Civile

Giudizio di dichiarazione di paternità, una volta chiesto non si può rinunciare all'esame del DNA

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di Andrea Alberto Moramarco


Nell'ambito di un giudizio relativo alla dichiarazione giudiziale di paternità, la richiesta di accertamento del rapporto di filiazione tramite l'esame del DNA non può essere oggetto di rinuncia, anche implicita. La consulenza tecnica ematologica, infatti, è uno strumento officioso diretto all'accertamento della verità del rapporto di filiazione. La sua richiesta non può, pertanto, essere ritenuta esplorativa, né tantomeno essere soggetta al regime processuale delle istanze di parte. Questo è quanto affermato dal Tribunale di Aosta nella sentenza n. 330/2019.

La vicenda - La questione della possibilità di rinunciare alla richiesta della consulenza tecnica ematologica sorgeva nell'ambito di un giudizio tra fratelli unilaterali di 42 e 45 anni, che avevano in comune soltanto un genitore, ovvero il padre, la cui morte aveva determinato alcune beghe ereditarie tra loro. Il più grande dei due fratelli, nato durante una precedente relazione del padre, per molti anni aveva regolarmente intrattenuto rapporti affettivi sia col genitore che con il fratello, ma non aveva mai provveduto ad affrontare ufficialmente l'argomento relativo al riconoscimento della paternità, anche in considerazione delle condizioni economiche della madre, che non aveva mai avanzato pretese in ordine al mantenimento.
Nelle more del giudizio, dopo aver dato la prova del rapporto tra la madre e il presunto padre e il suo rapporto con questi, nonché chiesto la consulenza tecnica ematologica, il fratello maggiore ritirava le sue domande, ma il Tribunale decideva ugualmente di procedere con l'esame del DNA – ponendo le spese a carico dell'attore - autorizzando la riesumazione della salma del padre defunto, al fine di accertare il rapporto di filiazione naturale.

La consulenza tecnica ematologica - Al riguardo, i giudici osservano che la richiesta di espletamento della consulenza tecnica d'ufficio a carattere medico-legale finalizzata alla verifica genetica della sussistenza del rapporto di paternità biologica non può essere soggetta a rinuncia, in quanto si tratta di «strumento istruttorio officioso rivolto verso l'unica indagine decisiva in ordine all'accertamento della verità del rapporto di filiazione». Pertanto, tale richiesta, «da un lato, non può essere ritenuta esplorativa, intendendosi come tale l'istanza rivolta a supplire le deficienze allegative ed istruttorie di parte, così da aggirare il regime dell'onere della prova sul piano sostanziale o i tempi di formulazione delle richieste istruttorie sul piano processuale, e, dall'altro, non essendo soggetta al regime processuale delle istanze di parte, non può essere oggetto di rinuncia, anche implicita». Nel caso di specie, puntualizza il Collegio, il fratello maggiore aveva assolto compiutamente l'onere di allegazione, in riferimento alla relazione della madre con il presunto padre e al suo rapporto con quest'ultimo, «con la conseguenza che in tale contesto precludere la possibilità di espletamento dell'invocata consulenza tecnica d'ufficio avrebbe determinato una lesione all'esercizio del diritto ad un'azione (quella di dichiarazione giudiziale di paternità) finalizzata a tutelare un diritto fondamentale della persona».

Tribunale di Aosta - Sezione civile - Sentenza 30 ottobre 2019 n. 330

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