La Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano elabora tre massime contenenti interpretazioni che agevolano la ricapitalizzazione delle imprese (PARTE II)
Secondo la commissione società la sospensione degli obblighi in materia di riduzione del capitale prevista dall'art. 6 decreto liquidità è applicabile anche alle perdite verificatesi prima dell'emergenza covid-19
Con la massima n. 191 pubblicata in data 16 giugno 2020 , la Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano affronta la questione della sospensione della disciplina in materia di riduzione obbligatoria del capitale a copertura di perdite risultante dalla disposizione "temporanea" introdotta dall'art. 6, d.l. n. 23/2020 (conv. in l. n. 40/2020, c.d. "Decreto Liquidità") per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in forza della quale "a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto [9 aprile 2020] e fino al 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data":
(i) non si applicano le disposizioni che obbligano le società che abbiano subito una diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo in conseguenza di perdite a provvedere alla proporzionale riduzione del capitale qualora entro l'esercizio successivo le perdite stesse non siano diminuite a meno di un terzo (art. 2446 cc. 2 e 3 e art. 2482-bis cc. 4, 5 e 6 cod. civ.) ovvero, in caso di diminuzione del capitale al di sotto del minimo legale (Euro 50.000 per le S.p.A.; Euro 10.000 per le S.r.l.), a deliberare senza indugio la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo legale o, in alternativa, la trasformazione della società (art. 2447 e art. 2482-ter cod. civ);
(ii) non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale (artt. 2484, c. 1, n. 4 cod. civ. e art. 2545-duodecies cod. civ. per le cooperative).
Per effetto di tale disposizione, la Commissione Società ritiene legittime le deliberazioni di aumento di capitale a pagamento intervenute tra il 9 aprile 2020 e il 31 dicembre 2020 anche se non precedute dalla riduzione del capitale sociale a copertura delle perdite, ed anche qualora, ad esito dell'aumento di capitale, il patrimonio netto della società permanga inferiore ai due terzi del capitale sociale (artt. 2446 e 2482-bis cod. civ.) o al minimo legale (artt. 2447 e 2482-ter cod. civ.), ritenendo allo stesso modo legittime tutte le altre operazioni sul capitale o con effetti sul capitale sociale che richiederebbero il rispetto delle disposizioni in tema di riduzione obbligatoria del capitale sociale, ove applicabili.
La Massima ribadisce innanzitutto quanto già illustrato nella Relazione che ha accompagnato il Decreto Liquidità in ordine alla persistenza a carico dell'organo amministrativo (o, in difetto, a carico dell'organo di controllo) degli obblighi di rilevare l'esistenza di perdite qualificate, di convocare "senza indugio" l'assemblea (in linea di principio, si ritiene, entro 30 giorni), di predisporre una relazione quanto più possibile aggiornata sulla situazione patrimoniale della società munita delle osservazioni dell'organo di controllo (da lasciare depositata a disposizione dei soci presso la sede sociale negli 8 giorni che precedono l'assemblea), di sottoporre la relazione così predisposta all'esame dell'assemblea, dando in tale sede conto di eventuali eventi rilevanti avvenuti successivamente alla predisposizione della relazione, e ciò sia nel caso in cui per effetto di tali perdite il patrimonio netto si sia ridotto al di sotto dei due/terzi ma sia ancora superiore al capitale minimo previsto dalla legge (come espressamente contemplato dalla legge: art. 2446 c. 1 e art. 2482-bis cc. 1, 2 e 3 cod. civ.), sia nel caso in cui per effetto di perdite superiori a un terzo del capitale sociale il patrimonio netto sia inferiore al capitale minimo prescritto (art. 2447 e 2482-ter cod. civ.: ipotesi non testualmente contemplata dal codice ma ben più grave e che come tale richiede comunque che l'assemblea sia idoneamente e tempestivamente informata).
Permangono dunque gli obblighi "informativi" a carico degli amministratori, mentre ciò che risulta sospeso per effetto dell'art. 6 del Decreto Liquidità è il successivo obbligo per l'assemblea dei soci di adottare gli "opportuni provvedimenti" sul capitale volti ad eliminare o quantomeno a ridurre le perdite o ad eliminare la causa di scioglimento in caso di perdita integrale del capitale sociale, conservando peraltro la società la "facoltà" di provvedere a tali adempimenti.
Chiara è infatti la ratio della norma di "sterilizzare" l'obbligo "ricapitalizza o liquida o trasforma" normalmente gravante sulla società in situazione di perdite rilevanti la cui applicazione, in presenza di una crisi generalizzata derivante dalle conseguenze del COVID-19, avrebbe verosimilmente obbligato, e continuerebbe ad obbligare, un gran numero di imprese (anche performanti prima dell'emergenza) ad accertare il verificarsi della causa di scioglimento e a porre la società in liquidazione (o a deliberarne la trasformazione), a meno di riuscire a fare fronte ad onerose operazioni di ricapitalizzazione come detto rese più difficili visto lo scenario economico emergenziale.
La disposizione non è peraltro affatto chiara quanto all'ambito di applicazione temporale: la sospensione degli obblighi relativi al capitale sociale si applica (anche) in caso di perdite verificatesi in tutti gli esercizi chiusi prima del 31 dicembre 2020 e dunque anche negli esercizi 2018 e 2019? Oppure (solo) alle perdite verificatesi nel periodo 9 aprile/31 dicembre 2020 (e in questo caso, sempreché siano state causate dall'emergenza COVID-19)?
Gli interpreti si sono sostanzialmente divisi nell'interpretazione dell'art.6, dando luogo a due diversi orientamenti.
L'interpretazione "restrittiva" ritiene che sia applicabile la sospensione degli obblighi in materia di riduzione del capitale sociale solo per le perdite verificatesi dopo l'entrata in vigore del Decreto (9 aprile 2020) e solo per quelle causalmente riconducibili alla crisi data dall'emergenza COVID-19; tale orientamento troverebbe conforto nel tenore testuale della Relazione illustrativa che fa riferimento alla "perdita del capitale dovuta alla crisi da COVID-19 e verificatasi nel corso degli esercizi chiusi al 31 dicembre 2020". Tale orientamento è stato condiviso dal Tribunale di Catania secondo il quale l'intervallo temporale da prendere in considerazione "è esclusivamente quello compreso tra il 9 aprile 2020 e il 31 dicembre 2020 che, nel dettato normativo dell'art. 6 D.L. 23/2020, è considerato congiuntamente sia il periodo in cui sono state neutralizzate temporaneamente le norme societarie, sia l'ambito temporale in cui devono intervenire le "fattispecie" ivi indicate. Tale ricostruzione sembra maggiormente in linea con la voluntas legis di paralizzare per un determinato periodo di tempo le perdite cagionate dalla pandemia, e quindi quelle prodottesi dall'entrata in vigore del citato decreto e non quelle anteriori, che, per questo, nemmeno astrattamente si pongono in nesso di causalità con la crisi sopravvenuta di che trattasi" (decreto 28 maggio 2020; dello stesso avviso parte della dottrina ed anche la Fondazione Nazionale dei Commercialisti).
Secondo l'interpretazione "estensiva" la "sterilizzazione" delle perdite opererebbe non solo in caso di perdite maturate e dovute all'emergenza COVID-19 ma anche laddove le perdite si siano verificate precedentemente (e dunque anche relativamente all'esercizio 2019, o addirittura 2018, e non ancora ripianate), e ciò non solo sulla base del dato testuale della disposizione ma anche sulla base dell'interpretazione teleologica in forza della quale la ratio legis consisterebbe nell'incentivare il mantenimento in vita delle imprese in uno scenario di crisi generale: al di là della considerazione per cui sarebbe complesso determinare quali perdite siano derivanti dall'epidemia e quali no, limitare l'ambito di applicazione alle sole perdite successive al 9 aprile 2020 significherebbe, secondo tale tesi, ridurne notevolmente la portata, dal momento che l'emergenza COVID-19 non ha provocato solo le perdite del capitale sociale ma anche la difficoltà per le imprese di reperire le risorse per il ripianamento delle perdite, anche di quelle verificatesi prima del 9 aprile 2020. Viene segnalata a favore di tale orientamento una pronuncia del Tribunale di Bologna (decreto 13 maggio 2020, inedito); sostengono tale tesi il Consiglio Nazionale del Notariato (Settore Studi) nonché Assonime (Circolare n. 16 del 28 luglio 2020) e parte degli interpreti.
Con la Massima 191, la Commissione Società accoglie dunque l'interpretazione "estensiva" della disposizione, stabilendo il principio per cui la sospensione dell'obbligo di ricapitalizzazione in conseguenza di perdite e dell'operatività della causa di scioglimento si applica nel periodo dell'emergenza COVID-19 (9 aprile /31 dicembre 2020) "a prescindere da quale sia la data di riferimento del bilancio di esercizio o della situazione infra-annuale dai quali emergono le predette perdite", e, dunque, a prescindere dal fatto che le perdite siano maturate nel periodo 9 aprile/31 dicembre 2020 o siano causalmente riconducibili alle conseguenze dell'emergenza COVID-19, considerando quindi "sterilizzate" anche le perdite verificatesi in precedenza (ivi comprese quelle verificatesi nel corso dell'esercizio 2019, se non anche anteriori, non ancora riassorbite).
Si noti che sul tema in esame incide l'ulteriore disposizione emergenziale introdotta con l'art. 7 del Decreto Liquidità, poi traslata nell'art. 38-quater del d.l. n. 34/2020 conv. con legge n. 77/2020 (c.d. "Decreto Rilancio") che consente alla società
(i) nel predisporre i bilanci il cui esercizio è stato chiuso entro il 23 febbraio 2020 (vale a dire la data del primo provvedimento assunto per affrontare l'emergenza COVID-19) e non ancora approvati, di valutare le voci e la prospettiva della continuità aziendale senza tenere conto delle incertezze e dei fatti sopravvenuti alla data di chiusura del bilancio;
(ii) nella redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, di valutare comunque le voci e la prospettiva della continuità aziendale se tale continuità risulta sussistente nell'ultimo bilancio di esercizio chiuso prima del 23 febbraio 2020): è evidente che effettuare la valutazione delle voci di bilancio nella prospettiva della continuità aziendale (vale a dire, si ricorda, della capacità di produrre reddito nel futuro per un periodo di almeno 12 mesi) o in un'ottica liquidatoria ha un peso specifico non indifferente in ordine alla emersione di perdite del capitale sociale.
Altro aspetto strettamente connesso sul quale gli interpreti hanno fornito orientamenti divergenti è quello legato ai criteri di gestione che deve seguire l'organo amministrativo al verificarsi di perdite rilevanti, e ciò anche considerato che l'art. 6 del Decreto Liquidità, come detto, rende inoperante la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale ma non dispone la sospensione (anche) dell'art. 2486 cod. civ., per cui "al verificarsi di una causa di scioglimento" (e fino al passaggio di consegne ai liquidatori), gli amministratori conservano il potere di gestire la società "ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale", pena la responsabilità personale e solidale dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali, ed ai terzi per atti od omissioni compiuti in violazione di tale precetto.
Se l'art. 6 del Decreto Liquidità tace al riguardo (diversamente dall'art. 182-sexies l. fall. che, nell'analoga disposizione in materia di perdita del capitale dettata per le società che fanno ricorso a una procedura di concordato preventivo - anche in bianco - o di accordo di ristrutturazione dei debiti, limita l'applicazione dell'art. 2486 cod. civ. alla sola fase anteriore al deposito della domanda o della proposta), la predetta disposizione viene invece menzionata nella Relazione illustrativa al Decreto, nella quale si legge che l'art. 6 mira ad evitare di porre gli amministratori di molteplici società "di fronte all'alternativa - palesemente abnorme - tra l'immediata messa in liquidazione con perdita della prospettiva di liquidità per imprese anche performanti, ed il rischio di esporsi alla responsabilità per gestione non conservativa ai sensi dell'art. 2486 codice civile".
Si registra dunque un orientamento che dalla temporanea sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione fa discendere la disattivazione anche della disciplina dell'art. 2486 cod. civ., muovendo dal sopra riportato contenuto della Relazione illustrativa e dalla considerazione per cui se si vuole consentire alle imprese di superare la situazione emergenziale e di evitare la liquidazione è necessario non paralizzarne la gestione limitandola ai soli fini conservativi ma consentire all'organo amministrativo di proseguire l'attività sociale e forse anche di intraprendere iniziative "innovative" rispetto al passato, dettate dal nuovo contesto venutosi a creare per effetto della diffusione della pandemia.
In un'ottica certamente più prudenziale, diverso orientamento rileva d'altro canto l'opportunità per l'organo amministrativo di limitarsi al compimento di atti finalizzati primariamente a conservare l'integrità del patrimonio sociale, e dunque ad una gestione, se non meramente conservativa, che possa consentire di ripristinare l'integrità del capitale sociale (secondo l'apertura di parte della dottrina, anche attraverso il riposizionamento sul mercato o la riorganizzazione dei canali di vendita) e semprechè la società sia esposta a un livello di rischio molto basso (anche tenuto conto della situazione già deficitaria e dello scenario di crisi generale), con molta attenzione, in particolare, a fare ricorso a nuova finanza ove ciò possa comportare il rischio di un indebitamento senza reali effetti sul capitale.
L'organo amministrativo sembra in effetti chiamato, nell'ambito del costante monitoraggio in ordine alla consistenza del patrimonio sociale e delle condizioni dell'impresa cui è normalmente tenuto, a valutare con ancora più attenzione, considerata la generale crisi dovuta alla pandemia, la situazione aziendale, al fine di comprendere se sia possibile il recupero della continuità aziendale e il superamento della situazione di perdite, contemperando il tentativo di recupero dello squilibrio economico-patrimoniale (anche ricorrendo agli strumenti predisposti nell'ambito della legislazione emergenziale, quali ad esempio finanziamenti o moratorie) con l'esigenza di evitare condotte che possano rischiare di aggravare ulteriormente tale squilibrio, anche al fine di non incorrere in responsabilità.
E ciò anche alla luce del fatto che sono ritenute per lo più applicabili, anche in questa fase, le ulteriori disposizioni codicistiche che impongo in via generale all'organo amministrativo di gestire l'impresa nel rispetto dei principi di corretta amministrazione: in particolare, l'art. 2086 cod. civ., che prescrive di rilevare tempestivamente se la società si trovi in una situazione di crisi o di perdita della continuità aziendale (sembrerebbe, dunque, anche per effetto delle conseguenze patrimoniali derivanti dall'emergenza COVID-19) e, in caso positivo, di attivarsi per adottare le procedure opportune finalizzate a far fronte e comunque a risolvere la situazione di crisi o il recupero della continuità aziendale (applicabile alle S.r.l. in virtù del richiamo disposto nell'art. 2475 cod. civ. come novellato dal d. lgs. n. 14/2019, c.d. "Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza", al riguardo già in vigore); l'art. 2381 cod. civ., che impone agli organi delegati di curare che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sia sempre adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e di riferire periodicamente al consiglio e al collegio sindacale sull'andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione (c. 2), cui fa da pendant l'obbligo per gli amministratori privi di delega di agire in modo informato (c.3.; disposizione anch'essa applicabile alle S.r.l., in quanto compatibile, in virtù del richiamo disposto nell'art. 2475 cod. civ. come sopra novellato); dell'art. 2394 cod. civ., per cui l'organo amministrativo è tenuto a salvaguardare l'integrità del patrimonio sociale per tutta la vita dell'impresa anche nell'interesse dei creditori sociali.
Si segnala che restano poi ferme le altre previsioni di legge connesse alle perdite sul capitale o alle risultanze del patrimonio netto non incise dal Decreto Liquidità e dalla normativa emergenziale: tra l'altro, non è dunque sospeso il divieto di distribuire utile ai soci fino a quando il capitale sociale non sia reintegrato o ridotto proporzionalmente alle perdite (art. 2433 c. 3 cod. civ.), né sono derogate le norme che individuano nelle risultanze del patrimonio netto il limite all'acquisto di azioni proprie (art. 2357 cod. civ.) o all'emissione di obbligazioni (art. 2412 cod. civ.).