Civile

L’accusa di un “non reato” non integra la fattispecie della calunnia

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di Giuseppe Amato


La Cassazione, con la sentenza della Sezione VI penale n. 26542/2015 , esclude la sussistenza dell' elemento materiale del reato di calunnia (articolo 368 del Cp) nel comportamento di colui il quale, qualunque sia stato il suo proposito nell'accusare falsamente un innocente, attribuisce a questo una condotta che non corrisponde a una determinata fattispecie legale di reato. Infatti, sostiene la Corte, la calunnia è incolpazione di reati effettivi, e non di reati putativi, con la conseguenza che, se il fatto attribuito, così come descritto, non costituisce reato e integra, al massimo, un illecito deontologico o disciplinare, la configurabilità della calunnia resta esclusa. Né ha rilievo che il denunziante abbia o no indicato un preciso nomen iuris e si sia apertamente proposto di provocare l'apertura di un procedimento penale in pregiudizio dell'incolpato, avendo ravvisato, in forza di distorte ma convinte opinioni giuridiche, nell'altrui operato azioni od omissioni costitutive di reato.


Respinto il ricorso - Da queste premesse, è stato respinto il ricorso avverso la sentenza che aveva mandato assolto dal reato di calunnia l'imputato, il quale si era limitato a denunziare alla Procura della Repubblica il comportamento del suo difensore che non aveva partecipato ad una camera di consiglio, senza aggiungere che tale comportamento gli aveva cagionato un qualsiasi nocumento, come il rigetto di un'istanza o il mancato conseguimento di un beneficio: cosicchè, secondo la Corte, esattamente era stata esclusa la calunnia perché la accusa non corrispondeva concettualmente al paradigma normativo del reato di patrocinio infedele. L'affermazione è convincente giacchè, va ricordato, ai fini della configurabilità del reato di calunnia, l'incolpazione deve riguardare un fatto che, alla stregua del contenuto narrativo della denuncia, corrisponda in ogni suo estremo ad una determinata fattispecie legale di reato.

Conclusioni - Logica conseguenza è che l'assenza di un simile presupposto rende irrilevante il nomen iuris di un reato eventualmente assegnato dal denunciante al fatto addebitato all'incolpato (Sezione VI, 8 aprile 2010, Procura generale d’Appello di Perugia in processo Spezi e altro; Sezione VI, 10 marzo 2008, Esposito ed altro). Ciò che implica l'irrilevanza di un fatto che mai avrebbe potuto e potrebbe avere rilevanza penale in ragione delle soglie di punibilità che ricorrono per poter attribuire valenza penale all'omissione

Corte di Cassazione – Sezione VI penale – sentenza 16 -24 giugno 2015 n. 26524

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