Civile

Indagini finanziarie, l’ufficio è chiamato a motivare l’avviso

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di Ferruccio Bogetti e Gianni Rota

Gli accertamenti bancari vanno sempre motivati dall’amministrazione finanziaria con il disconoscimento delle prove addotte dal contribuente per giustificare i versamenti. Il Fisco può, però, fondarli limitandosi a esaminare i movimenti bancari perché spetta al contribuente dimostrare per ogni movimento che si tratta di operazioni non imponibili e/o non rilevanti. Così la sentenza 711/2017 della Cassazione, depositata venerdì.

Il contenzioso

L’amministrazione accerta con indagini bancarie un imprenditore per il 2002 e gli tassa alcuni versamenti effettuati sul suo conto corrente ma ritenuti non giustificati in base alla documentazione prodotta.

Il contribuente si oppone in Ctp. Intanto l’amministrazione non ha considerato le prove contrarie fornite durante la fase istruttoria. Poi non ha provato l’inefficacia degli stessi elementi probatori addotti. Il Fisco resiste. In primo luogo le prove contrarie fornite dal contribuente sono state esaminate e ritenute non idonee. In secondo luogo non tocca all’amministrazione dare dimostrazione dell’inefficacia degli elementi probatori addotti dal contribuente.

I giudici di merito danno torto all’uomo ma non il giudice di legittimità che cassa con rinvio la sentenza impugnata. In primo luogo, nelle indagini bancarie l’ufficio deve sempre adeguatamente motivare il disconoscimento delle prove contrarie fornite dal contribuente per giustificare i versamenti sul conto corrente in caso di ritenuta insufficienza probatoria nelle indagini bancarie. Inoltre l’amministrazione nelle indagini bancarie assolve all’onere probatorio con la disamina dei dati dei conti correnti così da invertire l’onere probatorio in capo al contribuente, il quale deve dimostrare di ciascun versamento la non riferibilità ad operazioni imponibili e/o la mancanza di rilevanza fiscale.

Il «sintetico»

Per quanto riguarda, invece, gli accertamenti sintetici , va segnalata la sentenza 701/2017 della Cassazione depositata sempre venerdì scorso. Secondo il collegio di legittimità, se vuole rigettare la presunzione di capacità contributiva, il contribuente non può limitarsi ad asserire un rapporto di convivenza ma deve motivare la sua consequenzialità rispetto alla titolarità degli elementi patrimoniali.

Il contenzioso scaturisce da un accertamento con il redditometro per gli anni dal 1998 al 2004. Secondo l’ufficio, la contribuente, pur in assenza di capacità contributiva, risulta intestataria di ingenti disponibilità bancarie. Mentre i giudici di merito hanno giudizi altalenanti, la Cassazione accoglie il ricorso dell’amministrazione. Per contestare la presunzione di capacità contributiva non basta – secondo il collegio di legittimità - invocare un rapporto di convivenza, ancorché desumibile da risultanze anagrafiche non sempre decisive, ma va motivata adeguatamente la consequenzialità fra convivenza e titolarità degli elementi patrimoniali indicatori.

Corte di cassazione – Sentenza 711/2017

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