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Impignorabilità della “prima casa”: la Cassazione ribadisce il principio con l’ordinanza n. 32759/2024

Quando l’espropriazione abbia ad oggetto l’unico immobile di proprietà del contribuente debitore, destinato ad abitazione principale, l’azione esecutiva diventa improcedibile

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di Antonio Colella*

Con l’ordinanza n. 32759 del 16 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha riaffermato il principio dell’impignorabilità dell’unico immobile di proprietà del debitore, specificatamente quando questo sia adibito ad abitazione principale e non rientri nella categoria delle abitazioni di lusso.

Nel caso in esame, un condòmino ha proposto opposizione all’esecuzione innanzi al Tribunale ordinario di Padova avverso il provvedimento di pignoramento immobiliare promosso dal condominio.

Nella procedura esecutiva è intervenuta l’Agenzia delle Entrate-Riscossione che, al fine di ottenere la riscossione coattiva di un credito di natura tributaria fondato su cartelle esattoriali emesse nei confronti del debitore, ha manifestato la volontà di surrogarsi al creditore procedente mediante un atto regolarmente notificato al debitore esecutato.

Con la sentenza n. 1406/2013, il Tribunale di Padova, a fronte dell’eccezione sollevata dal contribuente in merito alla illegittimità dell’azione esecutiva per asserita mancata notifica dei titoli esecutivi e per l’omessa prova del credito, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in ragione della competenza del giudice tributario a conoscere delle controversie concernenti la legittimità delle cartelle di pagamento poste a fondamento dell’azione esecutiva.

Il giudizio è stato riassunto dinanzi la Commissione tributaria territorialmente competente, ove il condòmino eccepiva, tra l’altro, anche l’illegittimità del pignoramento avente ad oggetto l’unico immobile adibito a propria abitazione principale. Con la sentenza n. 243/04/2015, la Commissione tributaria ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione per una parte delle domande avanzate ed ha, altresì, statuito la parziale cessazione della materia del contendere. In relazione alle ulteriori questioni sollevate dal contribuente, il giudice tributario ha respinto le eccezioni formulate, ritenendo legittime le cartelle di pagamento ed accertando la regolare notificazione delle stesse.

La Commissione tributaria regionale del Veneto, con la sentenza n. 783/11/2017, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, dichiarando l’estromissione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione dal giudizio per carenza di legittimazione passiva. Contestualmente, respinto il gravame del contribuente, la Corte ha confermato la pronuncia di primo grado, dichiarando la tardività e l’inammissibilità di alcune eccezioni sollevate dal ricorrente, tra cui quella relativa all’impignorabilità della prima casa, ai sensi dell’articolo 76, comma 1, lettera a) del D.P.R. n. 602/1973.

Il contribuente ha successivamente proposto ricorso per Cassazione, deducendo, tra le altre censure, la violazione dell’articolo 76 del D.P.R. n. 602/1973. Tale norma dispone che, fatta salva la facoltà di intervento ai sensi dell’articolo 499 del Codice di procedura civile, l’agente della riscossione non possa procedere all’espropriazione forzata dell’unico immobile di proprietà del debitore, a condizione che questo non rientri tra le abitazioni di lusso, come individuate dal decreto ministeriale del 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e che non sia classificato nelle categorie catastali A/8 e A/9. Inoltre, il bene deve essere adibito ad uso abitativo e costituire la residenza anagrafica del debitore.

La Suprema Corte, pur rilevando preliminarmente profili di inammissibilità del ricorso sotto il profilo processuale, ha esaminato nel merito la questione sollevata dal contribuente, statuendo che “…vale il principio per cui in tema di espropriazione immobiliare esattoriale, qualora sia stato eseguito il pignoramento immobiliare mediante la trascrizione e la notificazione dell’avviso di vendita ai sensi del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 78 ed il processo sia ancora pendente alla data del 21 agosto 2013 (di entrata in vigore del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 52, comma 1, lett. g), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, ai sensi del D.L. n. 69 del 2013, art. 86 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 194 Suppl. Ord. del 20 agosto 2013), l’azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell’esecuzione o per iniziativa dell’agente della riscossione, se l’espropriazione ha ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore, che non sia bene di lusso e sia destinato ad abitazione del debitore, il quale ivi abbia la propria residenza anagrafica (vedi Cass., 12 settembre 2014, n. 19270)…”

La disciplina dell’impignorabilità della “prima casa”, più propriamente definita come unico immobile di proprietà del debitore, regolata dall’art. 76 del D.P.R. n. 602 del 1973, così come modificato dall’art. 52 del D.L. n. 69 del 2013, stabilisce che l’Agenzia delle Entrate non possa procedere all’espropriazione dell’unico immobile di proprietà del contribuente/debitore, purché tale immobile sia destinato ad uso abitativo, il debitore vi abbia stabilito la propria residenza anagrafica e non appartenga alle categorie catastali A/8 o A/9 (ville e castelli).

Deroga a tale principio è prevista qualora i debiti siano superiori a 120.000 euro, l’ipoteca sull’immobile sia stata iscritta almeno sei mesi prima dell’avvio della procedura esecutiva e il debitore non abbia provveduto al pagamento.

Per quanto la normativa introdotta dal Decreto del Fare ha sollevato inizialmente dubbi circa la sua applicabilità retroattiva, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19270 del 12 settembre 2014, ha prontamente chiarito che la norma trova applicazione anche nei procedimenti pendenti. Trattandosi di norme processuali, infatti, il principio generale di cui all’articolo 11 delle Preleggi impone l’applicazione immediata delle nuove disposizioni anche agli atti successivi alla loro entrata in vigore, purché il processo esecutivo non si sia ancora concluso. Ciò ha comportato l’impossibilità per l’Agenzia delle Entrate di proseguire con l’esecuzione forzata, anche nei casi in cui la procedura fosse stata avviata prima del 22 giugno 2013.

Con l’ordinanza n. 32759/2024, la Suprema Corte ha ribadito la necessità di un’interpretazione rigorosa delle norme in materia di esecuzione esattoriale immobiliare, confermando ancora una volta l’applicabilità retroattiva del principio di impignorabilità dell’unico immobile di proprietà del contribuente.

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*Avv. Antonio Colella - Assegnista di ricerca in Diritto Tributario presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli.

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