Professione e Mercato

Gli avvocati dell’ufficio legale di un comune non possono “lavorare” per un altro ente locale

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di Amedeo Di Filippo

Gli avvocati dell'ufficio legale di un ente non possono prestare la loro attività professionale a favore di un ente diverso tramite convenzioni di adesione all'avvocatura comunale unica. Lo afferma il Tar della Lombardia con la sentenza n. 1608/2016.

La vicenda - Ricorrono alcuni iscritti all'ordine degli avvocati contro le delibere consiliari di approvazione delle convenzioni di adesione all'avvocatura comunale unica, avvalendosi del modello convenzionale previsto all'articolo 2, comma 12, della legge n. 244/2007 e disciplinato all'articolo 30 del Tuel. Vige in materia la legge di disciplina forense n. 247/2012, che all'articolo 18, lettera d), stabilisce l'incompatibilità della professione di avvocato con attività di lavoro subordinato e all'articolo 19, comma 3, fa salva l'iscrizione nell'elenco speciale per gli avvocati che esercitano attività legale per conto degli enti pubblici, ai quali, a norma del successivo articolo 23, sono attribuiti gli affari legali dell'ente di appartenenza.
Secondo i ricorrenti, queste disposizioni non consentono agli avvocati di svolgere attività professionale a favore di un ente che non sia quello di appartenenza. Di diverso avviso i comuni resistenti, secondo i quali quelle disposizioni ampliano l'ambito oggettivo entro cui è possibile esercitare l'attività difensiva da parte dell'avvocato dipendente, dovendosi ritenere che la trattazione esclusiva degli affari legali dell'ente possa comprendere anche le controversie facenti capo all'insieme degli enti che si sono tra loro associati per dar vita ad una avvocatura comune.

Le regole - Con la sentenza segnalata, il Tar Lombardia si schiera dalla parte degli avvocati ricorrenti, annullando la delibera di approvazione delle convenzioni. Ricordano i giudici che la disciplina delle incompatibilità della professione forense è contenuta nell'articolo 3, comma 2, del Rdl n. 1578/1933, fatta salva la deroga per gli avvocati degli uffici legali degli enti pubblici e solo per le cause proprie dell'ente presso il quale prestano la loro opera. Deroga interpretata in termini restrittivi dalla giurisprudenza, che non ha consentito ritenere “propri” dell'ente pubblico le cause di un ente diverso, dotato di distinta soggettività. Regole non cambiate dalla legge sull'ordinamento della professione forense del 2012.
È poi intervenuta la finanziaria del 2008, che consente l'istituzione di avvocature uniche, ma secondo i giudici la disciplina dell'ordinamento professionale costituisce una legislazione speciale, che come tale non può essere derogata da una normativa generale successiva. Inoltre la disciplina delle deroghe al regime di incompatibilità è di stretta interpretazione e non è suscettibile di estensione. In più, la legge del 2012, successiva alla n. 244/2007, ha confermato il regime previgente di incompatibilità, non includendovi l'ipotesi delle avvocature in convenzione.

Gli uffici unici - Queste, dunque, possono essere attivate solo rispettando le regole della legge forense, con particolare riferimento alla previsione secondo cui gli avvocati dipendenti da enti pubblici possono svolgere attività professionale solo in relazione agli affari propri dell'ente presso il quale sono incardinati. Regole che però non vanificano l'articolo 2, comma 12, della finanziaria 2008, a patto che le avvocature uniche risultino costituite da dipendenti distaccati dagli enti partecipanti i quali trattino esclusivamente gli affari legali dell'ente di rispettiva appartenenza.
Non così nel caso di specie, in cui non è stato previsto un ufficio unico tra più enti, bensì una convenzione aperta con possibilità di adesioni successive, in base alla quale si mette a disposizione degli altri enti l'avvocatura del comune capofila, i cui avvocati tratterebbero così gli affari legali degli enti convenzionati, in palese contrasto con l'articolo 23 della legge n. 247/2012.

Tar Lombardia – Sentenza 15 giugno 2016 n. 1608

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