Civile

Insider trading: il 13 aprile la sentenza della Consulta sul diritto al silenzio

La Corte costituzionale torna sulle questioni sorte dopo la sentenza della Corte Ue che ha riconosciuto il diritto al silenzio nell'ambito dei procedimenti davanti alla Consob

di Simona Gatti

Abuso di informazioni privilegiate: la Corte costituzionale tra pochi giorni si esprimerà sulla questione del diritto al silenzio nei confronti della Consob. L'ufficio stampa della Consulta oggi ha comunicato che nella prossima udienza pubblica del 13 aprile la Corte esaminerà le questioni sorte dopo la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 febbraio 2021, nella causa C-481/19, con la quale è stata riconosciuta l'esistenza, in capo alle persone fisiche, di un diritto al silenzio nell'ambito dei procedimenti davanti alla Consob per gli illeciti amministrativi di abuso di mercato.

In attesa della decisione della Consulta ricordiamo che la vicenda ha avuto origine da una iniziale ordinanza della Corte di cassazione (ordinanza 3831/2018) relativa a un procedimento amministrativo per l'illecito di abuso di informazioni privilegiate, in cui una persona fisica era stata sottoposta a una pesante sanzione pecuniaria per non avere risposto alle domande della Consob su operazioni finanziarie sospette. L'interessato aveva impugnato la sanzione, sostenendo di aver esercitato il diritto costituzionale di non rispondere a domande da cui sarebbe potuta emergere la propria responsabilità.

Con la stessa ordinanza la Suprema corte ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli articoli 187-quinquiesdecies e 187-sexies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria). La Corte costituzionale chiamata in causa ha investito della questione i giudici europei che come abbiamo detto hanno riconosciuto l'esistenza di un diritto al silenzio, poiché la Direttiva 2003/6/CE e il Regolamento (UE) n. 596/2014, in tema di abusi di mercato, permettono agli Stati membri di rispettare tale diritto nell'ambito di un'indagine suscettibile di portare all'accertamento della responsabilità della persona per un illecito passibile di sanzioni amministrative con carattere penale. Secondo la Corte Ue dunque spetta agli Stati membri garantire che una persona fisica non possa essere sanzionata per il suo rifiuto di fornire risposte di questo tipo all'autorità competente.

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