Incarico contro l'ex cliente: il divieto ha ad oggetto la "parte" e non "l'affare"
Il Cnf richiama la recente sentenza della Cassazione a S.U. n. 14933 e chiarisce che il divieto non è soggetto ad alcun limite temporale se l'oggetto non è estraneo a quello espletato in precedenza
La ditta individuale non è un soggetto diverso dal titolare, ma è semplicemente il nome col quale l'imprenditore esercita la sua attività, sicché, ai fini del divieto di assumere l'incarico nei confronti dell'ex cliente ex articolo 68 cdf, è irrilevante che il precedente incarico oppure il successivo abbia riguardato un affare dell'impresa ovvero una questione personale della parte, quivi non trovando applicazione i principii in tema di autonomia e capacità degli enti idonei ad escludere il potenziale conflitto di interessi. Il Consiglio nazionale forense nelle pagine dedicate al Codice deontologico riprendere la recente sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 14933 del 29 maggio scorso che aveva rigettato il ricorso di un legale sanzionato con la "censura" dal Consiglio distrettuale di disciplina di Trieste, decisione poi confermata dal Cnf, per "avere assistito e difeso in qualità di parte civile la moglie del signor … nel procedimento penale a carico di costui celebrato prima che fosse decorso il biennio dalla cessazione del rapporto professionale con il sig. … e ciò in violazione dell'art. 68, 1° comma Codice Deontologico".
L'avvocato si era difeso affermando che il rapporto professionale aveva avuto a oggetto vicende relative all'impresa individuale del medesimo, sicché la "parte assistita" in quel caso doveva reputarsi identificabile non con la persona fisica ma, per l'appunto, con l'impresa, in relazione ai "beni giuridici" a essa relativi.
Una tesi bocciata dalle S.U. che ricorda la previsione dell'art. 68 del Codice deontologico che prevede che "l'avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale". Dalla circostanza che la norma adoperi il termine "parte", anziché quelli di "cliente" o "persona", argomenta la Cassazione, "non può pretendersi (come invece fa il ricorrente) che la norma abbia alluso al soggetto non in quanto tale ma in relazione alle posizioni giuridiche coinvolte nell'affare affidato all'avvocato".
"Ciò è in dissidio – prosegue - con la più elementare logica, non soltanto giuridica, poiché ai fini dell'illecito disciplinare rileva il nocumento d'immagine cagionato alla professione forense nel caso in cui l'avvocato, dopo aver assunto la difesa di un soggetto, diventi difensore di un suo avversario senza che sia trascorso un adeguato intervallo temporale". Mentre accettare la tesi del ricorrente significherebbe "sterilizzare il significato stesso della formula impiegata dal legislatore, per la necessità di discernere "il bene giuridico effettivamente difeso" al di là del soggetto che abbia postulato di esserne titolare".
In altre parole, si legge ancora nella decisione degli "ermellini", dire che oggetto dell'anteriore rapporto professionale non era "la persona" … bensì l'affare, che nel concreto aveva avuto a oggetto il recupero di crediti relativi alla ditta individuale, implica l'artificio di identificare il soggetto con l'affare in sé, in netta violazione del testo - chiarissimo – oltre che della evidente ratio della previsione evocata".
Né d'altronde nel caso della ditta individuale esiste un'impresa che possa dirsi distinta dal soggetto che ne è titolare. Pertanto, conclude la Suprema corte, "non è possibile a nessun effetto di legge attribuire soggettività giuridiche distinte alla ditta individuale e alla persona fisica che con tale denominazione si identifica nell'esercizio della sua attività d'impresa".
Nel presentate la decisione il Cnf dopo aver ricordato che l'avvocato non può né deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita (art. 68 cdf), se non dopo il decorso di almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale (comma 1), specifica che anche dopo tale termine deve comunque astenersi dall'utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito (comma 3). "Peraltro – aggiunge -, il divieto de quo non è soggetto ad alcun limite temporale se l'oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza (comma 2), ovvero quando dovesse assistere un coniuge o convivente more uxorio contro l'altro dopo averli assistiti congiuntamente in controversie di natura familiare (comma 4), ovvero ancora quando abbia assistito il minore in controversie familiari e poi dovesse assistere uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura o viceversa (comma 4)".
Infine, con riguardo alla prescrizione pretesa dal ricorrente, viene chiarito che "ai fini dell'individuazione del dies a quo prescrizionale, la violazione dell'art. 68 cdf (Assunzione di incarichi contro una parte già assistita) è un illecito deontologico istantaneo".