Gli arbitri possono regolare lo svolgimento del giudizio ma devono rispettare il principio del contraddittorio
Gli arbitri possono assegnare alle parti termini per<br/>precisare i quesiti, depositare documenti ed istanze probatorie
A norma dell'articolo 816-bis Cpc le parti possono stabilire nella convenzione d'arbitrato, oppure con atto separato anteriore all'inizio del procedimento, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento. In mancanza, gli arbitri hanno facoltà di regolare lo volgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno, discostandosi dalle prescrizioni dettate dal codice di rito, ma essi debbono in ogni caso attuare il principio del contraddittorio, concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa. Deriva da quanto precede, pertanto, che se non vi è dubbio che gli arbitri, nel regolare il miglior ordine del procedimento, possano assegnare alle parti dei termini per
precisare i quesiti, depositare documenti ed istanze probatorie, produrre memorie ed esporre le loro repliche, nonché fissare tali termini a pena di decadenza, tuttavia è loro precluso di dichiarare inammissibile un atto o un'istanza, per inosservanza di uno di quei
termini, ove non avessero anteriormente, nel modo e nel tempo congruo, stabilito e reso nota alle parti la regola in tal senso adottata. Questo il principio espresso dalla sezione I della Cassazione con l' ordinanza 30 dicembre 2021 n. 41955 .
I precedenti
Per utili riferimenti, ricordata in motivazione, nella pronunzia in rassegna, nel senso che in tema di arbitrato, qualora le parti non abbiano determinato, nel compromesso o nella clausola compromissoria, le regole processuali da adottare, gli arbitri sono liberi di regolare l'articolazione del procedimento nel modo che ritengano più opportuno, anche discostandosi dalle prescrizioni dettate dal codice di rito, con l'unico limite del rispetto dell'inderogabile principio del contraddittorio, posto dall'articolo 101 Cpc, il quale, tuttavia, va opportunamente adattato al giudizio arbitrale, nel senso che deve essere offerta alle parti, al fine di consentire loro un'adeguata attività difensiva, la possibilità di esporre i rispettivi assunti, di esaminare ed analizzare le prove e le risultanze del processo, anche dopo il compimento dell'istruttoria e fino al momento della chiusura della trattazione, nonché di presentare memorie e repliche e conoscere in tempo utile le istanze e richieste avverse, Cassazione, sentenza 26 maggio 2015, n. 10809.
Quando non si osserva il contraddittorio
Per il rilievo che nel procedimento arbitrale l'omessa osservanza del principio del contraddittorio (sancito dall'articolo 816-bis, primo comma, Cpc, già in precedenza ricondotto all'articolo 816 Cpc) non è un vizio formale, ma di attività. Ne consegue che, ai fini della declaratoria di nullità, è necessario accertare la concreta menomazione del diritto di difesa, tenendo conto della modalità del confronto tra le parti (avuto riguardo alle rispettive pretese) e delle possibilità, per le stesse, di esercitare, nel rispetto della regola audiatur et altera pars, su un piano di uguaglianza le facoltà processuali loro attribuite, Cassazione, sentenza 27 dicembre 2013, n. 28660 che, in applicazione di tale principio, ha rigettato il ricorso con il quale una delle parti sosteneva che l'altra avesse modificato le proprie domande nel foglio conclusioni introducendo nuovi temi, i quali, invece, erano stati ampiamente discussi davanti agli arbitri.
Il procedimento arbitrale
In termini generali, nel senso che nel procedimento arbitrale, ispirato al principio delle libertà delle forme, gli arbitri non sono tenuti all'osservanza delle norme del codice di procedura civile relative al giudizio ordinario di cognizione non espressamente richiamate all'atto del conferimento dell'incarico arbitrale, con il solo limite dell'osservanza delle norme di ordine pubblico, che fissano i principi cardine del processo, di rango costituzionale, come il principio del contraddittorio, rafforzato dalla specifica previsione della lesione di tale principio come motivo di nullità del lodo, ai sensi dell'art. 829, 9º comma, Cpc (Cassazione, sentenza 10 luglio 2013, n. 17099, in Giustizia civile, 2013, I, p. 1974), per cui l'omessa comunicazione al consulente tecnico di parte, già nominato, delle indagini predisposte dal consulente d'ufficio non è causa di nullità, ove il consulente della parte interessata avrebbe potuto essere informato di tali operazioni dal difensore della medesima, regolarmente avvisato, Cassazione, sentenza 28 febbraio 2014, n. 4808 (Nello stesso ordine di idee, le norme riguardanti il processo giurisdizionale si applicano a quello arbitrale solo in caso di espresso accordo dei compromittenti, in mancanza del quale vige soltanto l'obbligo di rispettare il principio del contraddittorio, tra le altre, Cassazione, sentenza 7 febbraio 2007, n. 2717, in Foro it., 2008, 1613).
Analogamente, non comporta una violazione del contraddittorio l'ammissione e l'espletamento della prova testimoniale richiesta dalla parte in una memoria istruttoria tardivamente depositata, senza concedere all'altra parte un termine per formulare controdeduzioni o per un differimento, avendo il suo difensore partecipato all'udienza di assunzione della prova senza opporsi al suo espletamento, Cassazione, sentenza, 17 febbraio 2011, n. 3917.
Deriva da quanto precede, pertanto, che è nullo, per violazione del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa, il lodo arbitrale nel quale sia posta a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio e mai sottoposta alla valutazione delle parti (Cassazione, ordinanza 27 settembre 2018, n. 23325) che, in applicazione del predetto principio, ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello che, in sede di impugnazione del lodo arbitrale, aveva omesso di valutare la dedotta violazione del contraddittorio e del diritto di difesa, nonostante la decisione fosse stata fondata sull'inefficacia del contratto per difetto di un progetto preliminare, questione mai discussa dalle parti, che nel giudizio arbitrale avevano chiesto, reciprocamente, la risoluzione del contratto per inadempimento, con ciò presupponendo la validità del titolo originario).
Sempre nel senso che nel giudizio arbitrale qualora le parti non abbiano determinato nel compromesso o nella clausola compromissoria le regole processuali da adottare, gli arbitri sono liberi di regolare l'articolazione del procedimento nel modo che ritengano più opportuno e, quindi, anche di discostarsi dalle prescrizioni dettate dal codice di rito, purché rispettino, sia pure con gli opportuni adattamenti, il principio inderogabile del contraddittorio, posto dall'articolo 101 Cpc, con la conseguenza che essi possono regolare l'assunzione delle prove nel modo ritenuto più opportuno, salvo l'obbligo, dopo il compimento dell'istruttoria e prima di emettere la pronuncia, di far conoscere alle parti i risultati dell'istruttoria medesima e di assegnare alle stesse un termine per la presentazione delle rispettive osservazioni e difese, incluso il deposito di una relazione, affidata a tecnici di fiducia, che contenga osservazioni e rilievi alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio; ne consegue che ove il consulente tecnico di ufficio acquisisca della documentazione depositandola insieme all'elaborato al termine degli accertamenti, senza averla esibita al consulente tecnico di una parte, quest'ultima, qualora abbia omesso di chiedere agli arbitri di concedere un termine per osservazioni e rilievi alla consulenza, non può lamentare alcuna violazione del principio del contraddittorio, Cassazione, sentenza 26 settembre 2007, n. 19949.
Per il rilievo che in tema di arbitrato, l'accordo delle parti sulle norme da osservare nel procedimento arbitrale - che, secondo il disposto dell'articolo 816 Cpc (nel testo anteriore all'entrata in vigore del Dlgs 2 febbraio 2006, n. 40), deve essere concluso prima dell'inizio dello stesso - può intervenire anche dopo tale inizio, purché ricorra, in tal caso, anche l'assenso degli arbitri; invero, la norma pone il limite temporale nel loro interesse, affinché possano conoscere, prima di accettare l'incarico (momento cui si collega l'inizio del procedimento arbitrale), le regole procedurali che saranno chiamati ad applicare e, pertanto, ha carattere dispositivo e derogabile con il consenso degli interessati, Cassazione, sentenza 4 maggio 2011, n. 9761.
Quando si richiama il processo ordinario
Per l'affermazione che quando le regole del giudizio arbitrale sono fissate convenzionalmente con richiamo delle norme sul processo ordinario, appare corretto affermare la nullità del lodo per qualsiasi inosservanza delle disposizioni che, con idonee prescrizioni procedurali, assicurano la tempestiva «informazione» e la possibilità di difesa attiva di tutti i soggetti coinvolti nella lite, come, in particolare, nel caso in cui la formulazione dei quesiti, oggetto di giudizio, sia stata effettuata senza rispettare le norme del codice di rito sul processo di cognizione disciplinanti l'introduzione della causa (articolo 163 Cpc seguenti) e tendenzialmente finalizzate a garantire il contraddittorio tra le parti, Cassazione, sentenza 31 gennaio 2007, n. 2201, secondo la quale è indubbio, tuttavia, che, laddove tali regole non siano adattabili al procedimento arbitrale, debba farsi riferimento alle modalità di tutela del diritto di difesa da esse delineate; quindi, se non può invocarsi nel giudizio arbitrale il disposto di cui all'articolo 163-bis Cpc, trattandosi di norma inapplicabile a tale processo, le cui modalità di attivazione divergono da quelle stabilite per l'introduzione della causa nel giudizio ordinario, viene comunque in rilievo l'esigenza espressa dalla norma in questione e riconducibile al principio del contraddittorio, nel senso che chi è chiamato a confrontarsi in un giudizio deve poter conoscere per tempo le pretese azionate nei suoi confronti ed essere così messo nella condizione di plasmare conseguentemente il proprio atto introduttivo; peraltro, detta esigenza, riferita al processo arbitrale, non può considerarsi automaticamente e irrimediabilmente insoddisfatta ove non sia assicurato un adeguato sfalsamento temporale tra la formulazione dei quesiti di chi ha promosso il giudizio e la formulazione dei quesiti di chi vi è stato chiamato; anche nel procedimento arbitrale, come in quello ordinario, deve aversi riguardo al modo in cui le parti hanno potuto confrontarsi in giudizio in relazione alle pretese ivi esplicate, giacché il vizio di violazione del contraddittorio non ha un rilievo meramente formale, ma consegue alla concreta menomazione del diritto di difesa (nella specie, enunciando siffatto principio, la suprema corte ha in parte qua ritenuto corretta la sentenza della corte di appello, che aveva escluso la violazione del contraddittorio, nonostante nell'atto di accesso al giudizio arbitrale mancasse la specificazione dei quesiti e per la relativa formulazione fosse stato concesso un unico termine alle parti, essendo emerso che il collegio arbitrale aveva concesso alle parti altro termine per produrre ulteriori documenti e depositare memorie con eventuale integrazione dei quesiti e delle richieste istruttorie, cosicché la parte «convenuta» era stata concretamente messa nella condizione di conoscere tempestivamente le domande formulate dall'avversario, di esporre le proprie ragioni e di proporre eccezioni e istanze, ovverosia di esercitare su un piano di uguaglianza le prerogative processuali).
Quando scatta la nullità
Con riferimento a casi di specie si è ritenuto, tra l'altro:
- correttamente il giudice del merito ritiene che la produzione di documenti oltre il termine all'uopo fissato dagli arbitri non comporti alcuna violazione del contraddittorio, essendo avvenuta comunque prima dell'udienza di discussione, e non avendo la controparte, che pure ne abbia avuto conoscenza, richiesto la concessione di un nuovo termine per produrre a sua volta ulteriore documentazione, Cassazione, sentenza 6 novembre 2006, n. 23670;
- non sussiste la nullità del lodo, in relazione alla scelta degli arbitri di articolare in più luoghi il deposito delle memorie, per assicurare a tutte le parti ed ai componenti del collegio un adeguato spatium deliberandi, Cassazione, sentenza 12 gennaio 2006, n. 473;
- nel giudizio arbitrale, l'omessa fissazione della udienza di discussione e di precisazione delle conclusioni non è causa di nullità del lodo di per se stessa, ma solo se tale omissione abbia effettivamente inciso, limitandolo, sul diritto di difesa delle parti, o anche di una sola di esse; la relativa valutazione va effettuata riportandosi alla situazione processuale antecedente alla pronuncia, Cassazione, sentenza 1° febbraio 2005, n. 1988;
- è nullo per violazione del principio del contraddittorio il lodo arbitrale pronunciato immediatamente dopo la chiusura della istruzione, senza che alle parti sia stata data la possibilità di esporre, prima della pronuncia, le proprie valutazioni sui risultati delle attività compiute nel corso del processo arbitrale e, segnatamente, dei mezzi istruttori assunti durante il suo svolgimento, Cassazione, sentenza 27 ottobre 2004, n. 20828, in Diritto e giustizia, 2004, fasc. 41, p. 25, con nota di Genovese F.A., Contradditorio ineliminabile anche nel rito arbitrale
- in tema di arbitrato gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno, ma debbono in ogni caso assegnare alle parti i termini per presentare documenti e memorie ed esporre le loro repliche onde assicurare il corretto svolgimento del procedimento con il pieno rispetto del principio della regolarità del contraddittorio, che presiede anche allo svolgimento del giudizio arbitrale; da ciò consegue la tardività e l'inammissibilità di quesiti formulati per la prima volta con la comparsa conclusionale, che è destinata solo a illustrare le ragioni delle pretese e delle richieste delle parti, senza possibilità alcuna di ampliare l'oggetto della controversia poiché ciò comporterebbe violazione del diritto di difesa della controparte, Cassazione, sentenza 21 settembre 2004, n. 18918;
- nell'arbitrato irrituale il contraddittorio si realizza assicurando alle parti la possibilità di svolgere l'attività assertiva e deduttiva, in qualsiasi modo e tempo, in rapporto agli elementi utilizzati dall'arbitro per la sua pronuncia, Cassazione, sentenza 8 settembre 2004, n. 18409, in Foro it., 2005, I, c. 1768, che ha respinto il ricorso con il quale una delle parti si doleva della mancata redazione di un verbale delle operazioni e della mancata comunicazione delle attività compiute, prima dell'emissione della decisione finale, senza allegare e provare il compimento di uno specifico atto istruttorio diverso dall'esame dei documenti versati da ciascuna di esse;
- ove le parti non abbiano vincolato gli arbitri all'osservanza della procedura ordinaria, questi sono liberi di regolare lo svolgimento del giudizio nel modo ritenuto più opportuno, anche, quindi, consentendo ai compromettenti, nell'ambito dei termini della clausola compromissoria, di modificare ed ampliare le iniziali domande senza possibilità di evocare gli art. 183 e 184 Cpc. purché sia osservato il principio del contraddittorio, Cassazione, sentenze 3 maggio 2004, n. 8320 e 8 aprile 2004, n. 6950 (in Giustizia civile, 2005, I, p. 1329, con nota di Ruffini G. Sulla nullità parziale del lodo arbitrale), ove il rilievo che il principio del contraddittorio non può ritenersi violato allorché gli arbitri abbiano concesso alle parti di modificare le domande iniziali entro l'udienza di precisazione delle conclusioni, tuttavia garantendo ad esse il dialettico svolgimento delle rispettive deduzioni e controdeduzioni (anche dopo la chiusura dell'istruttoria) sulle domande stesse).