Penale

L’integrativa che riduce le imposte fa scattare la dichiarazione infedele

La rettifica dimostra la volontà di non pagare e non di correggere errori

di Antonio Iorio

La dichiarazione integrativa che riduce le imposte indicate originariamente è rilevante ai fini penali. A fornire questo principio è la Cassazione con la sentenza n. 10726.

Una società, dopo aver regolarmente presentato la dichiarazione dei redditi, ne inviava una integrativa indicando imposte a debito inferiori al fine di ridurre il versamento del dovuto. Il rappresentante legale della società veniva imputato e condannato per dichiarazione infedele in riferimento agli importi ridotti indicati nella successiva integrativa. L’imputato ricorreva così in Cassazione lamentando che ai fini della rilevanza penale, non valeva la dichiarazione integrativa ma solo quella annuale, originariamente presentata.

I giudici di legittimità, dopo aver riscontrato dagli atti la correttezza della sola prima dichiarazione, hanno rilevato che la rettifica in favore effettuata dall’amministratore della società, dimostrava la volontà di non pagare dolosamente le imposte e non già di correggere omissioni od errori.

L’articolo 4 del Dlgs 74/2000, che sanziona la dichiarazione infedele, include nel perimetro della fattispecie delittuosa non solo la “prima” dichiarazione presentata, ma anche le successive, integrative della prima, che intervengono entro il termine finale previsto per quella annuale.

La Suprema Corte ha così evidenziato che la ratio della norma incriminatrice è di reprimere, in ambito tributario, le infedeltà dichiarative produttive di significative evasioni fiscali. Pertanto sarebbe paradossale escludere dall’area della rilevanza penale le integrative riferite alla medesima annualità perché così ragionando sarebbe sufficiente per ogni contribuente presentare prima una dichiarazione veritiera e poi una falsa in riduzione delle somme da versare.

È stato così conclusivamente affermato che le dichiarazioni integrative rientrano nel campo dell’articolo 4 del Dlgs 74/2000 qualora, ove siano superate le soglie di punibilità contemplate dal legislatore, introducano elementi attivi non conformi a quelli effettivi o elementi passivi inesistenti.

Da ciò consegue anche che il dies a quo della prescrizione va individuato nel momento della presentazione non della prima dichiarazione, dato che risulta priva di indicazioni mendaci, ma di quella integrativa, poiché è l’unica ad essere falsa e quindi corrisponde al momento in cui ha avuto luogo la consumazione del reato.

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