Amministrativo

Il caso plusvalenze ed i tratti essenziali dell'art. 4 CGS-FIGC

Come noto in data 28 febbraio la FC Juventus S.p.A. ha depositato il ricorso avanti il Collegio di Garanzia del CONI avverso la decisione n. 0063/CFA-2022-2023 della Corte Federale d'Appello, con la quale la Corte ha sanzionato la stessa con n. 15 (quindici) punti di penalizzazione da scontare nel Campionato di Serie A attualmente in corso e ha, altresì, inibito temporaneamente molti dei suoi dirigenti a svolgere attività federale

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di *Leone Zilio

Il club bianconero, come trapelato da alcune agenzie di stampa, avrebbe dedotto, a fondamento del proprio ricorso, i seguenti motivi: () inammissibilità della revocazione della sentenza di assoluzione per mancanza di fatti nuovi e decisivi; (ii) violazione del principio del contraddittorio; (iii) mancanza di una chiara definizione del concetto di plusvalenza fittizia e (iv) mancata indicazione dei criteri applicati relativamente alla quantificazione delle sanzioni irrogate dalla Corte federale d'Appello.

La finalità del presente scritto è quella di, premessi brevi cenni sulle vicende processuali che riguardano il "caso plusvalenze", effettuare una breve esegesi dell'art. 4, comma 1, CGS-FIGC, in virtù del quale la Juventus è stata sanzionata.

Preliminarmente occorre definire cosa sia una plusvalenza in ambito calcistico: trattasi nello specifico del maggior valore che la Società Alfa ottiene a seguito della cessione dei diritti delle prestazioni sportive di un'atleta alla Società Beta, nel caso in cui tale importo generi una differenza positiva rispetto al valore di acquisto illo tempore sostenuto dalla Società Alfa per acquistare l'atleta, dedotte le relative quote di ammortamento.

Come noto, con atto di deferimento dell'1.4.2022, la Procura della FIGC deferiva dinanzi al Tribunale Federale la Juventus ed altri club professionistici (tra i quali Genoa CFC S.p.A., Parma Calcio 1913 S.r.l. e U.C. Sampdoria S.p.A.) con l'accusa di aver sottoscritto delle variazioni di tesseramento e relativi accordi di cessione "indicando in tutti un corrispettivo superiore al reale, in attuazione di un unico disegno finalizzato a commettere condotte illecite".

In altri termini, secondo la Procura Federale, le suddette Società calcistiche avrebbero ceduto/acquistato i diritti delle prestazioni sportive di alcuni atleti ad un importo superiore al reale valore degli stessi e determinato "in vitro", senza cioè alcuna valutazione sportiva reale alla base di dette valutazioni.

La Procura arrivava a tali conclusioni utilizzando come parametro di riferimento per la determinazione dei valori dei corrispettivi relativi agli accordi di cessione degli atleti, gli importi rinvenibili sul sito web Transfermarkt.it: nello specifico trattasi di un portale ben noto agli addetti ai lavori che assegna ad ogni atleta un determinato valore economico e che, con il passare degli anni, è diventato un punto di riferimento per gli operatori del calciomercato.

All'esito di tale giudizio, il Tribunale Federale proscioglieva tutte le Società coinvolte, in virtù del fatto che, secondo il ragionamento logico-giuridico seguito dal Tribunale, solo alcune delle cessioni esaminate, pur presentando degli elementi sintomatici di operazioni fittizie, non superavano, al di là di ogni ragionevole dubbio, "la soglia della ragionevole certezza in termini, appunto di fittizietà" ed altresì, che il metodo seguito dalla Procura, ovvero il confronto tra i valori rappresentati dalle operazioni di mercato e quello espresso dal sito Transfermarkt.it, rappresentava solo "un" metodo possibile tra tanti e non "il" metodo di valutazione oggettivo per determinare il valore di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore..

Di conseguenza, operando nel libero mercato, le Società coinvolte sarebbero state libere di decidere il valore da assegnare all'atleta in fase di negoziazione del trasferimento dello stesso, attesa anche l'influenza che tale valore subirebbe da una serie di fattori (età, ruolo, situazione contrattuale, momento di acquisto/cessione, etc.), non tutti legati al mero aspetto tecnico-sportivo (si pensi ad esempio a quanto accaduto a Niccolò Zaniolo, giovane calciatore che la AS Roma ha ceduto di recente ai turchi del Galatasaray per la cifra di 16 milioni di Euro più bonus, per un totale di 29 milioni.

Un importo che avrebbe potuto essere superiore visti i valori di mercato, le qualità e l'età del calciatore, ma che è invece stato ridimensionato in pejus a causa di alcune frizioni tra Società e Calciatore, che hanno portato quest'ultimi ad accettare il trasferimento a tali condizioni).

A seguito del proscioglimento, la Procura depositava reclamo innanzi alla Corte Federale d'Appello, la quale, pur confermando il proscioglimento, modificava, tuttavia, una parte della motivazione.

In particolare, secondo l'interpretazione della Corte, l'inesistenza del metodo oggettivo di valutazione del valore dell'atleta, non avrebbe legittimato le parti ad iscrivere a bilancio un importo qualsiasi, poiché invece tale valore sarebbe in ogni caso dovuto discendere dall'applicazione di un metodo che avesse delle basi logico-razionali.

Diversamente opinando, come sottolineato dalla Delibera Consob n. 22482/2022, si giungerebbe alla paradossale conclusione per cui, in uno scambio di beni immateriali, le parti potrebbero "teoricamente concordare qualsiasi valore per i beni scambiati se in definitiva non viene scambiato alcun importo"; ciò, conclude la Corte, non sarebbe accettabile.

Avverso tale decisione e, soprattutto, a seguito della ricezione di nuovi elementi riguardanti la posizione della Juventus (la c.d. "inchiesta Prisma") trasmessi dalla Procura della Repubblica di Torino, la Procura Federale, in data 22.12.2022 proponeva istanza di revocazione parziale, con la quale chiedeva che il club bianconero venisse sanzionato con n. 9 punti di penalizzazione.

La revocazione, come noto, è un mezzo di impugnazione rinvenibile all'art. 395 c.p.c. ed in ambito federale all'art. 63 CGS-FIGC, in virtù del quale è possibile, in alcuni casi tassativi, contestare una sentenza già passata in giudicato. In particolare, tale istituto è composto da due fasi: (i) la fase rescindente, volta ad accertare la sussistenza di una delle ipotesi tassative che legittimano la revocazione; (ii) la fase rescissoria, che si terrà soltanto se quella antecedente avrà avuto esito positivo, nella quale si valuteranno i "nuovi" elementi al fine di adottare una sentenza che vada a sostituire quella "revocata".

Nel caso di specie la Procura riteneva sussistente – e la Corte ha poi concordato con tale ricostruzione – l'ipotesi di cui alla lett. d) dell'art. 63, comma 1, CGS-FIGC - "se è stato omesso l'esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia" - giacché i nuovi elementi acquisiti avrebbero svelato l'esistenza di un sistema finalizzato alla realizzazione di plusvalenze artificiali e slegate da valutazioni tecniche sottostanti.

In altri termini la Procura riteneva che, laddove i nuovi documenti forniti dalla Procura della Repubblica fossero stati conosciuti dalla Corte in occasione del primo giudizio, gli stessi avrebbero portato ad un risultato diverso dal proscioglimento. I fatti nuovi sono nello specifico: (i) la documentazione acquisita presso la sede della Juventus ed in particolare la scoperta del c.d. "Libro Nero di Paratici", ovvero un documento redatto dall'allora Direttore Tecnico della Juventus, nel quale questi avrebbe annotato (al fine di utilizzare lo stesso per contestare le proprie divergenze di vedute) delle operazioni "sospette" effettuate dalla Juventus; (ii) le intercettazioni telefoniche ed ambientali riguardanti la dirigenza della "Vecchia Signora".

La valutazione combinata di tali nuovi elementi ha quindi portato la Corte ad accogliere le istanze della Procura, in quanto "il valore di cessione richiede fondamenti logici. Può accadere, per le ragioni più disparate, che si assista ad una operazione atipica, una tantum. Ma non può accadere che sistematicamente sia invertito il processo [che porta alla plusvalenza], come invece emerge dal nuovo quadro probatorio disponibile".

In particolare la Corte ha ritenuto che la predisposizione di un sistema di plusvalenze fittizie, unitamente alla consapevolezza a più livelli dirigenziali e societari dell'illiceità "sportiva" della relativa condotta, svelata dalle intercettazioni e dal c.d. "Libro nero di Paratici", integri una violazione sia: (i) dell'art. 31 CGS-FIGC, rubricato "Violazioni in materia gestionale ed economica", che (ii) dell'art. 4 co. 1 CGS-FIGC, rubricato "Obbligatorietà delle disposizioni generali"; nello specifico quest'ultimo prevede l'obbligo di rispettare i principi di lealtà, probità e correttezza e trattasi di una vera e propria norma di chiusura del sistema di giustizia sportiva, posta a presidio di valori che, come indicato nel parere n. 5/2017 del Collegio di Garanzia dello Sport, "appaiono interpretare l'essenza stessa dell'ordinamento, al punto che la loro violazione si traduce nella negazione stessa dei fini cui è rivolta l'attività sportiva" (p. 32 decisione n. 0063//0063/2022-2023 citata).

Queste sono le argomentazioni poste alla base della decisione con cui la Corte ha quindi sanzionato la Juventus con ben n. 15 punti di penalizzazione in classifica, andando quindi oltre la richiesta della Procura che, ricordiamo, aveva chiesto la sanzione di "soli" n. 9 punti.

Nel caso di specie, alcuni commentatori avrebbero ravvisato una sorta di conflitto tra i già citati artt. 4, comma 1, e 31, comma 1, posti dalla Corte alla base della sanzione, poiché nella vicenda qui esaminata, l'art. 31 disciplina specificamente le violazioni di natura gestionale-economica, che ricorrerebbero nel caso de qua, e quindi, ai sensi e per gli effetti di autorevole dottrina, non residuerebbe alcuno spazio per l'applicazione della prima norma, richiamata invece dalla Corte, considerata una norma di chiusura del sistema giustiziale sportivo, applicabile pertanto esclusivamente in via residuale.

Giova evidenziare come nell'ambito della pronuncia sopra esaminata, l'art. 4, comma 1, CGS-FIGC, rivesta un ruolo determinante ai fini della avvenuta irrogazione della sanzione al club bianconero, poiché la penalizzazione di punti in classifica (la cui portata sanzionatoria, specie nella quantificazione di 15 punti di penalizzazione, ha un indubbio valore afflittivo) è prevista soltanto per la violazione di tale disposizione; al contrario, l'art. 31, comma 1, CGS-FIGC, prevede la diversa e più tenue sanzione dell'ammenda con diffida.

L'art. 4, comma 1, CGS-FIGC recita testualmente: "I soggetti di cui all'art. 2 (i.e. società, dirigenti, atleti, ufficiali di gara, etc.) sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva".

In altri termini, tutti i soggetti obbligati al rispetto delle norme dell'ordinamento sportivo devono improntare la loro condotta ai principi di lealtà, correttezza e probità (v. Collegio Garanzia Sport, Sez. IV, n. 121/2021, "le regole etiche e le clausole generali di correttezza e buona fede, in ambito sportivo, acquistano uno specifico rilievo giuridico e vanno considerate clausole di chiusura del sistema, poiché evitano di dover considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio").

Su questa tematica, l'opera ermeneutica svolta dal Collegio di Garanzia assume una precipua importanza in quanto soccorre l'interprete nella sua attività di concretizzazione di una norma dal contenuto vago e generico; in tal senso, occorre richiamare i principi che lo stesso ha reso, in sede consultiva, con il parere n. 5/2017, ove ha chiarito che, "al principio di lealtà sportiva poteva e può assegnarsi la natura di principio, oltre che prettamente etico, anche giuridico. […] La difficoltà di offrire una definizione esaustiva dei doveri di lealtà, correttezza, probità non impedisce di considerarne la rilevanza dal punto di vista giuridico […] La struttura tipica delle clausole generali è quella di norme incomplete che non hanno una propria autonoma fattispecie essendo destinate a concretizzarsi nell'ambito dei programmi normativi di altre disposizioni".

Ancora, molto apprezzabile per la sua chiarezza è la sentenza n. n. 12/CFA/2021-2022, laddove la Corte d'Appello Federale statuisce che: "l'inosservanza dei principi etici costituisce quindi un potenziale presupposto di un procedimento disciplinare. Ne discende la configurabilità di una sanzione disciplinare anche a prescindere dall'esistenza di uno specifico inadempimento ad una disposizione espressa. L'attività sportiva si fonda sul rispetto di canoni comportamentali di correttezza e lealtà, principi questi ultimi non suscettibili di essere circoscritti all'interno di fattispecie descritte secondo i criteri della precisione e della determinatezza".

Pertanto, i principi declinati dall'art. 4 comma 1 CGS-FIGC rappresentano la "pietra angolare" dell'ordinamento sportivo e gli organi di giustizia sportiva, al fine di difendere gli stessi, possono irrogare sanzioni anche laddove non vi sia una norma specificamente violata.

Tuttavia, la giurisprudenza federale prevede che: "l'art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva, lungi dal costituire una "norma in bianco", risponde all'esigenza, particolarmente avvertita nell'ordinamento sportivo - in cui assumono peculiare rilievo i profili valoriali della lealtà, della correttezza e della probità da osservare nelle condotte degli associati - che all'enunciazione di principi corrisponda un certo grado di flessibilità della previsione normativa, tale da consentire al giudice di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e da rendere possibili decisioni che, secondo l'evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza (così C.f.a., sez. I, decisione n. 70/CFA – 2021-2022). In questo senso, l'art. 4 si dimostra una norma elastica e flessibile che si dilata o restringe a seconda del disposto normativo al quale accede, al fine di determinare una sanzione che sia cucita ad hoc per la fattispecie concreta che viene in rilievo.

In particolare, tale norma, proprio a ragione del suo carattere flessibile richiede all'organo giudicante, nel momento in cui determina il quantum della sanzione, di spiegare in maniera precisa e puntuale l'iter logico-argomentativo sotteso alla quantificazione della stessa; nel caso di specie, la Corte ha ritenuto dirimenti, inter alia, fattori come la sistematicità e continuatività della condotta nonché la consapevolezza diffusa del carattere illecito, sul piano sportivo, della stessa.

Come detto in premessa, proprio in questi giorni la Società bianconera ha presentato ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, giudice di legittimità che può essere adito solo per alcuni casi tassativi, ossia "violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti" (cfr. art. 54 CGS-CONI).

In conclusione, alla luce di quanto sopra riassunto e dei motivi che la Juventus avrebbe dedotto nel proprio ricorso, è palese che, al di là di profili procedurali che potrebbero riguardare l'eventuale insussistenza dei requisiti utili per l'esperimento del giudizio di revocazione, il Collegio di Garanzia del CONI sarà chiamato ad acclarare la sussistenza nel caso di specie delle ragioni di applicabilità a tale fattispecie dell'art. 4 CGS-FIGC, norma che, come detto, ricorrendone i presupposti di applicabilità consente di applicare, in caso di sua violazione, una sanzione maggiormente afflittiva rispetto a quella prevista dall'art. 31 comma 1 CGS-FIGC.

In particolare, il Collegio di Garanzia dovrà valutare se la Corte abbia effettivamente assolto gli obblighi di motivazione su di essa gravanti, sia in merito all'applicabilità dell'art. 4, comma 1, CGS-FIGC, sia con riferimento alla quantificazione dei punti di penalizzazione effettuata dalla stessa, avendo irrogato una sanzione maggiormente afflittiva rispetto a quella richiesta dalla Procura Federale.

*Leone Zilio, Avvocato, Senior Associate, Rödl & Partner

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