Amministrativo

Geometri “non competenti” nella progettazione di strutture in cemento armato

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di Salvatore Mezzacapo

Legittimazione degli ordini professionali ad agire per la tutela di posizioni legittime; disciplina delle professioni e competenza dei geometri. Questi i temi affrontati dal Consiglio di Stato con la recente decisione 883/2015.

Il fatto e la sentenza di primo grado - Con delibera del luglio 2012, la giunta comunale di Torri del Benaco, in provincia di Verona, al fine di fornire i necessari indirizzi operativi al responsabile dell'area edilizia privata e del responsabile dell'istruttoria, relativamente ai procedimenti amministrativi in materia edilizia, ha stabilito che «tra le competenze professionali dei geometri e dei geometri laureati iscritti al Collegio professionale, possa rientrare la progettazione e direzione dei lavori di modeste costruzioni almeno fino a mc 1.500 adottando quindi il criterio tecnico-qualitativo in relazione alle caratteristiche dell'opera da realizzare che deve avere caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi sia pur con la presenza del cemento armato, che non richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche, riservate per legge a un diverso professionista, con esclusione di ogni ulteriore aggravio procedimentale a carico del richiedente».

La detta delibera è stata impugnata innanzi al Tar di Venezia dal Consiglio dell'ordine degli ingegneri della provincia di Verona, lamentando innanzitutto la carenza assoluta di potere in capo alla giunta comunale per aver esercitato de facto funzioni a carattere normativo in tema di competenze professionali, in assenza di una norma attributiva di tale potere.
Il giudice di prime cure, ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo «posto che la posizione soggettiva di cui parte ricorrente lamenta la lesione consiste nell'interesse facente capo all'Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia alla legittimità dell'azione amministrativa nell'ambito dei procedimenti di rilascio del permesso a costruire», ha respinto il ricorso ritenendo che l'avversata delibera di giunta dovesse farsi rientrare nell'ambito degli atti d'indirizzo politico-amministrativo con i quali gli organi politici degli enti comunali (sindaco, consiglio e giunta) fissano le linee generali cui gli uffici devono attenersi nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali. E, trattandosi dunque di atto d'indirizzo, il Tar di Venezia ha altresì rilevato il carattere non vincolante della delibera per gli uffici amministrativi cui essa è rivolta, «atteso che questi dovranno pur sempre verificare, in base alla normativa di riferimento, se i progetti sottoposti al loro esame rientrino nella competenza professionale dei geometri, sulla scorta delle caratteristiche dell'opera da realizzare.». E, comunque, ad avviso del primo giudice, la misura di mc 1.500, che la delibera impugnata assume quale criterio d'indirizzo ai fini della determinazione della competenza professionale dei geometri in materia di progettazione edilizia, non rappresenta un limite quantitativo entro il quale una costruzione in conglomerato cementizio possa essere progettata e firmata da un geometra, posto che a tenore della citata delibera, la progettazione dell'opera da realizzare da parte dei geometri rimane comunque subordinata all'applicazione del fondamentale parametro tecnico-qualitativo, in virtù del quale il progetto non deve implicare la soluzione di problemi particolari (devoluti esclusivamente ai professionisti di rango superiore) con riguardo alla struttura dell'edificio e alle modalità costruttive.

La legittimazione ad agire in giudizio degli ordini professionali - Di qui l'appello al Consiglio di Stato dell'Ordine degli ingegneri di Verona e provincia. Sul piano logico, la prima questione da affrontare concerneva la legittimazione ad agire dell'ordine professionale (nella specie, l'ordine degli ingegneri), ricorrente in primo grado e quindi appellante. Sul punto, è costante l'avviso interpretativo per cui gli ordini professionali sono legittimati ad agire per la tutela di posizioni soggettive proprie o di interessi unitari della collettività da loro istituzionalmente espressa, con il limite - ovviamente - derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli ordini stessi. Peraltro, gli ordini professionali hanno legittimazione a impugnare anche quando l'annullamento dell'atto impugnato non può dispiegare effetti concreti, ma è apprezzabile comunque la perdurante lesività dell'atto stesso per il credito, il prestigio e l'estimazione sociale della parte ricorrente, ossia allorquando comunque persistano come fatti storici valutazioni e giudizi negativi su qualità e capacità della parte medesima (cfr. Consiglio di Stato, IV sezione, 30 settembre 2013 n. 4854). E ancora, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha affermato che «l'interesse dell'ordine professionale va riconosciuto anche nell'ipotesi in cui possa configurarsi un conflitto di interessi tra ordine professionale e singoli professionisti in qualche modo beneficiari dell'atto impugnato, che l'ordine assuma invece essere lesivo dell'interesse istituzionalizzato della categoria» (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 3 giugno 2011 n. 10).

Ciò premesso, il primo profilo di interesse della sentenza di appello in esame concerne un tema più generale e tuttavia, ovviamente, rilevante ai fini della soluzione della specifica controversia, quello del riparto di competenze (legislative e regolamentari) nella materia delle professioni. Materia che, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, rientra nell'ambito della legislazione concorrente tra Stato e regioni. Ma che si tratti di materia soggetta a legislazione concorrente non leva, ad avviso della costante giurisprudenza della Corte costituzionale, che «la potestà legislativa concorrente delle Regioni deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata allo Stato, per il suo carattere di principio necessariamente unitario» (cfr., da ultimo, Corte costituzionale, 18 giugno 2014 n. 178), rientrando - ad avviso del Giudice delle leggi - nella competenza delle regioni la sola disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. La Corte ha sottolineato che tale principio, al di là della particolare attuazione a opera dei singoli precetti normativi, si configura quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale, da ciò ad esempio derivando che non è nei poteri delle regioni dar vita a nuove figure professionali (cfr. Corte costituzionale, 23 maggio 2013 n. 98).

Corollario dell'esposto principio è la regola per cui, in materia, alcun potere regolamentare è rinvenibile in capo ai comuni. Invero a siffatta conclusione la V sezione perviene muovendo dal rilievo secondo cui, ai sensi dell'articolo 42 del testo unico enti locali, la competenza attribuita ai consigli comunali si deve intendere circoscritta agli atti fondamentali dell'ente ivi espressamente indicati.

Sul punto, infatti, merita di essere ricordato che la competenza attribuita dal citato Dlgs 18 agosto 2000 n. 267, ai consigli comunali deve intendersi circoscritta agli atti fondamentali dell'Ente, di natura programmatoria o aventi un elevato contenuto di indirizzo politico, mentre spettano alle giunte comunali tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo, nell'ambito, tuttavia, di un riparto di competenze tra organi politici e burocratici così come delineato dal testo unico citato. Con l'attribuzione di una competenza limitata a una serie di atti tassativamente individuati, il legislatore ha infatti voluto trasformare il Consiglio da organo con competenza generale e residuale (quale era nel Tu del 1915) in organo con attribuzioni specificamente individuate ed esclusive. Per converso, nel sistema delineato dal Tu la giunta comunale è l'organo politico esecutivo che compie gli atti di amministrazione che non siano riservati dalla legge al Consiglio e che non rientrino nelle competenze - previste dalle leggi o dallo statuto - del sindaco, degli organi di decentramento, del segretario o dei dirigenti ex articolo 107 del citato testo unico.

In altri termini, diversamente dal passato, spetta alla giunta una competenza generale e residuale in virtù della quale a tale organo sono attribuite tutte quelle materie che la legge o gli statuti non riservano ad altri organi, sia politici che burocratici, dell'ente locale.

Le competenze professionali dei geometri - Ciò premesso, quanto al punto di “merito” della questione all'esame dei giudici di Palazzo Spada, in ordine cioè alla delimitazione delle competenze tra l'attività dei geometri e quella degli ingegneri, questi muovono opportunamente dalla stessa consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato. È stato allora affermato che, in base al regolamento professionale di cui al Rd 274/1929, e precisamente l'articolo 16, lettera m), il geometra può essere incaricato di progettare «modeste costruzioni civili», laddove, ai sensi dell'articolo 1 del Rd 2229/1939 («Norme per la esecuzione di opere in conglomerato cementizio semplice o armato»), la progettazione delle opere comportanti l'impiego di tale tecnica costruttiva, «la cui stabilità possa comunque interessate l'incolumità delle persone», è riservata agli ingegneri o agli architetti (Consiglio di Stato, sezione V, 14 maggio 2013 n. 2617) e che è inibita al geometra la progettazione di opere in cemento armato a destinazione abitativa strutturate su più piani (sezione IV, 14 marzo 2013 n. 1526).

Peraltro, su posizioni non dissimili si pone l'incontrastata giurisprudenza della Cassazione. Secondo il giudice di legittimità, infatti, la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili è circoscritta alle costruzioni in cemento armato con destinazione agricola, in quanto non richiedenti particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per la incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili con struttura portante in cemento armato, ancorché di modeste dimensioni, ogni competenza è riservata a ingegneri e architetti (cfr. Cassazione civile, sezione II, 2 settembre 2011 n. 18038).

La stessa Cassazione ha anche precisato che la legge 1086/1971 («Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato») non ha innovato la ripartizione di competenze tra geometri da una parte e architetti e ingegneri dall'altra quale definita dai citati testi legislativi del 1929, ma la ha semplicemente recepita.

In definitiva, la sentenza chiude la questione ribadendo una peraltro costante lettura del sistema normativo di settore nel senso che la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione - anche parziale - di strutture in cemento armato e che, solo in via di eccezione, la detta competenza si estende anche a queste strutture, a condizione che si tratti di piccole costruzioni accessorie nell'ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.

Se, dunque, i limiti posti dal citato articolo 16 lettera m) alla competenza professionale dei geometri sono sufficientemente chiari, da ciò conseguendo la preclusione a un'interpretazione estensiva o “evolutiva” della norma stessa poiché trattasi di norma eccezionale, rimane tuttavia da definire in maniera esatta il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta. A tal fine, ad avviso della sentenza in esame, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa speciale che impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.

Di qui, in definitiva, la fondatezza dell'appello proposto dall'ordine degli ingegneri della provincia di Verona, difettando innanzitutto l'ente locale in questione di un potere regolamentare nella materia che interessa. Peraltro, il giudice di appello “legge” la delibera di giunta impugnata non quale direttiva interna agli uffici di natura organizzativa, non vincolante per come valutata dal primo giudice (che comunque non era pervenuto per questa via alla conclusione di un automatico allargamento delle competenze professionali dei geometri), ma quale atto idoneo a incidere, limitatamente al campo dell'attività edilizia, proprio sulla disciplina delle professioni di geometra e ingegnere. E se allora si tratta di atto vincolante e prescrittivo, ne emerge, ad avviso della sentenza in esame, il contrasto con il citato articolo 16 del Rd n. 274 del 1929, che individua l'oggetto e i limiti dell'esercizio della professione di geometra, atteso quanto innanzi considerato. In riforma della sentenza di primo grado, è stato quindi accolto il ricorso proposto in primo grado dall'ordine degli ingegneri di Verona e annullata la impugnata delibera della giunta comunale del comune di Torri del Benaco.

Consiglio di Stato - Sezione V - Sentenza 23 febbraio 2015 n. 883

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