Civile

Inerzia dell'avvocato, criteri in chiaro per la liquidazione equitativa del danno subito dal cliente

La Corte di cassazione, sentenza n. 23434 depositata oggi, ha accolto il ricorso del legale

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di Francesco Machina Grifeo

Nel caso di responsabilità professionale dell'avvocato che è rimasto inerte, il giudice nel procedere alla quantificazione del danno sulla base di quanto avrebbe potuto ottenere la parte lesa, deve fornire una adeguata motivazione delle ragioni che lo hanno portato a una simile valutazione, non potendo limitarsi a formule generiche. Con questa motivazione la Corte di cassazione, sentenza n. 23434 depositata oggi, ha accolto il ricorso di un legale condannato, in Appello, da Tribunale di Napoli Nord a risarcire la vittima, sua assistita, di un sinistro stradale con la somma di 5.500 euro e il proprietario del ciclomotore danneggiato con altri 900 euro.

Il giudice di secondo grado aveva ritenuto provato sia il conferimento del mandato professionale che la negligenza del professionista. In quanto dall'istruttoria risultava accertata sia la dinamica del sinistro che escludeva la colpa degli assistiti che i danni fisici e materiali. Tuttavia, nonostante l'avvocato avesse rassicurato più volte le parti del corretto svolgimento del mandato, in realtà "non aveva posto in essere alcuna condotta di adempimento, sicché risultava evidente la sua negligenza".

A questo punto, sulla base di un giudizio prognostico, il danno da risarcire è stato calcolato dal Tribunale tenendo conto di quanto la vittima avrebbe ottenuto quale ristoro dei danni subiti, quantificati in modo equitativo.

Proposto ricorso, il legale ha lamentato la violazione dell'articolo 115 c.p.c, e dell'articolo 2697 c.c. La quantificazione del danno fisico sarebbe avvenuta senza indicare la natura e l'entità delle lesioni riportate e la sussistenza di postumi permanenti e con quale grado percentuale di invalidità permanente.

Un motivo accolto dalla II Sezione civile secondo cui la quantificazione del danno necessita di una adeguata motivazione, "rimanendo fermo il dovere del giudice del merito di dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto al risultato finale della liquidazione, in ordine al quale egli deve considerare tutte le circostanze del caso concreto e, specificamente, quali elementi di riferimento pertinenti, l'attività espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato, la gravità delle lesioni e degli eventuali postumi permanenti (n. 20320 del 2005)".

La motivazione del Tribunale invece si è limitata a richiamare la giurisprudenza in tema di responsabilità professionale dell'avvocato per omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente. In questi casi, spiega la sentenza, opera la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile" da applicarsi non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa (n. 25112 del 2017).

Una volta stabilito che il danno da risarcire corrispondeva al probabile esito positivo della richiesta di risarcimento del danno per l'incidente stradale di cui al mandato professionale, il Tribunale aveva l'obbligo di motivare la liquidazione equitativa, indicando i criteri adoperati e gli elementi di fatto valorizzati, criteri ed elementi rispetto ai quali doveva fornire la dimostrazione della loro attinenza alla liquidazione, pur senza essere tenuto a una dimostrazione minuziosa e particolareggiata degli elementi valorizzati (n. 3191/2006).

Infine la Corte ha accolto anche il diverso motivo che lamentava come il Tribunale, quale giudice dell'appello, fosse andato oltre la domanda, in quanto gli attori avevano agito dinanzi al giudice di pace competente per valore nei limiti di euro 5.000 in relazione alla domanda di risarcimento che non aveva a oggetto un danno prodotto dalla circolazione di veicoli, quanto piuttosto la responsabilità dell'avvocato nell'espletamento del mandato professionale.

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