Famiglia

La Cassazione ridimensiona la "sindrome di alienazione parentale" (PAS): non basta una astratta prognosi per l'affido super-esclusivo

Nota all' ordinanza 13217 del 17 maggio 2021

di Avvocato Francesca Perego Mosetti *

Con l'ordinanza del 17.05.2021 n.13217 la Corte di Cassazione, tornando ad occuparsi della PAS, nell'ambito di un contenzioso avente ad oggetto l'affidamento super-esclusivo della figlia minore di 6 anni, disposto in favore del padre e motivato dalla condotta della madre, ritenuta particolarmente conflittuale e finalizzata alla estraniazione della minore dal padre, ha affermato che non basta una astratta prognosi circa le capacità genitoriali della madre, fondata su qualche episodio negativo anche grave, per addivenire ad una diagnosi di sindrome della madre malevola o di alienazione genitoriale.

I Supremi Giudici sono stati, infatti, investiti della questione dalla madre della piccola, dopo che la Corte di Appello di Venezia, in riforma del decreto del Tribunale di Treviso (che aveva negato l'affido super-esclusivo della figlia minore della coppia, disponendone, invece, l'affido esclusivo al padre -con regolamentazione delle visite della madre, divieto di incontri della minore con la nonna materna e conferma a carico del padre dell'assegno di mantenimento in favore della madre, oltre alla quota per le spese-) aveva disposto l'affido super-esclusivo della minore al padre, con revoca del contributo al mantenimento a carico di quest'ultimo e regolamentazione del diritto di visita della madre secondo i criteri dettati. La Corte territoriale approda a questa decisione, sul presupposto che le due consulenze tecniche d'ufficio espletate avevano evidenziato, non solo la forte conflittualità tra i genitori, ma anche una grave carenza della capacità genitoriale della madre, visto che la condotta di quest'ultima era finalizzata all'estraniazione della minore dal padre, ovvero ad allontanarla da quest'ultimo.

La Suprema Corte ha accolto i motivi di ricorso presentati dalla madre, rimettendo al centro i fatti e le capacità di accudimento ed evidenziando, da un lato, la mancata verifica da parte della Corte territoriale del fondamento, sul piano scientifico, degli elaborati peritali che presentino devianze dalla scienza medica ufficiale, e dall'altro, la mancata esplicitazione degli specifici pregiudizi per lo sviluppo psicofisico della minore, in assenza di valutazione delle possibili conseguenze di una brusca sottrazione della bambina dalla madre.

Dando continuità al proprio orientamento in tema di affidamento dei figli minori, la Cassazione ha ribadito il principio secondo il quale: "qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (PAS), ai fini della modifica della modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità del fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena" (Cass. n.6919/16). Rispetto al peso decisionale della consulenza peritale, la Cassazione ribadisce che: "nei giudizi in cui sia stata esperita CTU medico-psichiatrica (allo scopo di verificare le condizioni psico-fisiche del minore e conclusasi con un accertamento diagnostico di sindrome dell'alienazione parentale) il giudice di merito, nell'aderire alle conclusioni dell'accertamento peritale, non può, ove all'elaborato siano state mosse specifiche e precise censure, limitarsi al mero richiamo alle conclusioni del consulente, ma è tenuto -sulla base delle proprie cognizioni scientifiche, ovvero avvalendosi di idonei esperti e ricorrendo anche alla comparazione statistica per casi clinici- a verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale e che risulti, sullo stesso piano della validità scientifica, oggetto di plurime critiche e perplessità da parte del mondo accademico internazionale, dovendosi escludere la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare".

Nel caso di specie, la Suprema Corte, quindi, fermi i principi sopra richiamati, ha ritenuto che la condotta della madre, tesa ad estraniare la figlia dal padre -sostanzialmente ricondotta alla cd. PAS ovvero alla cd. "sindrome della madre malevola"- e la evidenziata conflittualità con l'ex partner non potessero costituire fatti pregiudizievoli per la minore, tenuto, comunque, conto del controverso fondamento scientifico della sindrome PAS, cui le CTU hanno fatto riferimento, senza alcuna riflessione sulle critiche emerse nella comunità scientifica circa l'effettiva sussumibilità della predetta sindrome nell'ambito delle patologie cliniche.

La Cassazione ha altresì ribadito che in materia di affidamento dei figli minori, "il giudice deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il miglior sviluppo della personalità del minore. L'individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio, che potrà fondarsi sulle modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull'apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente che è in grado di offrire al minore".

Ciò posto, la Suprema Corte, pur precisando di non poter entrare nel merito della fondatezza scientifica della cd. PAS, ha cassato con rinvio la decisione della Corte di Appello di Venezia, non avendo rinvenuto nei comportamenti ascritti alla madre (ovvero qualche episodio attraverso cui la stessa avrebbe tentato di impedire che il padre incontrasse la bambina) la gravità legittimante la pronuncia impugnata, in assenza di accertate, irrecuperabili carenze d'espressione delle capacità genitoriali nonchè di valutazione del positivo rapporto madre-figlia e delle conseguenze sulla minore del cd. "super affido" della medesima al padre, in ordine alla rilevante attenuazione dei rapporti con la madre in un periodo così delicato per lo sviluppo fisico-psichico della bambina.

*a cura dell'avvocato Francesca Perego Mosetti , Partner 24 ORE Avvocati

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