Famiglia

Giovane, poco intraprendente nel lavoro e convivente. Revocato l'assegno divorzile

La Cassazione con la sentenza n. 2653 ribadisce la funzione assistenziale, ed in pari misura compensativa e perequativa dell'assegno

di Valeria Cianciolo

Il riconoscimento dell'assegno di divorzio, in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale, ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi e, in particolare, al riconoscimento delle aspettative professionali sacrificate per dedicarsi alla cura della famiglia. Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza 4 febbraio 2021, n. 2653.

Il caso esaminato
La Corte d'appello revocava l'assegno divorzile di 200,00 € a favore della ricorrente, riformando la decisione di primo grado.
la ex moglier ricorreva in Cassazione sulla base delle seguenti motivazioni:
a. La Corte d'appello non aveva tenuto conto del tenore di vita tenuto dalla famiglia in costanza di matrimonio. Ma gli Ermellini sottolineano che la circostanza che la famiglia non avesse goduto di un tenore di vita elevato, non era mai stata contestata nel giudizio di merito.
b. I giudici avevano violato l'articolo 5 della legge 898/1970 revocando l'assegno divorzile solo perché la signora non aveva fornito prove alla sua richiesta e la ricorrente era "solo astrattamente idonea all'attività lavorativa". Ma tale motivazione viene ritenuta inammissibile dalla Cassazione, dato che la ratio decidendi della revoca dell'assegno era fondata soprattutto sull'accertata convivenza more uxorio della ricorrente, elemento non aggredito nelle fasi precedenti del giudizio.
c. La presunta omissione della valutazione dell'età della ricorrente e della conseguente difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro, a dire della ricorrente, erano elementi non tenuti in debita considerazione dalla Corte territoriale. Ma secondo la Corte di legittimità, l'età della ev non è avanzata (46 anni) e non ha patologie che le impediscano di svolgere le mansioni di addetta alle pulizie: elemento decisivo nella revoca dell'assegno divorzile, è l'"atteggiamento rinunciatario della signora a trovare un'occupazione, non smentito nel motivo di ricorso".
d. Quale altro motivo, veniva evidenziata l'insufficiente e contraddittoria motivazione in merito al mancato riconoscimento dell'assegno alimentare ex art. 433 c.c., ritenuto dalla Cassazione inammissibile perché non proposta al giudice di merito.
e. Infine, la ricorrente lamentava violazioni sull'accertamento probatorio della convivenza more uxorio. Anche qui, gli Ermellini dichiarano il motivo inammissibile poiché la Corte territoriale aveva esaminato gli elementi da cui ha dedotto la sussistenza della convivenza.
Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso seguendo sostanzialmente, il filone indicato dalla nota sentenza delle Sezioni unite n. 18287/2018 che ha riconosciuto all'assegno di divorzio, in favore dell'ex coniuge, una funzione assistenziale, ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'articolo 5, comma 6, della Legge n. 898 del 1970, richiedendo l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

La convivenza more uxorio
Merita una riflessione, l'accertata convivenza more uxorio della ricorrente quale motivo principale della revoca dell'assegno.
Come è noto, il diritto a percepire l'assegno divorzile (ex articolo 5, 10° comma, l. div.) si estingue ipso iure quando il beneficiario passa a nuove nozze.
Avendo sempre riguardo alla posizione del coniuge debole che percepisce l'assegno, ampio dibattito giurisprudenziale ha sollevato l'ipotesi della convivenza more uxorio instaurata da quest'ultimo.
La famiglia di fatto ha un suo puntuale referente, nell'alveo dell'articolo 2 della Costituzione, che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia come componente di formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità, includendo così anche la famiglia, a prescindere dall'esistenza o meno di un matrimonio.
Con una decisione del 2003, la Cassazione ha per la prima volta affermato che, laddove la convivenza more uxorio assuma i connotati della cosiddetta "famiglia di fatto", caratterizzata in quanto tale dalla libera e stabile condivisione di valori e modelli di vita, il parametro di valutazione dell'"adeguatezza" dei mezzi economici a disposizione dell'ex coniuge, non può che recidere – finché duri la convivenza e fermo restando la perdurante rilevanza dell'eventuale "stato di bisogno" – ogni plausibile connessione con il tenore e il modello di vita economicamente caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale e quindi ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno di divorzio fondato sulla conservazione di essi (Cass., 8 agosto 2003, n. 17195, in Giur. It., 2004, 9, 1601).
La Cassazione ormai da circa dieci anni, disattendendo l'orientamento della precedente giurisprudenza di legittimità che parlava di quiescenza dell'assegno divorzile nel corso della convivenza, afferma che, con una relazione more uxorio stabile, il coniuge perde per sempre il diritto al mantenimento e il coniuge obbligato non è più tenuto alla corresponsione degli emolumenti, neppure dopo l'eventuale crisi della famiglia di fatto. Secondo tale indirizzo, dunque, la costituzione di una nuova famiglia, ancorché di fatto, in quanto espressione di una scelta esistenziale libera e consapevole da parte del coniuge, recide ogni legame con il tenore di vita qualificante la pregressa fase di convivenza matrimoniale e, con ciò, ogni presupposto per la reviviscenza dell'assegno divorzile, anche in caso di cessazione del rapporto tra conviventi.
Si tratta di un'indubbia valorizzazione della famiglia di fatto e, quindi, della reciproca solidarietà, anche economica, che i partner assumono. Il coniuge che intende essere esonerato dall'obbligo di contribuzione nei confronti dell'altro, sarà onerato della sola prova della convivenza stabile e duratura (oltre che attuale) e non anche della modifica, in melius, delle condizioni economiche dell'altro.
Seguendo questo indirizzo, i giudici di legittimità, sono ormai giunti nella sostanza, ad ascrivere all'instaurazione di una famiglia di fatto una incidenza, di per sé, non molto diversa da quella che l'articolo 5, 10° comma, L. div. sostituendosi nel ruolo che sarebbe proprio del legislatore.
Ma questo è un altro discorso.

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