntivo viene emesso e notificato ritualmente alla debitrice principale ed ai fideiussori che lo oppongono, proponendo quali motivazioni: il difetto di legittimazione attiva della Banca, la decadenza dalla possibilità di proporre azione ex art. 1957 c.c. per decorrenza del termine, la vessatorietà della clausola prevista all'art. 5 del contratto di fideiussione per non essere stata oggetto di specifica trattativa.


La Banca resisteva chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo e qualificando il contratto di fideiussione quale contratto di garanzia autonoma, pertanto sottratto alla disciplina dell'art. 1957 c.c.


Quanto alla preliminare eccezione di carenza di legittimazione attiva, la stessa viene rigettata dal Giudice, in quanto la Banca ha depositato in giudizio la procura legittimante la propria attività di cessionaria del debito contratto dall'ingiunta.


Le successive argomentazioni circa la decadenza dall'azione ex art. 1957 c.c. e l'invalidità della deroga inserita nel contratto di fideiussione che prolungava pattiziamente il termine ex art. 1957 c.c. da sei a trentasei mesi sono state invece accolte, con conseguente accoglimento dell'opposizione e revoca del decreto ingiuntivo emesso.


Partendo dalla seconda delle eccezioni formulate dall'opponente, ossia quella relativa alla vessatorietà della deroga al termine ex art. 1957 c.c., il Giudice ha rilevato che il prolungamento del termine di questione da sei a trentasei mesi non era mai stato oggetto di trattativa tra le parti e che in particolare, i fideiussori avevano agito non in qualità di imprenditori o comunque di soggetti esercenti attività economica, ma di semplici consumatori, potendo così invocare il disposto degli artt. 1341 e 1342 c.c. e la disciplina relativa al consumo.


Inoltre, motiva il Giudice, la doglianza svolta dall'opposta secondo cui il contratto di fideiussione sarebbe in realtà un contratto di garanzia autonomo non avrebbe ragion d'essere: da un esame del tenore letterale della garanzia prestata, la stessa ricalcherebbe negli elementi fondamentali quanto previsto dalla norma codicistica richiamata, rendendo così ininfluente ai fini del decidere un diverso nomen iuris, anche e soprattutto in relazione alla richiamata deroga del termine ad agire ex art. 1957 c.c..


Dal proprio canto, la Banca si era limitata ad argomentare che le parti avevano sottoscritto i moduli, ed in particolare l'art. 5 contenente il prolungamento del termine, senza dare alcuna prova di aver discusso con le parti tale deroga ed aver ottenuto una specifica approvazione.
Tale decisione sul punto è stata assunta con il conforto della giurisprudenza maggioritaria in materia (cfr. da ultimo Cass. sez. VI-I, ord. 16.1.2020, n. 742) nonché dalla giurisprudenza comunitaria (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, Tarcau, e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, Dumitras ) che ha affermato che il fideiussore che, anche esercente attività imprenditoriale, accenda una garanzia per scopi estranei alla propria attività, debba essere considerato consumatore, configurandosi in quel caso la fideiussione e/o il contratto di garanzia quale atto esterno meramente strumentale ed estraneo dallo svolgimento dell'attività imprenditoriale personale.


Nel caso di specie, la debitrice principale, titolare di una ditta individuale, veniva garantita dai propri genitori, quali persone fisiche e non esercenti un'attività economica.
Dalla qualificazione di vessatorietà della clausola contenuta all'art. 5 del contratto di garanzia, ne discende la nullità della proroga a trentasei mesi del termine ex art. 1957, ivi contenuta.


Ed infatti, il Tribunale ha osservato che l'obbligazione principale e il contratto di fideiussione erano stati conclusi nel 2014, mentre il decreto ingiuntivo veniva emesso solo nel 2017, con conseguente declaratoria di decadenza dalla possibilità di agire.
Il termine fissato dall'art. 1957 c.c. infatti è volto a far si che il creditore che intenda recuperare il proprio credito si attivi fattivamente, esperendo tutte le attività possibili nei confronti del debitore principale.


La ratio della norma vuole evitare che il fideiussore resti vincolato e sottoposto al pericolo di essere escusso sine die, ed infatti la Suprema Corte nella pronuncia del 29 gennaio 2016, n. 1724 ha rilevato che "l'art. 1957 c.c., nell'imporre al creditore di proporre la sua "istanza" contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l'adempimento dell'obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest'ultimo, tende a far si che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa; pertanto, il termine "istanza" si riferisce ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro idoneità a sortire il risultato sperato".


Alla luce di tutte le considerazioni svolte, ed appurato il notevole ritardo con cui l'istituto di credito si è attivato per il recupero del credito, il Tribunale ha, in accoglimento dell'opposizione, revocato il decreto e condannato la Banca al pagamento delle spese di lite.

_______

*Commento tratto da Il Merito 13 gennaio 2021 n. 1 p. 8-9, di Roberta Castaldi, Marco Proietti

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©