Professione e Mercato

L'industria della moda al test dell'e-commerce

Un complesso sistema normativo a tutela del consumatore, privacy, concorrenza e immagine, accompagna il processo di "trasformazione digitale" dei marchi della moda. Sotto la lente l'importante impatto ambientale degli acquisti elettronici

di Daniela Della Rosa*

Durante la settimana della moda, lo shopping è un ingrediente fondamentale. Le vendite sono stimolate utilizzando ogni canale: siti istituzionali, eventi, social network. Alcuni studi dimostrano che lo shopping attraverso applicazioni telefoniche è in testa agli acquisti di abbigliamento e accessori, ed entro il 2025 le vendite online di prodotti raggiungeranno quasi 300 miliardi di dollari di vendite.
I marchi di moda stanno investendo sempre di più nella "trasformazione digitale" per offrire ai consumatori prodotti e servizi innovativi, dalle sfilate alle esperienze nello shopping in un complesso sistema normativo che negli anni si è evoluto fortemente per contemperare la tutela del consumatore, la privacy, il diritto della concorrenza, il diritto di immagine e d'autore. Non di meno, sotto il profilo ambientale l'e-commerce è un'arma a doppio taglio che, se non utilizzata in modo consapevole, può vanificare l'obiettivo finale del settore moda di essere più sostenibile, dalla creazione alla vendita.

COME IL COMMERCIO ELETTRONICO HA TRASFORMATO L'INDUSTRIA DELLA MODA

In occasione della settimana della moda a Milano vale la pena notare che i marchi che ancora organizzano sfilate fisiche stanno ripensando a come trasformare uno strumento di marketing in un ulteriore canale di vendita. Il modello see-now, buy-now è diventato vincente grazie a siti come Runway360 (che facilita l'e-commerce, i pre-ordini e gli acquisti all'ingrosso per i marchi), alle piattaforme sociali come Instagram e TikTok. L'anno scorso, grazie ai partner tecnologici di e-commerce e livestreaming, Boozt e Bambuser, è stato lanciato lo shopping in livestream per le collezioni presentate durante la settimana della moda di Stoccolma. L'e-commerce ha trasformato l'industria della moda al punto che i marchi in grado di adattarsi e innovare i propri canali di distribuzione hanno definito attraverso questi il loro posizionamento. La legislazione ha accompagnato questo processo.

La pietra miliare è stata la Electronic Commerce Directive dell'UE 2000/31/CE , "che ha costituito la pietra angolare per la regolamentazione dei servizi digitali nel mercato unico europeo", e da allora la legge non ha fatto che evolversi.

Nel 2015, l'UE ha lanciato la Digital Single Market Strategy per abbattere le barriere, normative e promuovere le opportunità online in Europa. L'obiettivo era garantire ai consumatori e alle imprese un migliore accesso ai beni e ai servizi online in tutta Europa e ridurre il divario tra il mondo online e quello offline.

Recentemente, l'UE ha approvato due atti legislativi fondamentali: il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA).

Il DSA disciplina gli obblighi dei servizi digitali che agiscono come intermediari nel loro ruolo di collegamento tra i consumatori e i beni, i servizi e i contenuti, ovvero i mercati online, c.d. marketplace. Questa normativa è volta a favorire un ambiente migliore per l'innovazione, la crescita e la competitività nel settore digitale.

Da parte sua, il DMA stabilisce un'ampia gamma di obblighi per i "gatekeepers" dei servizi di base delle piattaforme in relazione ai dati, alla pubblicità, al commercio elettronico, all'interoperabilità e al rapporto commerciale tra fornitori di servizi, clienti e utenti finali. Per esempio, i rivenditori online devono ora evidenziare i casi in cui mostrano ai consumatori prezzi personalizzati, cioè prezzi che sono adattati su base individuale in base ad un algoritmo che utilizza dati o caratteristiche personali.

Da ultimo la Commissione ha annunciato norme a livello europeo per porre fine alla discriminazione online sulla base della nazionalità o del luogo di residenza, oltre a ridurre i prezzi di consegna dei pacchi transfrontalieri.

IL LATO "AMBIENTALE" DELL'E-COMMERCE

Il commercio elettronico ha reso lo shopping una forma d'intrattenimento costantemente disponibile, contribuendo in modo significativo all'aumento delle vendite, fondamentali per la sostenibilità del business, ma con un importante impatto ambientale. Gli acquisti online aumentano in modo esponenziale l'uso di imballaggi, sia di cartone che di plastica, aumentano le emissioni di carbonio per il trasporto delle merci, incentivano gli sprechi.

Eppure l'anno scorso, il Real Estate Innovation Lab del MIT ha pubblicato uno studio che ha misurato le emissioni di gas serra dei consumatori durante gli acquisti online e offline, evidenziando che lo shopping online è più sostenibile di quello tradizionale nel 75% dei casi. In realtà, l'e-commerce ha reso più facile lo shopping, stimola acquisti impulsivi, con la conseguenza che aumentano i resi. Un articolo restituito significa raddoppiare i trasporti, e triplicarla se l'obiettivo è sostituire l'articolo con un altro. In poche parole, gli acquisti online hanno di solito un tasso di restituzione più elevato rispetto agli acquisti tradizionali. Senza contare il numero di resi che finiscono in discarica perché non possono essere rivenduti e il ricondizionamento è troppo costoso.

Non dimentichiamo che l'industria della moda è la seconda più inquinante al mondo: sovrapproduzione, gestione delle discariche e dei rifiuti, emissioni di CO2, consumo di acqua e, in alcuni casi, sfruttamento dei lavoratori fanno parte della catena del valore.

Per questa ragione il legislatore europeo ha elaborato la Strategy for Sustainable and Circular Textiles, che copre l'intero ciclo di vita dei prodotti tessili, sostenendo l'ecosistema nelle transizioni verdi e digitali. La Strategia affronta il modo in cui i prodotti tessili vengono progettati e consumati, considerando anche le soluzioni tecnologiche più sostenibili e i modelli di business più innovativi. Attua gli impegni presi nell'ambito del Green Deal europeo, del nuovo Circular Economy Action Plan e della Industrial Strategy, e "mira a creare un settore più verde, più competitivo e più moderno, più resistente agli shock globali".

Anche a seguito di queste normative le piattaforme Amazon e Zalando stanno attuando misure per ridurre il loro impatto ambientale, per esempio offrendo borse riutilizzabili, ottimizzando l'uso dei materiali d'imballaggio ed eliminando le materie plastiche monouso.

CONSIDERAZIONI FINALI

Il diritto della moda regolamenta un'attività molto vasta, dai diritti dei consumatori ai diritti ambientali, sia in ambito analogico che digitale. La conoscenza dettagliata di ognuna di queste norme e della loro applicazione in ambito tecnologico è diventato fondamentale per competere e avere successo nel settore della moda e del lusso.

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*A cura di Avv. Daniela Della Rosa – Partner Studio Legale Internazionale Curtis, Mallet-Prevost, Colt & Mosle LLP

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