Il divieto di avvicinamento alla vittima impone la fissazione della distanza ma non dei luoghi specifici
L'indeterminatezza spaziale non viola la libertà di locomozione dell'imputato. L'alternativa sarebbe il carcere o i domiciliari
Le sezioni Unite penali hanno chiarito se il giudice che prescrive la misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa dal reato debba anche prefissare gli specifici luoghi non avvicinabili dall'imputato. Il massimo consesso della Cassazione penale precisa che se il divieto di avvicinamento è miratamente riferito alla persona offesa al giudice è sufficiente stabilire la distanza che l'imputato deve mantenere da essa. E che in tal caso può anche non indicare luoghi precisi preclusi all'imputato. Tale prescrizione può dipendere dalla personalità dell'imputato e dall'indole del reato contestato.
Con la sentenza n. 39005/2021 è stato, infatti, escluso il contrasto tra il diritto costituzionale alla libertà di locomozione e un siffatto divieto "indefinito spazialmente" imposto al soggetto colpito dalla misura cautelare coercitiva. In particolare, la Cassazione fa rilevare che la gravosità di un divieto indefinito offre comunque all'imputato un'alternativa di favore rispetto all'applicazione di misure cutelari personali maggiormente restrittive, carcere o arresti domiciliari.
Il divieto di avvicinamento
La norma dell'articolo 282 ter del Codice di procedura penale che prevede tra le misure personali coercitive lo specifico divieto di avvicinamento alla persona offesa ha la precipua finalità di contrastare comportamenti persecutori o di abituale maltrattamento contro specifici soggetti.
Spiega la sentenza che la norma del Codice reca diverse soluzioni finalizzate all'unico obiettivo di preservare la serenità e l'incolumità della vittima nel mirino dell'imputato.
In realtà vengono messe a disposizione del giudice diverse soluzioni che sono tanto alternative quanto cumulabili, al fine di prevenire la commissone di ulteriori reati in base alle peculiarità del caso concreto. L'articolo 282 ter prevede, infatti:
- sia il divieto di avvicinamento a determinati luoghi frequentati dalla persona offesa
- sia l'obbligo di mantenre una data distanza da tali luoghi o dalla persona offesa.
È ovvio che nel primo caso il giudice debba individuare i luoghi ritenuti sensibili rispetto al reato contestato altrimenti si tratterebbe di prescrizione indeterminata. Ma il giudice può anche imporre il divieto di avvicinamento attraverso la fissazione della distanza che l'imputato deve mantenere o da tali luoghi determinati e/o dalla persona offesa. La declinazione di diverse forme del divieto di avvicinamento è utile sia per opatare per una di esse sia per cumularle perchè ciò consente di dettare prescrizioni il più strettamente adeguate al caso concreto per raggiungere l'obiettivo di evitare il rischio di contatto con la vittima.
Il contrasto giurisprudenziale
La norma era stata oggetto di un'intepretazione giurisprudenziale che sosteneva comunque necessaria l'indicazione da parte del giudice anche degli specifici luoghi da non avvicinare anche quando la prescrizione si limita all'obbligo di mantenere una certa distanza dalla vittima. Si contestava appunto una compressione illegittima della libertà dic iroclaione dell'imputato. Critica smentita dai ragionamenti precedenti.