Casi pratici

I compensi aggiuntivi ed eventuali dell'amministratore di condominio

Onerosità del mandato

di Lina Avigliano

la QUESTIONE
L'amministratore di condominio alla cessazione dell'incarico può esigere compensi aggiuntivi rispetto a quanto pattuito al momento della nomina? All'amministratore revocato anticipatamente dall'assemblea spetta il compenso?


Il rapporto che lega l'amministratore di condominio ai singoli condomini è retto dalle regole che disciplinano il mandato. Espressamente l'articolo 1129 c.c. prevede che trovano applicazione le disposizioni generali sul mandato stabilendo: «Per quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla sezione I, del capo IX, del titolo III, del libro IV».
Per giurisprudenza consolidata, già prima della legge di riforma 11 dicembre 2012, n. 220, l'amministratore di condominio configurava un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra amministratore e condomini, delle relative disposizioni. L'applicazione della regola generale di cui all'art. 1709 c.c., ai sensi del quale il mandato si presume oneroso e l'eventuale gratuità deve essere specificata dalle parti, va considerata in relazione alla disposizione di cui all'articolo 1135 n. 1 c.c. (secondo cui l'assemblea provvede alla conferma dell'amministratore e «all'eventuale sua retribuzione»), interpretata dalla dottrina e dalla giurisprudenza in favore dell'onerosità dell'incarico nel senso che l'assemblea può espressamente determinarsi per la gratuità dell'incarico (Branca; in giurisprudenza Cass. 16 aprile 1987, n. 3774). La presunzione di onerosità dell'incarico, salvo prova contraria basata sulla prassi o sul comportamento concludente delle parti, non è esclusa dalla circostanza che l'amministratore sia un condomino.


Compenso dell'amministratore dopo la riforma del 2012
Sulla disciplina del compenso dell'amministratore condominiale il legislatore della riforma del 2012 è intervenuto stabilendo che l'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività che andrà a svolgere (art. 1129, comma 14, c.c.).
La ratio della disposizione sul compenso contenuta nel novellato articolo 1129 c.c. è quella di superare la prassi posta in essere dall'amministratore di richiedere compensi ulteriori rispetto a quelli pattuiti al momento della nomina, giustifcati per attività straordinarie non rientranti nella gestione ordinaria, e che aveva determinato lo svilupparsi di un nutrito contenzioso giudiziario e relativo dibattito interpretativo sul principio dell'onnicomprensività del compenso dell'amministratore stabilito all'atto della nomina all'incarico.
Sul tema specifico del compenso suppletivo l'orientamento maggioritario della giurisprudenza, espresso prima delle modifiche introdotte dalla riforma, propende per il carattere tendenzialmente onnicomprensivo del corrispettivo deliberato al momento della nomina dell'amministratore, salva la possibilità per le parti di apportarvi deroghe e in tale caso l'amministratore ha l'onere di provare l'attività compiuta al di fuori di quella prevista come ordinaria al fine di vedersi riconosciuto il relativo compenso.
Il compenso annuale secondo tale interpretazione deve intendersi pattuito per ogni attività svolta dall'amministratore nel corso dell'esercizio annuale e nell'espletamento del mandato con esclusione di ogni altro compenso aggiuntivo.
E invero poiché a norma dell'art. 1708 c.c., nella parte in cui prevede che il mandato abbia a oggetto tutti gli atti necessari all'esecuzione dell'incarico, l'amministratore è tenuto a compiere tutte le attività che sono connesse e indispensabili allo svolgimento del proprio compito istituzionale, tali attività devono ritenersi comprese, quanto al compenso, nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell'incarico per tutta l'attività amministrativa di durata annuale e non devono essere retribuite a parte (Cass. 30 settembre 2013, n. 22313; Cass. 12 marzo 2003, n. 3596).
La normativa vigente per la retribuzione dell'attività dell'amministratore rende necessario che sia stipulato un accordo preciso e trasparente coi condomini al momento dell'assunzione dell'incarico e che l'amministratore, nel momento in cui formula la propria offerta, indichi con precisione tutte le voci del compenso ivi comprese le retribuzioni per tutte quelle attività straordinarie che non rientrano nella gestione ordinaria.
La determinazione del corrispettivo diventa così una essentialia negozi i tanto che la sua mancanza comporta la nullità del conferimento dell'incarico (Lazzaro).
La sanzione espressa di nullità della nomina, in mancanza di predeterminazione del compenso, comporta che l'invalidità investa l'intero contratto di mandato tra amministratore e condominio e non la nullità di un solo elemento (la determinazione del compenso) del contratto con la conseguenza che non è consentito determinare il corrispettivo a norma degli articoli 1709 e 1419, comma 2, c.c. (Celeste-Scarpa).
La nuova disciplina determina che l'amministratore deve far approvare dall'assemblea un proprio tariffario analitico, per evitare di omettere l'inserimento di alcune prestazioni che intenda farsi retribuire, non potendo più pretenderle successivamente, dal momento che la sanzione prevista per la violazione del dettato legislativo consiste nella nullità del contratto di mandato.
Si ritiene che il difetto di predeterminazione del compenso e la conseguente nullità della nomina possano essere rilevate d'ufficio dal giudice chiamato a decidere sulla domanda dell'amministratore volta al pagamento della sua retribuzione (Celeste-Scarpa).
La retribuzione dell'amministratore di condominio deve essere approvata dall'assemblea con la stessa maggioranza prevista per la sua nomina e, quindi, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio (art. 1136, comma 4, c.c.). La determinazione del compenso è assolutamente libera ed è rimessa alla libertà contrattuale delle parti, inoltre il compenso richiesto al momento della nomina e del rinnovo, dovuto fino alla cessazione della carica, include anche le attività urgenti che l'amministratore dovrà compiere fino alla sua sostituzione e la consegna della documentazione in suo possesso.
A norma dell'articolo 1129, comma 8, c.c., l'amministratore alla cessazione dell'incarico è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e a eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto a ulteriori compensi (art. 1129, comma 8 c.c.).
Tale disposizione normativa consente di superare quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'amministratore cessato dalla carica per scadenza del termine in virtù della sua prorogatio imperii sino alla sua sostituzione maturava il diritto al compenso.
L'amministratore, difatti, anche se cessato dalla carica per scadenza del termine o perché dimissionario, poiché continuava a esercitare i suoi poteri fino alla sua sostituzione con la nomina di altro amministratore da parte dell'assemblea dei condomini, aveva diritto per tale periodo di intervento a essere compensato secondo i criteri stabiliti per il periodo precedente, nessun compenso, invece, era dovuto nel caso di nomina di altro amministratore da parte dell'assemblea con espressa delibera assembleare contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell'amministratore cessato dall'incarico (Trib. Palermo 16 novembre 2011, n. 5297; Trib. Messina 4 novembre 2006).
Il legislatore ha recepito e normato quell'orientamento secondo cui l'amministratore non ha diritto a compensi per tutte quelle attività che rientrino nell'ambito dei suoi doveri di mandatario e, pertanto, una volta revocato dall'incarico, non ha diritto di trattenere somme per i suoi onorari e in ogni caso non ha diritto ad alcun compenso aggiuntivo per il passaggio della documentazione condominiale, rientrando tale attività tra gli atti cui è tenuto in via ordinaria (Trib. Milano 4 gennaio 2010).
La nuova disposizione consacra la continuità dell'attività dell'amministratore cessato (in attesa di nomina del subentrante), ma riduce il suo ambito di azione, potendo compiere soltanto attività urgenti per evitare pregiudizi agli interessi del condominio.
Compenso dell'amministratore nominato dall'autorità giudiziaria
Nell'ipotesi di nomina giudiziaria, prevista dall'articolo 1129, comma 1, c.c., in cui il tribunale per tale atto si sostituisce all'assembla che non sia in grado di provvedervi, si è posta la questione se l'amministratore possa considerarsi un ausiliario del giudice e conseguentemente se il compenso debba essere chiesto e determinato alla stregua del procedimento di cui agli articoli 52 e 53 disp. att. c.p.c.
La Suprema Corte, chiamata a decidere una controversia avente per oggetto tali temi, ha chiarito che la posizione dell'amministratore nominato dal tribunale non differisce da quella in cui il medesimo sia investito in virtù della nomina che di regola spetta all'assemblea, instaurandosi un rapporto di mandato fra l'amministratore e i condomini.
L'amministratore nominato dal tribunale non riveste la qualità di ausiliario del giudice, che deve identificarsi nel privato esperto in una determinata arte o professione e in generale idoneo al compimento di atti che il giudice non può compiere da solo e ciò in occasione di un processo e in relazione a concrete necessità individuabili di volta in volta dal giudice al quale il consulente deve dare conto, bensì deve rendere conto del suo operato soltanto all'assemblea dei condomini (Cass. 22 luglio 2014, n. 16698). Il decreto emesso dal tribunale, ai sensi dell'articolo 1129, comma 1, c.c., esercitando i poteri spettanti all'assemblea, ha a oggetto esclusivamente la nomina dell'amministratore il quale dovrà secondo le nuove norme in sede di assemblea, a pena di nullità, specificare in modo analitico il proprio compenso e il rimborso delle proprie spese, alla stregua dell'amministratore nominato dall'assemblea con la maggioranza prevista dall'articolo 1136 c.c.
L'amministratore nominato dall'autorità giudiziaria, che resta in carica per il termine di un anno, rinnovabile per uguale durata (art. 1129, comma 10, c.c.) se non viene sostituito da un amministratore nominato dall'assemblea condominiale, deve al pari dell'amministratore di nomina assembleare possedere i requisiti morali e professionali richiesti dall'articolo 71 bis disp. att. c.c. per lo svolgimento dell'attività di amministratore di condominio.


Rimborso delle anticipazioni
La disciplina di cui all'articolo 1720, comma 1, c.c., secondo cui il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni fatte in esecuzione dell'incarico si applica anche all'amministratore di condominio.
Tuttavia l'amministratore può ottenere il rimborso previsto dall'articolo 1720 solo con riferimento alle spese sostenute in stretta dipendenza dall'adempimento dei propri obblighi offrendo la prova dell'esecuzione del negozio gestorio e degli esborsi effettuati mentre spetta ai condomini dimostrare di aver adempiuto all'obbligo di tenere indenne l'amministratore da ogni diminuzione patrimoniale mediante il versamento di acconti o rimborsi (Celeste-Scarpa, in giurisprudenza Trib. Milano 14 gennaio 2014, n. 377).
Secondo un costante indirizzo giurisprudenziale il credito per anticipazioni dell'amministratore di condominio è soggetto a regole particolari, rispetto a quelle generali del contratto di mandato, che devono coordinarsi con quelle relative al condominio.
Nella specie è stato puntualizzato che l'amministratore di condominio non ha, salvo quanto previsto dagli articoli 1130 e 1135 c.c. in tema di lavori urgenti, un potere generale di spesa, in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore; ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell'assembla, l'amministratore non può esigere il rimborso delle anticipazioni da lui sostenute, perché, pur essendo il rapporto tra l'amministratore e i condomini inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell'art. 1720 c.c. deve essere coordinato con quelli in materia di condominio, in base ai quali il credito dell'amministratore non può considerarsi liquido né esigibile senza un preventivo controllo da parte dell'assemblea (Cass. 20 agosto 2014, n. 18084; Cass. 27 gennaio 2012, n. 1224; Cass. 27 giugno 2011, n. 14197). Pertanto l'amministratore non avrebbe diritto al rimborso di qualsiasi spesa anticipata senza il controllo preventivo o eventualmente successivo dell'assemblea che valuti l'opportunità della spesa.
È stato affermato che il riformato articolo 1129 c.c., che prescrive la predeterminazione del compenso a pena di nullità della nomina, non sia riferibile alle perdite sopportate dall'amministratore ritenendosi così operante, anche dopo le modifiche apportate dalla legge n. 220/2012, «il principio legislativo di rimborsabilità delle spese, o comunque di ristoro delle perdite sopportate nella gestione di cose altrui» (Scarpa-Celeste).


Compenso in caso di revoca
L'amministratore di condominio, che dura in carica un anno e si intende rinnovato per uguale durata, può essere revocato in ogni tempo dall'assemblea condominiale (art. 1129, nuovo comma 11, c.c.).
La revoca, in considerazione della natura fiduciaria del rapporto fra amministratore e condominio, non richiede la sussistenza di una giusta causa.
Nel caso in cui l'amministratore venga revocato in anticipo dall'assemblea e la revoca avvenga senza giusta causa, ovvero senza un comportamento dell'amministratore che giustifichi il provvedimento di revoca da parte dell'assemblea, è condivisibile la tesi secondo cui l'amministratore avrà diritto di ricevere il compenso per l'intero periodo del rapporto inizialmente pattuito.
E invero all'amministratore revocato - non dimissionario - spetta il compenso globale annuo stabilito all'atto della nomina, posto che l'interruzione del rapporto deriva dal fatto dell'assemblea e non dall'amministratore (salvo che all'atto della nomina l'assemblea non si sia riservata il diritto di proporzionare la riduzione del compenso).
In tal caso, stante il rinvio alle norme sul mandato operato dall'articolo 1129, comma 15, c.c., deve ritenersi applicabile l'articolo 1725 del codice civile secondo cui la revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato, obbliga il mandante a risarcire i danni se è fatta prima della scadenza del termine e non ricorre una giusta causa.
La questione non è del tutto pacifica ma controversa, difatti, secondo un orientamento giurisprudenziale nell'ipotesi di revoca anticipata l'amministratore non ha diritto al pagamento dell'intero compenso stabilito per la normale durata dell'incarico, ma alla minor somma liquidata in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato (Trib. Monza 27 giugno 2005).
Queste regole non trovano applicazione nel caso di revoca per giusta causa disposta dall'autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condomino nel caso previsto dal quarto comma dell'art. 1131 c.c. (l'amministratore non comunica all'assemblea dei condomini la citazione o il provvedimento che abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore), se non rende il conto della gestione ovvero in casi di gravi irregolarità, tra i quali rientrano come fattispecie tipicamente previste dal legislatore l'inottemperanza agli obblighi di cui all'art. 1130 numeri 6, 7 e 9, e l'omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma dell'art. 1129.


Ripartizione e prescrizione del compenso
Le spese per il compenso dell'amministratore di condominio devono essere suddivise tra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà, ai sensi dell'articolo 1123 c.c., e non in quote uguali.
È orientamento pacifico quello secondo cui l'amministratore cessato dalla carica, per il proprio compenso o per il rimborso delle spese che ha anticipato nell'interesse del condominio, possa agire sia nei confronti del condominio in persona del nuovo amministratore che lo ha sostituito nell'incarico, sia nei confronti dei singoli condomini ma, in quest'ultimo caso, può agire solo pro quota, sussistendo una responsabilità parziaria pro quota dei singoli condomini per le obbligazioni nei confronti dell'amministratore e non un'obbligazione solidale dei medesimi (Cass. 24 novembre 2008, n. 27890; per giurisprudenza di merito si vedano: Corte d'Appello di Torino 26 giugno 2003, Trib. Parma 12 settembre 2001).
Il credito vantato a titolo di compenso per l'attività di amministratore è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale e non può essere assoggettato alla prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, c.c., non trattandosi di obbligazione periodica (Cass. 4 ottobre 2005, n. 19348; per giurisprudenza di merito si veda: Trib. Napoli 29 ottobre 2013, n. 11943).
È stato osservato in proposito che occorre fare riferimento alla durata legale annuale di tale incarico secondo quanto previsto dall'articolo 1129 c.c., che pone un limite temporale inderogabile, a prescindere dalla possibilità di rinnovo dell'incarico medesimo o dalla proroga dei poteri dell'amministratore fino alla nomina di altro soggetto in sua sostituzione.
La durata annuale dell'incarico spiega l'obbligo dell'amministratore di rendiconto alla fine di ciascun anno allorché il rapporto cessa ex lege e soprattutto incide sulla natura dell'obbligo di corrispondere la retribuzione, difettando il requisito necessario della periodicità per l'applicazione dell'art. 2948, n. 4, c.c.; a tale ultimo riguardo è infatti evidente che la cessazione legale dell'incarico di amministratore determina la necessità di corrispondere a quest'ultimo la retribuzione, cosicché il relativo obbligo deve essere adempiuto non già periodicamente ma al compimento della prestazione posta a carico dell'amministratore, ovvero al decorso annuale dell'incarico.
Anche al credito vantato dall'amministratore di condominio per somme di denaro anticipate nell'interesse del condominio la giurisprudenza ritiene applicabile la prescrizione decennale in considerazione del fatto che tale credito trae origine dal rapporto di mandato che intercorre con i condomini e che la relativa causa petendi va ricondotta nell'art. 1720, primo comma c.c. (cfr. Cass. 4 ottobre 2005, n. 19348).


Considerazioni conclusive
Come forma di trasparenza e garanzia nei confronti dei condomini le nuove norme del condominio richiedono che l'amministratore al momento in cui accetta la nomina debba specificare analiticamente l'importo che chiede a titolo di compenso per l'attività da svolgere e tale formalità è richiesta a pena di nullità della nomina stessa.
Il compenso indicato sarà dovuto all'amministratore sino alla cessazione dalla carica comprendendo anche l'attività di consegna della documentazione in suo possesso e le attività urgenti che lo stesso dovrà compiere sino alla sua sostituzione per scongiurare pregiudizi agli interessi del condominio.
Viene così eslcusa la possibilità per l'amministratore di richiedere compensi aggiuntivi e ulteriori rispetto a quelli specificati e pattuiti al momento della nomina.

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Tribunale

Sezione 2

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