Figli trascurati: quando il genitore paga i danni
Chi viola i doveri che derivano dai rapporti familiari rischia non solo di incorrere nelle misure sanzionatorie tipiche del diritto di famiglia, ma anche di essere condannato a risarcire i danni. Può accadere nei rapporti tra genitori e figli e tra coniugi quando, in relazione al rapporto di filiazione, vengono lesi diritti costituzionalmente protetti: in questo caso la condotta può integrare gli estremi dell’illecito civile (in particolare, illecito endofamiliare) e può dare luogo a un’azione di risarcimento dei danni in base agli articoli 2043 e 2059 del Codice civile.
Per ottenere il ristoro del pregiudizio subìto devono sussistere nella fattispecie concreta tutti gli elementi propri della responsabilità aquiliana: il fatto ingiusto, il danno, il nesso causale tra l’evento e il danno e, infine, l’elemento soggettivo.
La giurisprudenza
Nel panorama giurisprudenziale degli ultimi anni, i giudici di merito e la Cassazione hanno affrontato differenti profili dell’illecito endofamiliare, concentrandosi sia sui danni provocati ai figli dalla violazione dei doveri dei genitori, sia su quelli causati al coniuge privato della libertà di autodeterminarsi nella scelta di essere genitore.
Così, ad esempio, è stato condannato al risarcimento del danno non patrimoniale il genitore che ha violato il dovere di mantenere, educare e istruire il figlio, poiché la sua assenza aveva provocato al figlio una «immancabile ferita» dei diritti che nascono dal rapporto di filiazione, che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione e nelle norme di diritto internazionale (Carta di Nizza, Convenzione Edu) un elevato grado di tutela (Cassazione, 3079/2015).
Il danno non patrimoniale, che consiste nella sofferenza patita dal figlio per essere stato privato di beni fondamentali quali la cura, l’affetto e l’amore genitoriale, si ritiene provato quando viene accertata l’assenza del genitore, che, sulla base delle comuni regole di esperienza,non può che ingenerare, di per sé, tale dolore.
Il diritto si instaura con la nascita
La giurisprudenza, inoltre, ha chiarito che i doveri del genitore nei confronti del figlio prescindono dalla dichiarazione giudiziale di maternità o paternità, ma discendono dal fatto stesso della procreazione: di conseguenza, il diritto del figlio a essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti dei genitori sorge al momento della sua nascita. Pertanto, anche il figlio nato fuori dal matrimonio e riconosciuto da un solo genitore può chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali causati dall’assenza del genitore che non lo ha riconosciuto (Tribunale di Roma, 19 maggio 2017).
La Cassazione ha poi condannato un padre al risarcimento dei danni da privazione genitoriale nei confronti della figlia, che, cresciuta con la sola madre, aveva rinunciato a proseguire gli studi a causa del disagio morale e materiale derivato dall’assenza della figura paterna nella sua vita (Cassazione, 14382/2019).
Il danno da disconoscimento
Accanto al danno da privazione genitoriale, è stato considerato dalla giurisprudenza risarcibile anche il danno da disconoscimento d’ufficio, ossia il danno che subisce il figlio a seguito del disconoscimento della paternità e che consiste nella lesione della propria identità, nella necessità di reinserirsi nel contesto sociale con un nuovo cognome, nella sofferenza legata alla scoperta improvvisa di una nuova realtà circa le proprie origini, nella perdita di legami familiari consolidati. In particolare, il Tribunale di Milano ha ritenuto che l’interesse del falso padre a riaffermare la verità biologica non potesse prevalere rispetto al contrapposto interesse della figlia a conservare la sua identità personale e appartenenza familiare: ha dichiarato, quindi, il difetto di veridicità del precedente riconoscimento della figlia fatto dall’uomo, ma lo ha condannato a risarcire i danni alla figlia (Tribunale di Milano, 27 aprile 2016).
La giurisprudenza, però, non si è occupata solo dei danni sofferti dai figli a causa delle condotte dei genitori. Il Tribunale di Torino, ad esempio, ha riconosciuto il risarcimento dei danni non patrimoniali al marito, che aveva scoperto, a distanza di dieci anni, che la figlia nata nel corso del matrimonio era, invece, il frutto di una relazione extraconiugale della moglie. Costituisce, infatti, illecito endofamiliare la condotta omertosa della moglie, la quale aveva portato avanti la gravidanza senza manifestare al marito la possibilità che non fosse lui il padre biologico del nascituro, ledendo in tal modo il suo diritto di autodeterminazione in ordine al ruolo genitoriale, non avendo egli potuto scegliere se essere genitore oppure no (Tribunale di Torino, 2000/2018).
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class="a-cura-di_R21">class="a-cura-di_R21">di Nicola Cavalluzzo e Barbara Zanardi