Il CommentoCivile

Il danno da predisposizione o mancato depennamento di atto legislativo è risarcibile dal giudice ordinario

Non c'è alcun difetto assoluto di giurisdizione o "invasione di campo" del potere giurisdizionale in quello legislativo

di Pietro Alessio Palumbo

Secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte (ordinanza n. 36373/2021) è risarcibile il danno da allestimento di un atto legislativo ovvero da mancato ritiro o stralcio dello stesso da parte delle autorità preposte. Nessun difetto assoluto di giurisdizione o "invasione di campo" del potere giurisdizionale in quello legislativo quando il bene della vita dedotto in giudizio attenga propriamente al pregiudizio derivato dalla predisposizione e presentazione di un Dld di bilancio poi approvato, o dal mancato adoperarsi delle autorità preposte per la sua successiva rimozione o modifica. In tal caso – accenta la Corte - non è minimante in discussione l'accertamento del regime fiscale in sé considerato; deriva che l'azione in argomento postula la giurisdizione del giudice ordinario quale giudice naturale dei diritti fondamentali; senza alcuna interferenza con potestà riservate.

Il caso esaminato
L'azione giudiziaria veniva promossa da alcuni avvocati e commercialisti tutti liberi professionisti e dipendenti pubblici con qualifica di docenti di scuola superiore. Come conseguenza dell'emanata legge di bilancio per il 2020 agivano contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate, per sentir dichiarare lesi i propri diritti di eguaglianza, non discriminazione e pari contribuzione a parità di reddito. Una illegittimità a loro dire contrastante col Trattato UE, con la Carta fondamentale dei diritti UE, con le previsioni della Carta delle nazioni unite, col protocollo 12 della CEDU e con le norme del Patto internazionale dei diritti civili e politici di New York. L'avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza di tutti gli enti evocati, resisteva invocando il difetto assoluto di giurisdizione.

La posizione della Cassazione
La Suprema Corte ha evidenziato che l'oggetto del giudizio come prospettato dai ricorrenti non è incentrato sul tributo; il vero e unico oggetto del giudizio è la pretesa risarcitoria; per ciò stesso non è richiamabile il concetto di difetto assoluto di giurisdizione.
Quando la controversia riguarda i fondamenti di una pretesa risarcitoria, per definizione, la lite appartiene alla materia dei diritti soggettivi; a fronte di diritti fondamentali, costituzionalmente protetti, non può mai escludersi il diritto di azione, anche se la lesione sia paventata come dipendente dall'esercizio illegittimo di una potestà pubblica, o dalla predisposizione, presentazione, o mancata modifica di un atto legislativo. Proprio come nella vicenda di specie.
Secondo la Cassazione una domanda quale quella in analisi non è suscettibile di esser considerata improponibile per ragione di materia o di regolamentazione normativa. Tale ipotesi è configurabile quando la domanda giudiziaria non sia conoscibile da alcun giudice, sicché quest'ultimo è tenuto ad "arretrare" rispetto a una materia non oggetto di sua cognizione. Ma la fattispecie in analisi esula dalla descritta ipotesi; è in discussione l'azione risarcitoria comune avente base nell'articolo 2043 cod. civ. in sé considerato. E i fondamenti di tale azione presuppongono sempre una valutazione in concreto che solo il giudice dei diritti è legittimato a svolgere. L'azione non può dirsi esclusa nemmeno evocando la natura "politica" dell'atto legislativo, essendo nella specie rivolta ai promotori dell'atto ossia alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al ministero dell'Economia e all'Agenzia delle entrate. Gli attori asserivano che la normativa era loro lesiva per la derivante disciplina; non avevano messo in discussione in alcun modo l'attribuzione dell'atto alla relativa potestà. In altri termini i ricorrenti non avevano chiesto che il giudice con una sorta di incursione in diverso potere sindacasse come giusta o errata la maniera di esercizio della potestà in parola; avevano piuttosto dedotto che la normativa della legge di bilancio, ove non disapplicata, avrebbe sortito effetti costituzionalmente illegittimi e certo in contrasto col diritto comunitario. In questa prospettiva gli attori asserivano il diritto al risarcimento del danno da illecito civile nei confronti delle autorità che di quella legge di bilancio avevano curato la presentazione e concorso all'approvazione.
Dal che per le Sezioni Unite nessun dubbio: con la domanda il giudice non è stato interpellato per "impadronirsi" di una funzione sovrana altrui ma, legittimamente, per vagliare un (possibile) illecito civile.