L'assicurazione disconosce senza querela di falso la polizza non registrata e priva del timbro
La compagnia di assicurazione non rimborsa il premio della polizza vita asseritamente pagato in contanti a intermediario non abilitato a stipulare tale tipo di contratto e soprattutto attraverso l'utilizzo di un modulo privo della stampigliatura della società.
La Cassazione - La Corte di cassazione ha accolto con l'ordinanza n. 6650/2020 il ricorso di un'assicurazione che si era opposta alla richiesta di restituzione del premio di ben 27mila euro in quanto non vi era traccia per l'assicurazione del pagamento effettivo da parte dell'assicurata richiedente e risultava non autorizzata la società intermediaria per il ramo dell'assicurazione vita. La falsità del modulo contrattuale privo degli elementi normalmente richiesti nella prassi della compagnia assicurativa non poteva imporre a quest'ultima di querelare per falso essendo sufficiente per un documento di per sé privo di autonoma forza probatoria procedere al disconoscimento in sede processuale del contratto, di fatto una scrittura privata.
Querela di falso o disconoscimento - Proprio su questa necessità di una pregiudiziale querela di falso affermata dai giudici di merito, la Cassazione ha fondato l'annullamento con rinvio della sentenza negando che si trattasse di un passaggio obbligatorio per l'assicurazione che si era opposta alla richiesta di rimborso. I giudici di merito avevano infatti cristallizzato la validità del modulo contrattuale perché la società aveva mancato di querelare per falso gli autori. Non scatta perciò di fronte a un documento solo apparentemente proveniente dal soggetto indicato, ma di fatto grossolanamente incompleto e irregolare, la responsabilità del committente per il fatto dell'agente a norma dell'articolo 2049 del Codice civile. È invece ammissibile la presa in considerazione come indizio.
Le fasi di merito - Il tribunale inizialmente adito dall'assicurata a fronte del rifiuto opposto dall'assicurazione, aveva rigettato la domanda perché mancava prova del danno, cioè dell'effettivo versamento dei contanti. E perché l'assicurazione aveva tempestivamente disconosciuto polizza e quietanza di pagamento. Al contrario l'attrice né aveva prodotto gli originali né aveva fatto istanza di verificazione. Ma in appello, invece, l'assicurazione è stata riconosciuta pienamente responsabile ex articolo 2049 del Codice civile. Infatti, i giudici di secondo grado avevano affermato la possibilità del disconoscimento solo per scritture provenienti da una delle parti in processo, cui appunto non partecipava l'agente, che sosteneva vi fosse stata la prassi dei pagamenti in contanti e che identiche quitenze di pagamento da lui prdotte fossero state ammesse in più occasioni dalla compagnia .
Corte di cassazione – Sezione III civile – Ordinanza 9 marzo 2020 n. 6650