Famiglia

L'abitudine del figlio di tornare nella casa familiare il weekend giustifica l'assegnazione

La presenza nei fine settimana integra la coabitazione col figlio maggiorenne non autonomo

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di Paola Rossi

Il ritorno settimanale del figlio maggiorenne non ancora autosufficiente presso la casa familiare assegnata al genitore collocatario, ma non proprietario del bene, integra il requisito della coabitazione tra i due. E giustifica quindi il mantenimento dell'assegnazione dell'immobile stabilito in sede di separazione. Sul punto la Corte di cassazione con la sentenza n. 23473 depositata oggi , ha respinto gli argomenti del ricorso incidentale del padre divorziato contro il diritto del figlio a godere della casa dove è cresciuto. La Corte ha, infatti, escluso che vi fosse la lamentata disparità di trattamento con gli altri due fratelli , anche loro maggiorenni, ma economicamente autonomi . E hanno affermato l'effettiva coabitazione con la madre.

Il ricorso principale - Il giudizio di legittimità era, in effetti, stato introdotto dalla moglie divorziata che in appello si era vista decurtare l'assegno divorzile da 2.000 a 400 euro. I giudici di appello avevano, invece, disatteso la contestazionedel padre e confermato il mantenimento della casa coniugale da parte della donna in ragione della convivenza col figlio maggiorenne non ancora indipendente economicamente. E confermavano pure l'assegno di 2.000 euro al figlio, comprensivo delle spese straordinarie. Il ricorso della donna divorziata, che contestava la decurtazione dell'assegno in proprio favore, si appuntava sulla circostanza, secondo lei non adeguatamente valutata dai giudici di merito, della lunga durata del matrimonio e del suo personale sacrificio lavorativo che non le avrebbe consentito di realizzare entrate economiche in proprio e mai raggiunte, appunto. La donna faceva rilevare anche la disparità patrimoniale tra lei e l'ex marito sia a seguito di attribuzioni ereditarie che grazie all'apporto del proprio lavoro casalingo e alla conduzione della vita familiare. La Cassazione respinge le valutazioni della ricorrente principale affermando che anche se la decisione precedeva la famosa sentenza del 2018, vero spartiacque rispetto al passato, i giudici di merito avevano di fatto tenuto conto di tutti i criteri che le sezioni Unite avevano indicato come gli unici presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile. Per cui la pesante decurtazione subita dalla ricorrente non aveva violato i canoni di legittimità.

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