Genitori responsabili delle colpe dei figli maleducati
Le colpe dei figli ricadono sui genitori anche quando sono maggiorenni se sono stati educati male. Questo in sostanza il principio che emerge dalla sentenza n. 63/2020 della Corte d'Appello di Catanzaro che ha condannato i genitori di alcuni minori a risarcire i danni provocati dalla violenza sessuale perpetrata a danno di una tredicenne, anche se nel frattempo, dall'epoca dei fatti, i figli sono diventati maggiorenni.
I fatti - Nella vicenda, venivano convenuti in giudizio alcuni ragazzi (e i loro genitori), per sentirli condannare al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti da due minorenni in conseguenza della violenza sessuale perpetrata (e del concorso alla perpetrazione della violenza sessuale).
Le istanti deducono che un pomeriggio del novembre 2004, una di loro, a causa di una pioggia improvvisa mentre si trovava fuori con un gruppo di amici, si rifugiava in una casa in costruzione, dove, veniva raggiunta dai convenuti e costretta a subire un rapporto sessuale completo. L'altra amica invece veniva trattenuta da un "complice", non potendo soccorrere la vittima e nel frattempo urlando e chiedendo aiuto.
Il Tribunale, basandosi anche sulle circostanze emerse nel pregresso procedimento penale svoltosi innanzi al tribunale per i minorenni, riteneva dimostrata la responsabilità civile e accoglieva la domanda condannando i ragazzi al risarcimento dei danni richiesti.
Carenza di legittimazione passiva - I genitori citati in giudizio propongono appello e tra le altre cose alcuni di loro eccepiscono la carenza di legittimazione passiva, già sollevata in primo grado, in quanto citati nella qualità di genitori esercenti la potestà sui figli minori all'epoca dei fatti, benché alla data di notifica dell'atto di citazione, non esercitassero più la potestà genitoriale sui figli diventati nel frattempo maggiorenni.
A loro dire, il giudice di primo grado avrebbe disatteso la giurisprudenza della Suprema Corte, la quale "ha chiarito che la responsabilità dei genitori per il fatto illecito dei minori, ai sensi dell'art. 2048 c.c., può concorrere con quella degli stessi minori fondata sull'art. 2043 c.c., se capaci di intendere e volere (cfr. Cass. civ. 8263/96), dovendo pertanto ritenersi, da un lato sussistente la legittimazione passiva, essendo, ormai maggiorenni all'epoca della proposizione del giudizio, dall'altra quella dei genitori, in proprio, e non quali genitori esercenti la potestà sul minore".
Non solo.
Lamentano gli appellanti, che il Tribunale ha ravvisato la responsabilità genitoriale muovendo "da un presupposto motivazionale errato quanto al ruolo educativo degli stessi" laddove, a contrario, se avesse dato attenzione alla relazione socio-familiare predisposta da apposita equipe nel corso del procedimento d'innanzi al Tribunale dei Minori, avrebbe potuto desumere che il figlio non era soggetto abitualmente dedito "a criminosa vita" e, soprattutto, che i genitori dello stesso "sono persone in grado di svolgere in maniera adeguata il proprio ruolo educativo".
Per cui, censurano l'erroneità della sentenza di primo grado per averli ritenuti "seccamente ed automaticamente" responsabili ai sensi dell'art. 2048 c.c., senza considerare che "l'evento per cui ècausa èfine a se stesso, cioè è episodico, e come tale non è ascrivibile a mancanza di adeguata educazione familiare, ma piuttosto ad un fatto isolatamente dissonante".
La decisione - La Corte ritiene i motivi d'appello infondati.
Il tribunale di prime cure, infatti, sostengono i giudici, ben lungi dal dichiarare "seccamente e automaticamente" la responsabilità dei genitori per l'evento posto in essere dal figlio, come lamentato dagli impugnanti, "ha piuttosto ritenuto non raggiunta dai genitori la prova positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all'età, al carattere e all'indole del minore".
Il convergente quadro probatorio, in sostanza, non può essere in alcun modo scalfito dalla relazione socio-familiare e alla luce delle evenienze istruttorie, il fatto non può certo essere considerato come isolato, concludono i giudici, "ma strettamente connesso ad una personalità incline alla violenza ed alla sopraffazione degli altri, che èa sua volta il frutto di un'educazione non adeguata".
Per cui, la Corte conferma integralmente le sentenze impugnate e condanna gli appellanti anche al pagamento delle spese di lite in solido tra loro.
Corte appello Catanzaro -Sezione II civile - Sentenza 17 gennaio 2020 n. 63