L'assegno divorzile si fonda solo sulla solidarietà post-coniugale e non sul tenore di vita matrimoniale
La misura dell'assegno convenuta in sede di separazione non può, quindi, costituire un parametro vincolante per la successiva fase divorzile
«La finalità dell'assegno divorzile non è quella di consentire ai coniugi di vivere allo stesso modo e di conservare lo stesso tenore di vita in costanza di matrimonio, ma di permettere al coniuge richiedente di raggiungere un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate». La Cassazione (ordinanza n. 9824/23), entrando nel merito dei fatti, ha ricordato che l'ex marito aveva un reddito mensile medio pari a 26.432 euro, ma gravato da vari finanziamenti (circa 15.000 euro mensili) oltre a essere proprietario della casa familiare e di abitazione a Courmayer. La ex moglie, invece, aveva una età (nata nel 1973) che le consentiva ancora di inserirsi nel mondo del lavoro e che aveva aperto uno studio professionale nel 2017, con redditi annui di circa 1.284 euro mensili. Era, inoltre, proprietaria della casa in cui viveva a Milano, gravata da un mutuo, nonché di un'abitazione a Courmayeur che aveva ricevuto in sede di separazione. Inoltre la stessa aveva ricevuto dal marito in sede di separazione la somma di 800.000 euro.
Alla luce di quanto già versato dal marito in fase di separazione la Cassazione non ha riconosciuto ulteriori somme da corrispondere alla moglie (in più rispetto a quelle già versate a titolo di divorzio). I Supremi giudici a tal proposito hanno ricordato che non può attribuirsi valore dirimente alla circostanza che l'assegno di separazione sia stato a suo tempo convenzionalmente fissato in misura maggiore a quanto riconosciuto a titolo di assegno divorzile. Assegno di separazione e assegno di divorzio, infatti, hanno natura, funzioni e presupposti diversi e mentre il primo è fondato sulla persistenza del dovere di assistenza morale e materiale, e quindi tende alla conservazione del tenore di vita coniugale, il secondo è fondato sulla solidarietà post-coniugale che va necessariamente coniugata con il principio di autoresponsabilità, ed è oggi definitivamente svincolato dal criterio del tenore di vita.
La misura dell'assegno convenuta in sede di separazione non può, quindi, costituire un parametro vincolante, con maggior ragione tenendo conto del fatto che le attribuzioni operate al momento della separazione hanno già in parte realizzato la funzione di compensare il contributo dato dalla moglie al ménage familiare.