«Genitore sociale» da valutare caso per caso
Il diritto del minore a mantenere rapporti significativi con entrambi i genitori e in difetto con l'ex partner gay della madre è comunque assicurata dall'interpretazione orientata costituzionalmente della norma. È dunque infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 337-ter del Codice civile
La Corte costituzionale con la sentenza 225 del 5 ottobre 2016 (commentata sul Sole 24 Ore del 6 ottobre 2016), nel definire il giudizio di legittimità sull'articolo 337-ter Codice civile promosso dalla Corte di appello di Palermo ha di fatto ripercorso l'intero panorama normativo - peraltro recentemente rinnovato - giungendo a rilevare come la norma “sub judice” sia già in grado di permettere al giudice di provvedere a una efficace tutela del minore a non perdere i propri rapporti significativi con chi ha partecipato sin dalla nascita alla costruzione del “vissuto” dello stesso.
In altre parole, l'iniziativa della Corte di appello palermitana, così come le richieste conformi della ex compagna della madre di due bambini, non sono state considerate meritevoli di accoglimento e la norma codicistica non è stata corretta, nella sua attuale previsione letterale. Questo perché dalla semplice lettura del dettato normativo è comunque possibile, dice la Consulta, giungere ad una applicazione concreta che sia costituzionalmente conforme.
E infatti, anche se il tenore letterale dell'articolo 337-ter, apparentemente «non consente al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all'interesse del minore conservare “rapporti significativi con l'ex partner del genitore biologico» non di meno, posto che la stella polare dell'orientamento legislativo in questa materia, rimane il superiore interesse del minore, deve riconoscersi - osserva la Corte - la facoltà al giudicante di “adottare” con immediatezza «i provvedimenti convenienti nel caso concreto. E ciò su ricorso del Pm (a tanto legittimato dall'articolo 336 del Codice civile) anche su sollecitazione dell'adulto (non parente) coinvolto nel rapporto in questione…non sussiste pertanto il vuoto di tutela dell'interesse del minore presupposto dal giudice remittente. E ciò appunto comporta la non fondatezza della questione su tal presupposto sollevata».
La Consulta ha così deciso, impedendo ogni diversa riscrittura della norma - articolo 337-ter del Codice civile - posta a tutela del minore nel mantenere «rapporti significativi» con entrambi i genitori che restano essenziali per la crescita e lo sviluppo dello stesso: mentre la così detta madre-sociale, o genitore-sociale, individuandolo nell'ex compagno della madre biologica del minore, viene ricompresa nella sfera della tutele, laddove rappresenti - con un giudizio da svolgere in concreto e per ogni singolo caso - un adulto di riferimento.
È infatti dalla privazione di questo apporto, ove esistente e riconosciuto, che il minore potrebbe patire una «modifica a se pregiudizievole», con la conseguenza che in questi casi, scatterebbero le garanzie di tutela, come riconosciuto dalla sentenza in commento. Pertanto sullo specifico argomento osserva «la Corte remittente trascura però di considerare che l'interruzione ingiustificata da parte di uno o di entrambi i genitori, in contrasto con l'interesse del minore di un rapporto significativo da quest'ultimo (minore ndr) instaurato od intrattenuto con soggetti che non siano parenti è riconducibile all'ipotesi di condotta del genitore - comunque pregiudizievole al figlio - in relazione alla quale l'articolo 333 dello stesso codice già consente al giudice di adottare i “provvedimenti convenienti al caso concreto”».
In questo modo si tutela il superiore interesse del minore a non vedersi impedito di mantenere rapporti, non meno che significativi, con gli altri adulti che siano per lui, in concreto, di riferimento. E comprendendo così, in linea logica e da subito «anche la ex-compagna della genitrice biologica, nell'area dei soggetti le cui relazioni con i minori, rientrino nel quadro di tutela apprestata dal denunciato articolo 337-ter del codice civile».
Corte costituzionale - Sentenza 225 del 5 ottobre 2016