Responsabilità

Impatto contro il mezzo di soccorso, imprudenza Anas da provare

La Corte di cassazione, ordinanza n. 26231 depositata oggi, ha respinto il ricorso degli eredi di una vittima

di Francesco Machina Grifeo

Come si valuta l'eventuale responsabilità dell'Anas per l'incidente causato mentre il personale della società era impegnato in un soccorso stradale ingombrando parte della carreggiata? La Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 26231 depositata oggi, prova a dare una risposta confermando però che non esiste una normativa ad hoc che l'Azienda Nazionale Autonoma delle Strade (dal 2018 confluita in FS) debba rispettare. Nella valutazione si dovrà dunque ricorrere al rispetto o meno dei criteri di prudenza o a eventuali negligenze.

Il ricorso, dichiarato inammissibile dalla Suprema corte, era volto a ottenere il r isarcimento del danno, materiale e morale, da parte degli eredi di un uomo morto a seguito dell'impatto, sulla A3, nel gennaio del 2000, con un autocarro dell'Anas che sostava in prossimità di un incidente, occupando per alcune decine di centimetri anche la carreggiata di sorpasso. Secondo la Corte di appello, e la Suprema corte ne ha confermato in toto la ricostruzione, l'impatto si era verificato a causa di una "inspiegata manovra di frenatura e deviazione a destra" da parte del conducente che "ben avrebbe potuto avvistare per tempo il veicolo dell'Anas ed evitarlo". Veniva così escluso il "nesso causale" tra il sinistro e la condotta del conducente del camion o comunque del personale dell'Anas che già alcune centinaia di metri prima aveva segnalato l'incidente.

La motivazione ha così ricostruito i fatti: per un precedente incidente, a 500 m dall'uscita della galleria percorsa dal danneggiato sulla corsia di sorpasso a velocità oltre la soglia consentita, si trovavano il camion Anas, con lampeggianti e luci rotanti accese, probabilmente anche un'auto della Polstrada, un mezzo di soccorso ACI e un'ambulanza, tutti veicoli muniti di segnalatori accesi, nonché, gli operatori Anas posizionati a distanza tra loro per segnalare l'incidente con fari luminosi in prossimità dell'uscita dei veicoli dalla galleria, nell'imminenza dell'occorso. In base ai rilievi desumibili a mezzo della CTU cinematica, inoltre, si era accertato che l'auto del danneggiato "viaggiava sulla corsia di sorpasso a velocità eccessiva in orario notturno e su strada segnata da curve, oltre il limite di 80 km/h, mentre il camion Anas era fermo sul margine destro della carreggiata, a cavallo tra la prima e quella di sorpasso di cui occupava poche decine di centimetri, per soccorrere un veicolo incidentato". A questo punto l'auto effettuava una "lunga frenata (con traccia di 34 m) spostandosi inspiegabilmente dalla corsia di sorpasso su cui viaggiava a quella di marcia occupata dal mezzo di soccorso ANAS, andando a collidere col muro di controripa su cui strisciava per otto metri per terminare la sua corsa sulla parte posteriore del mezzo Anas. Il forte impatto determinava un avanzamento di circa tre metri del veicolo urtato".

Venendo alla correttezza o meno delle manovre di soccorso, la Cassazione afferma: "Quanto all'idoneità dei mezzi utilizzati dal personale Anas per segnalare la presenza del sinistro nell'immediatezza dell'occorso, la Corte territoriale ha rilevato l'assenza di normativa ad hoc sotto il profilo del comportamento da assumere nell'immediatezza del sinistro stradale, dovendo valutare le condizioni di criticità sussistenti in concreto". E nel caso di specie, ha rilevato che dalla indagine svolta in sede penale risultava che la squadra di intervento, "intervenuta in poco tempo, era appena sopraggiunta sul luogo e non era dato rinvenire alcun profilo di negligenza della condotta degli addetti Anas, o una violazione di norme di prudenza, in considerazione della cadenza temporale dei fatti e della peculiarità del luogo che richiede massima prudenza in chi guida".

Non solo, i segni di frenata iniziavano a una distanza di 365 m dalla fine della galleria, proprio dove si era posizionato il personale munito di torce e bandiere per segnalare l'incidente avvenuto a 500 metri di distanza dall'uscita della galleria: "dunque, in un punto in cui il conducente dell'auto aveva già potuto avvedersi del pericolo, evidentemente non evitato in ragione dell'eccessiva velocità con cui viaggiava". "Sicché – conclude la Cassazione - l'evento è stato attribuito ad un momento di stanchezza dell'autista (era alla guida da circa otto ore) o comunque ad altra ragione che gli aveva fatto perdere il controllo del mezzo, vera causa dell'impatto unitamente al mancato rispetto della velocità massima".

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