Il CommentoAmministrativo

Il subappalto, tra normativa nazionale e giurisprudenza comunitaria: analisi di un istituto controverso

di Maria Cappellari

• Evoluzione dell'istituto del subappalto, tra normativa nazionale e comunitaria: due visioni a confronto

Il subappalto secondo la disciplina pubblicistica è un contratto derivato (o sub-contratto) di tipo trilaterale, mediante il quale l'appaltatore affida ad un soggetto terzo (c.d. subappaltatore) l'esecuzione in tutto o in parte dell'opera, servizio o fornitura già oggetto del contratto di appalto, concluso a monte con il committente (c.d. contratto principale).

Prima di entrare nel merito delle novità normative, è opportuno operare un breve excursus storico del subappalto, rilevando i tratti distintivi della disciplina nazionale e comunitaria.

Andando per ordine, a livello nazionale l'istituto del subappalto è sempre stato visto con sospetto dal Legislatore, essendo considerato uno strumento di possibile infiltrazione mafiosa nel settore degli appalti pubblici.

In tal senso, basti considerare che, con l'art. 18, comma 3, della Legge 55/1990 - recante "Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale" – il Legislatore ha per la prima volta introdotto il limite quantitativo del 30% di ricorso al subappalto, al precipuo scopo di prevenire la delinquenza di tipo mafioso.Ma ancora, il netto sfavor verso tale istituto emerge anche sotto un altro profilo.

Ed infatti, se la previgente normativa di cui alla Legge n. 646/1982, artt. 21 e 22, pur subordinando il ricorso al subappalto ad alcuni requisiti tecnici – id est: iscrizione nell'albo dei costruttori e assenza di cause di decadenza o sospensione dall'albo medesimo - lasciava di fatto una certa discrezionalità alla P.A., al contrario, l'art. 18 della Legge n. 55/1990 ha introdotto, aldilà del limite quantitativo, specifiche condizioni di ammissibilità del subappalto, limitando di fatto ulteriormente il ricorso a tale istituto.

Da ultimo, rileva considerare che, tale norma è poi confluita nel previgente Codice dei Contratti Pubblici, D.lgs 163/2006, art. 118, comma 2, che ha disciplinato il subappalto in modo analogo all'art. 18 suindicato, ampliando la facoltà di ricorso anche agli appalti di servizi e forniture.

In conclusione, è quindi evidente, alla luce di tali osservazioni, la concezione negativa presente nell'ordinamento nazionale rispetto al subappalto, il quale, per molto tempo - e non senza ragione- è stato inteso come uno strumento pericoloso per la diffusione dei fenomeni criminali di tipo mafioso, e pertanto fortemente limitato.

Tanto posto, preme ora considerare che, se l'ordinamento italiano si connota per una visione negativa del subappalto, diametralmente opposta è invece la visione comunitaria, che da sempre ha inteso tale strumento come un mezzo per favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese alla procedura di gara (c.d. favor partecipationis).

Ma procediamo con ordine.In particolare, a livello europeo il subappalto è stato disciplinato prima nelle Direttive 2004/17 e 2004/18, in materia di appalti pubblici, recepite dal legislatore italiano con il D. Lgs n. 163/2006, il cui art. 118, ha disciplinato il subappalto in modo analogo al previgente art 18 L 55/1990.

Nel 2014 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la Dir. 2014/24/UE in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari, abrogando la precedente Dir. 2004/18/CE.

A questa direttiva si sono aggiunte le Dir. 2014/25/UE e Dir. 2014/23/UE, regolanti, rispettivamente, gli appalti pubblici nei settori speciali e le concessioni pubbliche.

Questo ha dato il via ad un processo complessivo di riforma della materia dei contratti pubblici, che ha visto coinvolto anche l'istituto del subappalto, che attualmente è disciplinato dalla normativa comunitaria da tre Direttive: Dir. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE.

Un tanto premesso, preme ora sottolineare che, in nessuna delle tre Direttive del 2014, nemmeno in quelle più risalenti, sono state inserite limitazioni di alcun tipo al subappalto.

Secondo la normativa comunitaria il subappalto è pertanto libero, e assume una funzione essenzialmente "positiva", quale strumento che realizza i principi di parità di trattamento, non discriminazione e favor partecipationis.

In definitiva, alla luce di quanto detto, è possibile osservare che la discrasia tra diritto europeo e diritto comunitario è dovuta essenzialmente a una diversa concezione di fondo del subappalto, contrapponendosi due concezioni diametralmente opposte: quella "positiva" del Legislatore europeo, e quella "negativa" del Legislatore italiano.

Tutto ciò premesso, è bene ora considerare che il Legislatore nazionale, in attuazione delle nuove disposizioni europee, è intervenuto disciplinando il subappalto all'art 105. del D. Lgs. 50/2016 come "il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto" e precisando al comma 2, terzo periodo che "l'eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture".

Analizzando la norma nel dettaglio, emerge che da un lato il Legislatore, ha riprodotto la disciplina comunitaria in materia di subappalto, di cui all'art. 71 della Direttiva 2014/24/UE, inteso quale strumento volto a favorire la concorrenza e ad incoraggiare la libera partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) alle procedure di gara.

D'altro canto, il medesimo, nel recepire le istanze comunitarie, ha dovuto nuovamente fare i conti con la realtà storica italiana, caratterizzata da diffusi fenomeni di infiltrazione criminale nel settore dei contratti pubblici.

Per tali ragioni, all'art. 105, comma 2, terzo periodo, è stato ritenuto opportuno introdurre – rectius mantenere, in quanto già previsto negli artt 18 della Legge n. 55/1990 e 118, comma 2 D.Lgs 163/2006 - un limite massimo di ricorso al subappalto (pari al 30% del valore complessivo del contratto), chiara espressione del perdurante disfavore verso tale istituto, considerato potenziale veicolo di infiltrazione mafiosa.

Infine, con il nuovo Codice dei Contratti è stato inoltre introdotto - in ossequio al principio di trasparenza, cui al considerando 105 della Direttiva 2014/24/UE – l'obbligo di indicare in sede di offerta la terna dei subappaltatori "qualora gli appalti di lavori, servizi e forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 o, indipendentemente dall'importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa" (art. 105, comma 6), prevendendo l' esclusione automatica del concorrente dalla gara in presenza di cause di esclusione a carico dello stesso subappaltatore (art. 80, comma 1, 5 e 7 del codice).

Nel dettaglio, la norma de qua, ha reso obbligatoria l'indicazione dei nominativi di una terna di subappaltatori in due ipotesi, e precisamente, per gli appalti di importo superiore alla soglia prevista all'art. 35, nonché per quelli che, indipendentemente dall'importo, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa.

• La censura dell'Unione Europea, la procedura di infrazione n 2018/2273 della Commissione Europea e le pronunce della Corte di Giustizia UE del 2019: critica al limite del 30% e alla terna dei subappaltatori
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Le istituzioni comunitarie, prima attraverso una lettera di messa in mora e poi con una serie di sentenze della Corte di Giustizia UE, hanno aspramente criticato l'approccio del nostro Legislatore all'istituto del subappalto.

Andando per ordine, con la lettera di costituzione in mora della Commissione Ue, inviata al Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale il 24 gennaio 2019 (rif. proc. infrazione n. 2018/2273) l'Unione Europea ha rilevato la non conformità della normativa prevista in materia di subappalto sotto vari profili, tra cui quello riguardante il limite quantitativo del 30% e l'obbligo di indicare la terna dei subappaltatori in gara.

Con riguardo al primo profilo, la Commissione ha contestato la non conformità del limite del 30% del subappalto, rilevando anzitutto come tale limitazione non trovi alcuna corrispondenza nella normativa europea (direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE).

Ed infatti, l'articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE, e parimenti l'articolo 79, paragrafo 3, della direttiva 2014/25/UE, consentono sì alle amministrazioni aggiudicatrici di limitare il diritto degli offerenti di ricorrere al subappalto, ma solo ove siffatta restrizione sia in concreto giustificata dalla particolare natura delle prestazioni da svolgere.

Per tali ragioni, secondo la Commissione, "la normativa italiana viola il diritto UE, in quanto limita il ricorso al subappalto in modo generale ed indiscriminato, e non solo nei casi in cui una restrizione del subappalto sia oggettivamente giustificata dalla natura delle prestazioni dedotte in contratto".

Tale impostazione è stata confermata anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, con le sentenze c.d. Vitali e Tedeschi (Corte di Giustizia della UE, 26 settembre 2019, causa C-63/18 e Corte di Giustizia della UE, 27 novembre 2019, causa C-402/18), nelle quali si è statuito che "la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi".

Sotto un secondo profilo, la Commissione ha rilevato altresì la contrarietà alla normativa comunitaria della previsione della terna obbligatoria dei subappaltatori in gara, di cui all'art. 105, comma 6, del D.Lgs 50/2016.

Anche in questo caso si tratta di una disposizione che non ha diretta corrispondenza con la disciplina comunitaria, e che comporta oneri troppo gravosi sia per i concorrenti – obbligati ad indicare già in sede di offerta i potenziali subappaltatori – sia per le stazioni appaltanti, in capo alle quali gravavano già in fase di aggiudicazione obblighi di verifica sui requisiti di moralità.

Vieppiù, la Corte di Giustizia europea (Corte di Giustizia della UE, 30 gennaio 2020, causa C-395/18), aderendo al dictum della Commissione, ha censurato tale disposizione anche sotto il profilo dell'esclusione automatica del concorrente (art. 80, comma 1, 5 e 7 del codice), osservando che gli articoli 57 e 71 della direttiva 2014/24/UE, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione.

In definitiva, è quindi evidente, alla luce di quanto detto, che le istituzioni comunitarie in più occasioni hanno sottolineato l'incompatibilità della normativa nazionale rispetto alle direttive comunitarie, aprendo prospettive del tutto nuove agli interpreti e sollecitando sul punto una riforma organica della materia.

• L'adeguamento del legislatore nazionale con il D.L 32/2019, eliminazione della terna dei subappaltatori e innalzamento della soglia al 40%

Il legislatore nazionale, con il D.L. n. 32/2019 ( decreto "sblocca cantieri" ) convertito nella Legge n. 55/2019, agli artt. 1 e 2, ha cercato di porre rimedio alla nota discrasia tra la disciplina nazionale e comunitaria.

Tra le novità introdotte, maggiormente interessante per il caso di specie è quella che riguarda l'applicazione di particolari regole di semplificazione, tra cui rileva la -parziale- liberalizzazione del subappalto.

Tuttavia è opportuno operare un distinguo tra le modifiche introdotte nella versione originaria del D.L. n. 32/2019 e quelle poi effettivamente presenti in sede di conversione con la Legge n. 55 del 2019.

Andando per ordine, il D.L. n. 32/2019, nella sua versione originaria, ha operato un intervento correttivo in materia, innalzando il limite quantitativo del subappalto dal 30% al 50%, e abolendo altresì l'obbligo di indicare la terna dei subappaltatori (art. 105, comma 6).

Tuttavia, la Legge 55/2019, in sede di conversione, non solo non ha confermato tali disposizioni, ma, in modo davvero schizofrenico le ha nuovamente modificate.

Andando per ordine, l'art. 1, comma 18, D.L. n. 32/2019, inserito dalla legge di conversione, ha temporaneamente elevato il limite al subappalto dal 30% al 40%. La singolarità della modifica consiste nel fatto che essa è "a tempo", ossia sostituisce a titolo temporaneo – fino al 31 dicembre 2020 - la disciplina del codice relativa al subappalto sicché, decorsa tale data, il limite del 30 per cento avrebbe dovuto essere ristabilito, con buona pace delle censure europee.

Allo stesso modo l'obbligo dichiarativo della terna dei subappaltatori non viene formalmente abrogato, ma solo sospeso, fino al 31 dicembre 2020, per dover essere poi - teoricamente- reintrodotto.

Alla luce di quanto detto, è quindi chiaro che l'intervento contraddittorio operato dal legislatore, mediante l'introduzione di una disciplina transitoria che non ha apportato modifiche al codice ma si è limitata a sospendere alcune norme e a derogarne altre, non ha riformato in modo organico e chiaro la disciplina del subappalto.

E ciò, del resto, trova puntuale riscontro nella nuova lettera di messa in mora del 27 novembre 2019, con cui la Commissione europea ha evidenziato le criticità della novella legislativa, ribandendo, alla luce della natura temporanea delle modifiche e del nuovo limite introdotto al subappalto – seppure meno restrittivo, l'incompatibilità della stessa con la normativa europea.

• Il D.L. 77/2021 e la rivoluzione del subappalto: cadono i limiti quantitativi.

La tanto auspicata riforma del subappalto sembra finalmente aver preso piede con l'approvazione del Decreto "Semplificazioni-bis" (D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, G.U. n. 81 del 30 luglio 2021) che ha modificato in modo sostanziale l'art. 105, abrogando la disciplina introdotta dallo Sblocca Cantieri, e prevedendo rispettivamente una disciplina transitoria - fino al 31 ottobre 2021 - e una disciplina a regime a partire dal 1° novembre 2021.

Entrando nel merito, è stato abrogato l'art. 1 comma 18 del D.L. 18 aprile 2019, n. 32 - che identificava quale limite massimo al subappalto quello del 40% dell'importo complessivo del contratto (50% prima della legge di conversione) – ed è stata introdotta invece una disciplina transitoria fino al 31 ottobre 2021, che ha elevato la quota massima subappaltabile sino al 50%, in deroga all'art. 105, commi 2 e 5 (art. 49, comma 1, lett. a) DL 77/2021).

Ma non è tutto.Ed invero, la modifica più significativa attiene alla liberalizzazione del subappalto, con l'eliminazione, a partire dal 1 novembre 2021 di (quasi) ogni limite quantitativo generale e predeterminato, così come richiesto da tempo dalle istituzioni europee (art. 49, comma 2, lett. b DL 77/2021).

Al contempo, tale previsione pare correttamente controbilanciata dalla facoltà per le Stazioni appaltanti di prevedere, previa motivazione, che talune prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto siano eseguite a cura dell'aggiudicatario.

Tuttavia, preme precisare che, a differenza della disciplina precedente, trattasi in questo caso di una valutazione concreta, effettuata caso per caso dalla singola stazione appaltante, permanendo comunque un generale divieto di subappalto integrale dell'oggetto del contratto.

Alla luce di quanto detto, è quindi evidente che, attraverso la liberalizzazione del subappalto, introdotta con il Decreto "Semplificazioni-bis" e avente l'obiettivo di snellire le procedure e accelerare l'applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, la normativa italiana ha fatto un decisivo passo in avanti verso l'adeguamento alla disciplina europea .

• La Legge 238/2021 (Legge europea 2019-2020) e l'intervento chirurgico in materia di subappalto

L'annoso iter relativo all'istituto del subappalto ha trovato, come ultimo step, la legge europea 23 dicembre 2021, n. 238 - pubblicata lo scorso 17 gennaio (G.U. Serie generale n. 12), in vigore dal 1 febbraio, recante le disposizioni emanate dallo Stato italiano per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla sua appartenenza all'Unione europea.

Operando un inquadramento generale, la predetta norma - che si attendeva da un po - è uno dei principali strumenti di adeguamento della disciplina nazionale all'ordinamento europeo, avente il precipuo compito di porre rimedio ai casi di non corretto recepimento della normativa europea da parte dello Stato, quali ad esempio le procedure di infrazione.

Ancora, la legge de qua, che ha introdotto alcune modifiche sostanziali al Codice dei contratti, è entrata in vigore il 1° febbraio, e ai sensi dell'art. 10, comma 5 del art. 10, si applicherà alle sole procedure indette successivamente alla citata data.

Ciò premesso, entrando nel merito degli interventi normativi apportati, rileva considerare che la novella legislativa, all' articolo 10 , rubricato "Disposizioni in materia di contratti pubblici. Procedura di infrazione n. 2018/2273" ha inciso significatamene sulla disciplina del subappalto, di cui agli artt. 80 e 105 , introducendo almeno due significative novità.

In particolare, l'articolo 10, comma 1, lettera c) della legge n. 238/2021 ha modificato i punti 1) e 3), i commi 1 e 5 dell'art. 80 del Codice, riguardanti i motivi di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto o concessione, rispettivamente, in caso di giudizio definitivo per determinati reati, ovvero in caso di presenza di determinate situazioni.

Nel dettaglio, la modifica ha previsto che la verifica dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80, avvenga solo nei riguardi del solo operatore economico e non anche con riferimento al suo subappaltatore. In altri termini, viene eliminato l'onere imposto al concorrente di dimostrare l'assenza in capo al suo subappaltatore, dei motivi di esclusione, rimettendo al solo subappaltatore e non al concorrente principale, la dimostrazione della assenza dei motivi di esclusione.

Con tale intervento si è quindi operato un coordinamento tra l'articolo 80, commi 1 e 5, del Codice, con le modifiche introdotte all'articolo 105 del Codice dallo stesso articolo 10 della legge n. 238/2021, in materia di subappalto, a seguito dei rilievi recati dalla Commissione europea all'Italia nell'ambito della procedura di infrazione n. 2018/2273.

Ma non è tutto.E infatti, la novità più rilevante contenuta nella Legge europea riguarda la formale abrogazione dell'obbligo di indicare la terna dei subappaltatori in sede di offerta ex art. 105, co. 6, disposizione già sospesa dai cosiddetti decreti "Sblocca-Cantieri" prima e "Semplificazioni" poi.

In particolare, l'articolo 10, comma 1, lettera d) della legge n. 238/2021 ha modificato l'articolo 105, commi 4 e 6 del Codice dei contratti, eliminando in capo al concorrente l'obbligo di indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta, che pertanto non è più in vigore dal primo febbraio.

In conclusione, è quindi palese, alla luce di quanto sinora rappresentato, che, mediante tale intervento normativo, il Legislatore italiano ha portato a compimento l'iter di adeguamento della disciplina del subappalto alle Direttive europee, rispondendo in modo completo ai rilievi che la l'UE aveva da tempo fatto all'Italia.

• Fine della discrasia tra normativa comunitaria e nazionale?

Alla luce di quanto sinora esposto, appare ora quantomai opportuno, finanche doveroso, operare alcune considerazioni conclusive in merito alle modifiche normative apportate.

Orbene, è chiaro che, contrariamene a quanto avvenuto con il DL Sblocca Cantieri, con cui il Legislatore nazionale ha introdotto una disciplina transitoria, parziale e poco chiara, a partire dal Decreto Semplificazioni bis è stata messa in atto una vera e propria riforma organica dell'istituto del subappalto, poi portata a compimento con la Legge Europea 2019-2020.

Ed infatti, come sopra analizzato, le novità espresse con il Decreto Semplificazioni bis hanno finalmente prodotto la liberalizzazione del subappalto operando, almeno con riguardo ai limiti quantitativi, il tanto atteso riallineamento tra normativa nazionale e comunitaria.

Parimenti, la Legge Europea 2019-2020, per suo canto, pare davvero aver ultimato tale processo di adeguamento, eliminando l'obbligo di indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta e intervenendo sui motivi di esclusione degli operatori economici, ponendo finalmente fine alla discrasia tra normativa comunitaria e nazionale.

Conclusioni. Come evidenziato nel corso del presente contributo, le novità introdotte con le varie normative nazionali in tema di subappalto non sempre hanno dato piena risposta alle istanze europee.

Deve tuttavia darsi atto che, a partire dal Decreto Semplificazioni bis, il fine perseguito – nonché comun denominatore alle modifiche normative – è stato sine ullo dubio stato quello di operare un effettivo riallineamento tra normativa nazionale e comunitaria.

Nel merito, ciò risulta concretamente perseguito con le modifiche apportate dal Decreto Semplificazioni bis e dalla Legge Europea 2019-2020, mediante i quali il Legislatore italiano ha più portato a compimento l'iter di adeguamento della disciplina del subappalto alle Direttive europee, rispondendo in modo completo ai rilievi che la l'UE aveva da tempo fatto all'Italia.

In conclusione, alla luce delle modifiche suesposte e della rispondenza delle stesse alle censure europee, meritevole di pregio appare l'intervento normativo del Legislatore nazionale, il quale ha realizzato nel corso del tempo un vero e proprio cambio di rotta, inseguendo l'idea di unprogetto organico ed unitario in materia di subappalto.