Civile

Incensurabile in Cassazione la decisione del giudice di integrare le prove testimoniali

Lo ha precisato la Sezione I della Cassazione con l' ordinanza 19960/2022

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di Mario Finocchiaro

La integrazione ex officio delle prove testimoniali, ai sensi dell'articolo 257, comma 1, Cpc è espressione di una facoltà discrezionale, esercitabile dal giudice quando ritenga che, dalla escussione di altre persone, non indicate dalle parti ma presumibilmente a conoscenza dei fatti, possano trarsi elementi utili alla formazione del proprio convincimento. L'esercizio, o il mancato esercizio, di tale facoltà presuppone un apprezzamento di merito delle risultanze istruttorie, come tale incensurabile in sede di legittimità, anche sotto il profilo del vizio di motivazione. Lo ha precisato la Sezione I della Cassazione con l' ordinanza 21 giugno 2022 n.19960.

I precedenti
Pressoché in termini, richiamate in motivazione, nella pronunzia in rassegna, Cassazione, sentenze 26 febbraio 2007, n. 4384; 1° agosto 2000, n. 10077 e 26 giugno 1997, n. 5706 in Giustizia civile, 1998, I, p. 843 (con nota di Nicoli A., Responsabilità da custodia per danni da propagazione di incendio e contratto di locazione), nonché in Rassegna locazione e condominio, 1998, p. 189 (con nota di Di Carlo A., Contratto di locazione e responsabilità da custodia) secondo cui la parte che non abbia rinnovato in sede di precisazione delle conclusioni la richiesta di ammettere testimoni di riferimento a norma dell'articolo 257 Cpc. non può addebitare al giudice di merito il mancato uso di tale potere, censurandone in sede di legittimità la decisione per vizio motivazionale
Sempre nello stesso senso, altresì, Cassazione, ordinanza 11 febbraio 2020, n. 3144; sentenza 4 maggio 2009, n. 10239; sentenza 16 febbraio 1984, n. 1182.

La rinnovazione dell'esame dei testimoni
Per il rilievo che l'esercizio del potere di disporre la rinnovazione dell'esame dei testimoni previsto dall'articolo 257 Cpc , esercitabile anche nel corso del giudizio di appello in virtù del richiamo contenuto nell'articolo 359 dello stesso codice, involge un giudizio di mera opportunità che non può formare oggetto di censura in sede di legittimità neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, Cassazione, sentenza 1° agosto 2002, n. 11436.

L'assunzione di prova testimoniale
In margine all'articolo 257, comma 1, Cpc, si è precisato, altresì:
- in materia di assunzione della prova testimoniale, qualora il giudice del merito, ai sensi dell'articolo 257, comma 1, Cpc, disponga che sia chiamata a deporre una persona alla quale si siano riferiti i testi per la conoscenza dei fatti, la citazione del teste deve avvenire a cura della parte più diligente, interessata all'assunzione del teste, e, nel caso in cui nessuna delle parti vi provveda, l'ordinanza che dispone l'assunzione del teste può essere revocata dal giudice anche implicitamente, con il provvedimento che dichiara chiusa l'istruttoria e fissa l'udienza per la precisazione delle conclusioni, Cassazione, sentenza 28 ottobre 2004, n. 20872;
- la disposizione è applicabile anche nel rito del lavoro in quanto coerente con l'accentuazione, propria di tale rito, della disponibilità della prova da parte del giudice, nonché compatibile col sistema di preclusioni e decadenze disposto dagli artt. 414, 416 e 437 Cpc,, Cassazione, sez. un., sentenza 13 gennaio 1997, n. 263 (ivi, altresì, la precisazione che si è a fronte ad una facoltà discrezionale che il giudice può esercitare quando ritenga che, dall'escussione di altre persone, non indicate dalle parti, ma presumibilmente a conoscenza dei fatti, possa trarre elementi per la formazione del proprio convincimento. Ne consegue che la chiamata dei testimoni, nel caso che ad essi altri testi si siano riferiti per la conoscenza dei fatti, costituendo esercizio di una facoltà siffatta, che presuppone un apprezzamento di merito sul coacervo delle risultanze istruttorie, è incensurabile in sede di legittimità, anche sotto il profilo del vizio di motivazione);

La integrazione ex officio
- la integrazione ex officio della prova testimoniale è facoltà discrezionale che il giudice può esercitare quando ritenga che, con certezza, dalla assunzione di altre persone, non indicate dalle parti nelle loro liste, ma sicuramente a conoscenza dei fatti, possa trarre elementi per la formazione del proprio convincimento, Cassazione, sentenza 23 giugno 1980, n. 3946;
- la integrazione ex officio della prova testimoniale è una facoltà che può essere esercitata solo quando qualcuno dei testi escussi si sia riferito, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone sicché il giudice ritenga che, con certezza, dall'assunzione di queste possa trarre elementi per la formazione del proprio convincimento, e non anche quando la parte interessata abbia, sia pure nel contesto delle deduzioni istruttorie, menzionato, senza pero esprimere la volontà di indicarle come testimoni, persone che hanno spiegato attività relative ai fatti dedotti, Cassazione, sentenza 2 aprile 1977, n. 1257;
- quando l'istruzione appaia completa non si può, né si deve disporre nuove indagini e tanto meno una integrazione di prova testimoniale, la quale comporterebbe la ripartizione in più momenti successivi di un mezzo istruttorio che, secondo il volere della legge, deve essere invece unitario, Cassazione, sentenza 1° febbraio 1968, n.333, in Responsabilità civile e previdenza, 1969, p. 102;
- l'esercizio, da parte del giudice, del potere di assumere testi di riferimento, ai sensi del primo comma dell'articolo 257 Cpc, presuppone il convincimento del giudice stesso circa l'opportunità e la possibilità di integrare, attraverso i nuovi testi, le risultanze dell'istruttoria, Cassazione, sentenza 25 maggio 1964, n. 1273.

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