Civile

Il gestore della palestra risponde «con limiti» per il furto degli oggetti negli armadietti

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di Andrea Alberto Moramarco

Il gestore di una palestra è tenuto ad offrire un servizio di custodia degli oggetti che il cliente normalmente porta con sé, come il telefono cellulare ed il portafogli, in quanto il deposito di tali oggetti è un servizio accessorio necessario affinché sia svolta correttamente l'attività sportiva. In caso di smarrimento degli oggetti depositati, non sono valide eventuali clausole di esonero di responsabilità ed il gestore della palestra risponde nei limiti del valore degli oggetti e della somma di denaro normalmente necessaria alle ordinarie commissioni della giornata. Lo ha affermato il Tribunale di Firenze nella sentenza 2240/2014.

La vicenda - L'episodio da cui origina la sentenza è avvenuto all'interno di una palestra dove un cliente si era recato per svolgere attività sportiva, lasciando negli appositi armadietti dotati di lucchetto i suoi effetti personali, ovvero il telefono cellulare ed il portafogli contenete però 1.600 euro in contanti e un assegno di 1.040 euro, oltre che carte bancomat e documenti vari. Al termine della sua attività, il cliente dell'impianto sportivo non trovava più gli oggetti depositati all'interno dell'armadietto e perciò chiedeva al gestore della palestra un risarcimento di quanto gi era stato sottratto. Quest'ultimo negava però ogni responsabilità sostenendo l'insussistenza di un obbligo di custodia, nonché la validità della clausola contrattuale di esonero della responsabilità contenuta nel contratto sottoscritto dal cliente e relativa a qualsiasi smarrimento di oggetti depositati sia negli spogliatoi, sia negli armadietti dotati di lucchetto.
Il giudice di pace in primo grado condannava il gestore della palestra al risarcimento dei danni subiti dal cliente ed il Tribunale conferma la decisione, puntualizzando alcuni aspetti importanti della vicenda.

Applicabili le norme sul deposito in albergo - In primo luogo, il giudice ritiene applicabile la disciplina in tema di deposito in albergo. L'articolo 1786 del codice civile estende infatti le disposizioni dettate per tale contratto anche “agli imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili”. Tale formula deve essere intesa in senso esemplificativo e ricomprende ogni attività, tra cui anche la palestra, in cui vi è l'esigenza di liberare il cliente dalla custodia di cose che porta con sé al fine di usufruire pienamente del servizio offerto.

Non è valida la clausola di esonero - In secondo luogo, il giudice ritiene che la clausola del contratto invocata dal gestore dell'impianto sportivo sia indubbiamente vessatoria, sebbene separatamente sottoscritta, e deve ritenersi inefficace in quanto abusiva ai sensi dell'articolo 33 commi 1 e 2 lettera b) del Codice del Consumo. Tale clausola determina infatti a carico del consumatore «un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto – e tende - ad escludere o a limitare le sue azioni o i suoi diritti nei confronti del professionista», dovendosi ritenere inoltre invalida «ex art. 1785-quater c.c., essendo nulli i patti o le dichiarazioni tendenti ad escludere o a limitare preventivamente la responsabilità dell'albergatore e dei soggetti a questo assimilabili».

La corretta quantificazione del danno - Chiarito ciò, il giudice afferma la responsabilità del gestore della palestra che deve essere però limitata a «quelle cose di cui è opportuno liberarsi per il miglior godimento della prestazione», come appunto gli effetti personali lasciati negli armadietti. E tra questi rientrano gli oggetti e una somma di denaro che normalmente un persona porta con sé per le normali attività quotidiane, professionali e non, essendo invece escluse ingenti somme di denaro o assegni che il gestore della palestra può legittimamente rifiutare di custodire. E nella specie, il giudice ha così ridimensionato il danno risarcibile al valore del cellulare, la somma indebitamente prelevata dal bancomat e la somma di 50 euro ritenuta sufficiente per le ordinarie commissioni quotidiane.

Tribunale di Firenze - Sezione III civile - Sentenza 7 luglio 2014 n. 2240

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