Amministrativo

Ricostruiti i principi relativi al diritto di accesso difensivo

Nota a Consiglio di Stato, sezione IV, 13 dicembre 2021 sentenza n. 8302

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di Andrea de Bonis*

IL CASO

L'appellante, dirigente dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha indirizzato all'amministrazione di appartenenza cinque distinte istanze di accesso a documenti, in parte qualificate come accesso civico generalizzato ed in parte come accesso difensivo in senso proprio.

L'amministrazione non ha dato risposta a due delle predette istanze e alle rimanenti ha dato riscontro con provvedimento di diniego. Con quest'ultimo veniva eccepito che la documentazione richiesta era riferita ad un periodo di tempo successivo a quello in cui l'interessato era stato direttore dell'ufficio. Per tale motivo, l'agenzia ha ritenuto insussistente la necessità di accedere ai documenti per la cura di interessi in giudizio.

L'istante ha poi adito con due distinte istanze la Commissione per l'accesso agli atti amministrativi, senza però risultato favorevole. Successivamente il TAR ha respinto i due distinti ricorsi giurisdizionali presentati contro questi atti.

Il dirigente ha quindi proposto impugnazione avverso le sentenze negative del TAR. Ha premesso in fatto di avere in corso una causa di lavoro contro l'amministrazione, instaurata per presunti fatti dannosi commessi nei suoi confronti da un collega. Quest'ultimo l'avrebbe minacciato in più occasioni. Inoltre il collega (avvalendosi della propria posizione di funzionario dell'Agenzia), si sarebbe posto al servizio di un'associazione di tipo mafioso - operante in Emilia Romagna dal 2004 al 2021 - e per questo è stato condannato a vent'anni di reclusione con sentenza di primo grado.

I PRINCIPI DI DIRITTO

Il Consiglio di Stato ha ricostruito i principi di diritto che vengono in rilievo nel caso in esame ed in particolare:

- ha richiamato la sentenza 18 marzo 2021, n. 4, dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che ha chiarito come l'accesso difensivo va in linea di principio accordato dopo un "rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l'istante intende curare o tutelare", con la precisazione che le finalità dell'accesso vanno "dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell'istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova; ecc.)".

- ha poi chiarito che la sopraddetta decisione va interpretata tenendo presente che l'accesso difensivo è strumentale all'esercizio del diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost. ed il necessario vaglio di strumentalità non deve tradursi nella prova della fondatezza nel merito della pretesa azionata, che se per assurdo fosse raggiungibile renderebbe superfluo l'accesso stesso;

- ha ricordato come l'Adunanza plenaria ha anche stabilito che la pubblica amministrazione detentrice del documento non deve svolgere alcuna ulteriore "valutazione sull'ammissibilità, sull'influenza o sulla decisività del documento richiesto nell'eventuale giudizio instaurato … salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell'accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti";

- ha concluso che nei casi (come quello oggetto del giudizio) in cui l'amministrazione detentrice del documento coincida con la controparte processuale contro la quale l'interessato intende servirsi del documento stesso, non può difendersi negando l'accesso documentale. Il diritto di difesa, di cui anche l'Amministrazione è titolare, al pari di ogni altro soggetto dell'ordinamento, va infatti contemperato con il dovere di imparzialità che le è imposto dall'art. 97 della stessa Costituzione, in base al quale va escluso che essa possa difendersi in giudizio negando un accesso a propri documenti che in via generale sarebbe tenuta a concedere.

LA DECISIONE

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che la richiesta di accesso avanzata dall'appellante va qualificata come accesso difensivo in senso proprio e non come accesso civico, dato che è finalizzata, così come richiede l'art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, ad accedere a "documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici", ovvero agli atti degli audit che intende produrre nel giudizio che ha instaurato contro l'amministrazione.

La Sezione ha ritenuto pacifico che il ricorrente abbia in corso una causa risarcitoria contro l'amministrazione appellata, avente ad oggetto la richiesta di risarcimento di presunti danni arrecati dall'amministrazione - sua datrice di lavoro - per una serie di comportamenti asseritamente scorretti e vessatori posti in essere in suo danno. Tra questi comportamenti vi sarebbero le minacce che il collega avrebbe rivolto in ambito lavorativo ai danni dell'appellante e a fronte delle quali l'amministrazione non avrebbe tutelato il proprio dipendente.

Ne segue che – nella prospettazione del ricorrente, ovviamente tutta da verificare nel merito

- i documenti per cui è stato richiesto l'accesso sarebbero strumentali a provare la reazione dell'amministrazione (asseritamente inadeguata e quindi potenzialmente produttiva di danno) a quanto accaduto. In altri termini, il datore di lavoro non si sarebbe reso conto della pericolosità criminale del collega dell'interessato, ovvero non avrebbe preso le contromisure necessarie.

La prospettazione dell'appellante è stata giudicata non manifestamente illogica dal Consiglio di Stato in considerazione del grave reato accertato dalla sentenza di primo grado di cui si è detto.

Pertanto, ritenuto sussistente il nesso di causalità, in accoglimento dell'appello è stato accordato l'accesso. È stato considerato rilevante il fatto che nelle relazioni di audit (oggetto di ostensione) l'amministrazione doveva valutare i comportamenti del collega dell'appellante e che ciò è rilevante ai fini della causa risarcitoria. Non osta all'accoglimento dell'istanza il periodo temporale di formazione del documento, dovendo tenersi conto solo del suo contenuto oggettivo.

CONSIDERAZIONI FINALI

E' affermazione ricorrente in giurisprudenza quella per cui i requisiti sostanziali per il legittimo esercizio del diritto di accesso sono i medesimi per tutti i soggetti dell'ordinamento e si incentrano su un interesse diretto, concreto ed attuale alla specifica conoscenza documentale anelata: è proprio tale natura diretta, concreta ed attuale dell'interesse ostensivo che fonda a valle, in sede processuale, l'interesse a ricorrere avverso l'eventuale diniego reso dall'amministrazione. Deve, quindi, sussistere un collegamento tra il documento al quale si intende accedere e la situazione giuridica finale che si intende salvaguardare.

E' indirizzo giurisprudenziale consolidato quello per cui con la domanda di accesso non è consentito richiedere all'ente un'apposita attività di collazione e compilazione, laddove, come noto, nel nostro ordinamento l'istanza di accesso deve attenere a documentazione già formata dalla pubblica amministrazione destinataria dell'istanza: questa, invero, pone in capo all'amministrazione un mero dovere di dare (ossia di rendere conoscibile un quid già precostituito), non anche un preliminare dovere di facere (ossia di confezionare una documentazione prima inesistente).

Con specifico riguardo all'accesso difensivo, il Consiglio di Stato, Ad. plen., 18 marzo 2021, sent. n.4, ha ritenuto che ai sensi dell'art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, si deve escludere che sia sufficiente per consentire l'acceso un generico riferimento nell'istanza a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive laddove siano riferite ad un processo già pendente o ancora instaurando.

L'interesse difensivo deve essere sufficientemente delineato nell'istanza in ragione del vaglio che compete all'ente sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l'istante intende curare o tutelare.

L'amministrazione deve essere posta nelle condizioni di procedere alla verifica e l'assenza di indicazioni nell'istanza non consente l'accertamento del predetto nesso di collegamento.

L'accertata mancanza – evidente ed assoluta – di un collegamento tra il documento per il quale si richiede l'accesso e le esigenze difensive rende pretestuoso o temerario l'accesso difensivo per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l.n.241/1990.

L'amministrazione, se può valutare il nesso di strumentalità, non può spingersi in valutazioni riservate all'autorità giudiziaria in merito alla fondatezza della situazione giuridica attivata o all'esercizio del diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost.Come evidenziato dalla sentenza in commento e dalla citata sentenza dell'Adunanza plenaria, la PA non può svolgere alcuna valutazione sull'ammissibilità, sull'influenza o sulla decisività del documento nel giudizio collegato o da instaurare.

La pubblica amministrazione neanche può impedire l'accesso per esigenze difensive se coincide con la parte contro la quale l'istante intende utilizzare il documento.L'art. 24 della l. n. 241/1990 fornisce quindi precise indicazioni all'interprete in relazione ai criteri da seguire per valutare il nesso di strumentalità.

L'accesso difensivo deve essere sempre consentito quando sia meramente necessario per la cura o la difesa in giudizio degli interessi dell'istante e questi ultimi sono sufficientemente delineati nell'istanza.

In particolare, ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso difensivo e la tutela della riservatezza (ad es. finanziaria ed economica), secondo la previsione dell'art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, trova applicazione il criterio generale della "necessità" ai fini della "cura" e della "difesa" di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza. Sempre in riferimento al rapporto tra accesso e riservatezza, sono predeterminati dall'art. 24, co.7, l.n.241/1990 i casi in cui vi è un più stringente criterio di collegamento tra i documenti e la necessità difensiva ed in particolare:

a) in relazione ai dati supersensibili, l'accesso ai quali è consentito ove sia strettamente indispensabile ed in presenza di una situazione giuridica almeno di pari rango rispetto a quella oggetto di accesso e da tutelare, ovvero un diritto della personalità o altro diritto fondamentale;

b) In relazione ai dati sensibili o giudiziari, l'accesso ai quali è consentito solo ove sia strettamente indispensabile;

In tali casi, l'amministrazione è chiamata a valutare con maggior rigore, in base ai parametri legislativamente determinati, l'esistenza del nesso di strumentalità. In simili ipotesi, la questione relativa al rapporto intercorrente tra l'accesso difensivo e la riservatezza potrà essere risolta a favore dell'interessato solo laddove dall'istanza emergano compiutamente i più stringenti presupposti legittimanti l'accesso e siano comprovati con idonea documentazione.

*a cura dell'avv. Andrea de Bonis, Studio legale diritto amministrativo, civile e societario - Partner24Ore

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