Penale

Il “giudicato cautelare” non regge al cambio di indirizzo in Cassazione

La Suprema corte, sentenza n. 2717 depositata oggi, ha respinto il ricorso del Pg di Catanzaro confermando la libertà per l’imputato a seguito di una pronuncia della Suprema corte favorevole al coimputato

di Francesco Machina Grifeo

 

Il mutamento giurisprudenziale può costituire un elemento nuovo idoneo a superare il cd “giudicato cautelare”. Anche se non proviene dalle Sezioni unite ma dalla ordinaria attività nomofilattica della Suprema Corte. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 2717 depositata oggi, respingendo il ricorso del Pg di Catanzaro.

Il locale Tribunale aveva rimesso in libertà l’imputato prendendo atto che nelle more del procedimento, la Sezione, con la sentenza n. 46380/2023, pronunciata nei confronti del coimputato, aveva mutato indirizzo, affermando che l’ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare per complessità, adottata ai sensi dell’articolo 304, co. 2, cod. proc. pen., non spiega i suoi effetti nei confronti dell’imputato libero. Ragion per cui la Corte di appello, preso atto del fatto che l’imputato non era ristretto, con decisione confermata poi dal Riesame ha dichiarato cessati gli effetti della misura per decorrenza dei termini.

A sostegno della soluzione negativa il Pg richiama le “Sezioni unite Librato”, secondo cui, rispetto alle ordinanze in materia cautelare, all’esito del procedimento di impugnazione, si formerebbe una preclusione processuale, “anche se di portata più modesta di quella relativa alla cosa giudicata”. Per cui non «può valere a rimuovere l’effetto preclusivo il mero sopravvenire di una sentenza della Corte di cassazione che esprime un indirizzo giurisprudenziale minoritario, diverso da quello seguito dall’ordinanza che ha già deciso la questione controversa». La stessa sentenza, però, annota la Corte, ritiene tale orientamento nel merito non condivisibile.

La questione è stata però successivamente approfondita da altra pronuncia delle Sezioni Unite (Sez. U. n. 18288/2010). Secondo questa decisione, in relazione ai provvedimenti adottati in sede cautelare, così come in sede esecutiva, “impropriamente” si evoca il concetto di giudicato “in quanto la circostanza che in tali procedimenti non ci sia mai un giudizio di merito sul fatto comporta necessariamente una diversa regolamentazione dell’efficacia preclusiva della decisione”.

Viene, poi, affrontato il problema del rapporto tra norma e interpretazione alla luce del principio di legalità dell’articolo 7 CEDU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, osservando che quest’ultima “ha inglobato nel concetto di legalità sia il diritto di produzione legislativa che quello di derivazione giurisprudenziale”. Per cui «l’obbligo di interpretazione conforme alla Cedu impone di includere nel concetto di nuovo “elemento di diritto” idoneo a superare la preclusione di cui al secondo comma dell’articolo 666 c.p.p., anche il mutamento giurisprudenziale che assume, specie a seguito di un intervento delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, carattere di stabilità e integra il diritto vivente”. Si tratta, prosegue la Corte, di una operazione doverosa per garantire il rispetto dei diritti fondamentali, di fronte ai quali la citata preclusione, che ha natura e funzione diverse dal giudicato, non può che essere recessiva.

Per la VI Sezione penale tali principi assumono portata generale che “trascende l’ambito del giudicato esecutivo per estendersi anche al giudicato cautelare, che del primo condivide la natura di mera preclusione”. Così, conclude la Cassazione, se la sentenza impone certamente di rimuovere la preclusione del giudicato nell’ipotesi di intervento delle Sezioni unite, “non esclude che analoga rimozione possa e debba operare nel caso di un mutamento giurisprudenziale determinato dal normale esercizio della funzione nomofilattica attribuita al giudice di legittimità”, come “correttamente affermato nell’ordinanza impugnata, specie se funzionale a garantire il rispetto di diritti fondamentali”. Tanto più che la decisione innovativa ha riguardato il coimputato.

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