La Cassazione detta le regole per stabilire la competenza in tema di reati associativi
In tema di associazione per delinquere, anche se di tipo mafioso o finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, la competenza territoriale, in caso di connessione con i reati fine, deve essere determinata ai sensi dell'articolo 16, commi 1 e 3, del Cpp, ossia con riferimento al più grave dei reati connessi. Invece, quando si procede per il reato di associazione per delinquere, anche di tipo mafioso o finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, da solo o connesso con reati fine meno gravi di quello associativo, la competenza per territorio deve essere determinata, in base all'articolo 8, comma 3, del Cpp. Lo ribadisce la Cassazione con la sentenza n. 33724 del 2016.
I giudici della sezione II penale ricordano che a tale riguardo, occorre fare riferimento, dapprima, se conosciuto, al luogo in cui i sodali si sono consociati dando vita all'associazione medesima (pactum sceleris), giacché ai fini della consumazione del reato è sufficiente il raggiungimento dell'accordo criminale fra i compartecipi.
Quando, però, non sia possibile individuare il luogo della pattuizione che ha dato vita al reato associativo, la competenza territoriale va individuata, in via gradata, avendo riguardo al luogo in cui l'operatività dell'associazione si è manifestata per la prima volta, prima ancora della commissione dei reati fine (individuazione di una base operativa, di un centro decisionale, di un luogo di incontro): l'articolo 8, comma 3, del Cpp, infatti, per il reato permanente, quale è quello associativo, valorizza, per stabilire la competenza, il luogo in cui la consumazione ha avuto inizio.
Se anche tale criterio è insufficiente, in via ulteriormente residuale, l'individuazione del giudice territorialmente competente dovrà avvenire avendo riguardo al luogo in cui è stato commesso il primo reato fine, e ciò sempre avendo riguardo alla menzionata regola dettata dall'articolo 8, comma 3, del Cpp, che valorizza il momento iniziale della consumazione.
La competenza in tema di reati associativi - La Cassazione detta le regole per stabilire la competenza in tema di reati associativi. Nel caso di connessione tra la fattispecie associativa con i reati fine, la disciplina applicabile è rinvenibile nell'articolo 16, commi 1 e 3, del Cpp, ossia facendo riferimento al più grave dei reati connessi. Più articolata è invece la disciplina, rinvenibile nell'articolo 8, comma 3, del Cpp, allorquando si procede per il solo reato associativo o per il reato associativo connesso con reati fine meno gravi. A tale riguardo, occorre fare riferimento, dapprima, se conosciuto, al luogo in cui i sodali si sono consociati dando vita all'associazione medesima (pactum sceleris), giacché ai fini della consumazione del reato è sufficiente il raggiungimento dell'accordo criminale fra i compartecipi.
Si tratta, peraltro, osserva la Corte, di un momento psicologico o meramente volitivo difficilmente ricostruibile e databile, perché la condotta manifestativa della volontà associativa non sempre si estrinseca in forme sacramentali (come avviene, ad esempio, nei riti di affiliazione a determinate associazioni criminali particolarmente strutturate). In tale evenienza, allora, quando cioè non sia possibile individuare il luogo della pattuizione che ha dato vita al reato associativo, la competenza territoriale va individuata, in via gradata, avendo riguardo al luogo in cui si è manifestata per la prima volta l'effettiva operatività del sodalizio (l'articolo 8, comma 3, del Cpp, per il reato permanente, quale è quello associativo, valorizza, infatti, per stabilire la competenza, il luogo in cui si è la consumazione ha avuto inizio, ossia il luogo in cui si è manifestato il primo atto di consumazione del reato obiettivamente riscontrato: si tratta di una regola diametralmente opposta a quella, espressamente gradata e residuale, dettata dall'articolo 9, comma 1, del Cpp, dove si valorizza l'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione).
Per dare concretezza all'indicazione normativa, secondo la Cassazione, molteplici possono essere gli elementi fattuali valorizzabili, desunti, ad esempio, dal raggiungimento dell'accordo illecito, dal rinvenimento di un covo dell'associazione, di depositi di armi o munizioni o di attrezzature utili alla commissione dei reati programmati, ovvero, nelle associazioni più strutturate, in cui sia possibile ravvisare l'esistenza di una vera e propria cupola, dal luogo fisico in cui l'associazione si riunisce e assume le proprie decisioni operative.
Tali elementi, a prescindere dal tempo in cui sono scoperti o accertati, prevalgono sul luogo di commissione dei singoli reati fine riferibili all'associazione, perché il sodalizio prende vita già solo con il raggiungimento dell'accordo criminale fra i compartecipi. Se anche tale criterio è insufficiente, conclude il ragionamento della Corte, l'individuazione del giudice territorialmente competente, in via ulteriormente residuale, dovrà avvenire avendo riguardo al luogo in cui è stato commesso il primo reato fine, e ciò sempre avendo riguardo alla menzionata regola dettata dall'articolo 8, comma 3, del Cpp, che valorizza il momento iniziale della consumazione.
Corte di cassazione – Sezione II penale – Sentenza 2 agosto 2016 n. 33724