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Infiltrazioni dal lastrico, paga il condominio a meno di un titolo certo del singolo

Per la Cassazione, sentenza n. 30791 depositata oggi, non basta il Regolamento condominiale. In caso di non abitabilità, poi, la prova dei danni può essere fornita anche mediante presunzioni

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di Francesco Machina Grifeo

 

La Cassazione, sentenza n. 30791 depositata oggi, affrontando una controversia per infiltrazioni dal lastrico solare di un edificio, afferma la necessità di una prova rigorosa per escludere la natura condominiale delle cd. “parti comuni”, per come indicate dal codice civile. E chiarisce anche che in caso di perdita delle disponibilità dell’immobile la prova dei danni patiti può essere fornita mediante presunzioni.

È stato così accolto il ricorso dei proprietari di un appartamento all’interno di un palazzo di Palermo che chiedevano, a un condomino e al condominio, il risarcimento dei danni patiti per infiltrazioni dal terrazzo di copertura dell’edificio. In primo grado, il Tribunale di Palermo diede loro ragione; la Corte di appello però riformò parzialmente la decisione affermando la carenza di legittimazione del condominio, in quanto il Regolamento condominiale, in deroga all’art. 1126 c.c., prevedeva che i lastrici solari fossero di proprietà esclusiva dei singoli appartamenti dai quali avevano accesso.

La II Sezione civile ricorda che il lastrico assolve alla primaria funzione di copertura dell’edificio e rientra dunque nel novero delle parti comuni, “salva la prova contraria che, però, deve essere fornita in modo chiaro ed univoco, attraverso una espressa riserva di proprietà”. Principi, prosegue la decisione, a cui non si è uniformata la Corte di merito, che ha tratto la prova della proprietà esclusiva dall’art. 2, lett. c) del Regolamento condominiale, che pone le spese di manutenzione delle terrazze a carico del proprietario dell’appartamento di cui costituisce proiezione.

La prova della proprietà del lastrico, argomenta la Cassazione, doveva avvenire, invece, attraverso un titolo idoneo. Per tale intendendosi “l’atto costitutivo dello stesso Condominio, ossia il primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto, con conseguente frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali”. Si tratta dunque di un atto che deve contenere “elementi tali da includere l’alienazione del diritto di condominio, non rilevando a tal fine quanto stabilito nel regolamento condominiale, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d’acquisto trascritto, o di regolamento approvato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti dagli atti di acquisto. Nel caso di specie, al momento della vendita, il regolamento era richiamato per relationem, mentre avrebbe dovuto essere allegato come parte integrante al primo atto d’acquisto trascritto.

Quanto poi al danno per il mancato godimento del bene, il giudice di secondo grado ha affermato la mancata prova di offerte di locazione o di vendita. Sul punto, la Cassazione richiama la nota pronuncia delle S.U. n. 33645/2022, che, in tema di prova del danno da perdita di godimento del bene, ha ammesso la prova presuntiva. La decisione presa per la diversa ipotesi di occupazione senza titolo “trova applicazione – si legge - anche nelle ipotesi in cui la perdita della disponibilità/godimento sia dovuta alla inagibilità dell’immobile in conseguenza dell’attività colposa di terzi”.

In definitiva, per la Suprema corte vanno affermati due principi di diritto. Il primo afferma: “L’individuazione delle parti comuni, come i lastrici solari, emergente dall’art. 1117 c.c., ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell’atto costitutivo del Condominio, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l’alienazione del diritto di condominio”.

Il secondo chiarisce che “nell’ipotesi di perdita della disponibilità e del godimento dell’immobile in conseguenza dell’attività colposa di terzi, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito, sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato; a fronte della specifica contestazione del convenuto, la prova può essere fornita anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza” .

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