Amministrativo

La falcidia dei tributi locali con gli accordi di ristrutturazione dei debiti

Al di fuori della transazione fiscale, i crediti (non solo fiscali) riferiti agli enti locali possano essere oggetto di accordo "transattivo" , così come previsto per tutti gli altri crediti nell'ambito del concordato preventivo o dell'accordo di ristrutturazione

di Marco Gentile*

Il legislatore, nella formulazione della norma che consente la dilazione o la falcidia dei debiti erariali e contributivi, ha deciso, anche nel corso delle riforme che negli anni si sono succedute e che hanno interessato la transazione fiscale e contributiva, di non occuparsi dei tributi amministrati dagli enti locali (IMU, TASI, TARI, IMIS, Tosap, Tarsu, oblazione per condono edilizio, Imposta di scopo, Contributo di soggiorno).

Molte imprese in crisi, che hanno deciso di porre in essere azioni volte alla ristrutturazione del debito ed al conseguente risanamento, spesso si sono trovate nella condizione di avere un ingente debito, per tributi locali, che non sono state in grado di ristrutturare, proprio perché tali tributi non hanno mai trovato spazio nelle formulazioni normative.

Nell'ambito sia del concordato preventivo, ex art. 160 e segg. L.F., sia degli accordi di ristrutturazione del debito, ex art. 182bis L.F., il legislatore ha affiancato lo strumento della transazione fiscale, ex art. 182ter L.F. , per consentire alle imprese di ristrutturare i debiti aventi natura erariale e contributiva, tralasciando però di riservare una sistematizzazione anche per i tributi locali con conseguente difficoltà, per lo più dei comuni, di poter affrontare le situazioni in cui versano molti imprenditori, dovendo inoltre sottostare al controllo successivo sulla gestione svolto dalla Corte dei Conti.

In tale contesto, ben si comprende come la mancanza di un perimetro normativo, all'interno del quale possano muoversi in sicurezza gli amministratori locali, faccia sì che sindaci e dirigenti, a seconda dei casi siano, più o meni propensi, ad accettare falcidie o dilazioni dei tributi locali, posti alla base di un piano di risanamento.
Spesso, dunque, ci si deve affidare alla comprensione del progetto di ristrutturazione e alla ragionevolezza degli amministratori locali.
Certo non si può dire che al legislatore sia mancato il tempo per poter affrontare l'argomento.

La possibilità per il debitore di attivare una transazione con il fisco è stata infatti introdotta già nel lontano 2006, quando è stato inserito nella legge fallimentare, per la prima volta, l'art. 182ter, ad opera del D. Lgs. n. 5/2006. Con il successivo D. Lgs. n. 169/2007, il legislatore ha introdotto il comma 2 dell'articolo 160 L.F., prevedendo la possibilità di soddisfare parzialmente i creditori privilegiati nell'ambito della procedura di concordato preventivo ed estendendo l'ambito di applicazione della transazione fiscale anche agli accordi disciplinati dall'art. 182bis L.F.
Nel 2008, il D.L. 185/2008 convertito nella legge 2/2009, ha poi ampliato il presupposto oggettivo della transazione fiscale, prevedendo anche una transazione contributiva.
Con la legge di bilancio 2017 sono stati recepiti gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in ordine alla falcidiabilità di IVA e ritenute, per giungere poi ai numerosi interventi del legislatore dell'emergenza, tra cui il D.L. 125/2020, che ha introdotto il c.d. cram down erariale e contributivo.

Nell'ambito delle molteplici riforme, il legislatore non ha avuto modo di sistematizzare la materia dei debiti per tributi locali che, se non possono essere dilazionati o falcidiati, tramite l'istituto della transazione fiscale, possono però essere ristrutturati nell'ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all'art. 182bis L.F.

Gli amministratori locali più avveduti aderiscono al progetto di ristrutturazione che può prevedere, tra l'altro, la dilazione o falcidia dei tributi locali, coloro i quali, si trovano per la prima volta ad affrontare un tema tecnicamente molto complesso, come quello della legge fallimentare, in un campo sostanzialmente inesplorato, con l'incubo del successivo intervento della Corte dei Conti, è necessario accompagnarli nel percorso giuridicamente più corretto.

Davvero apprezzabile, appare l'intervento della Corte dei Conti - Sezione regionale di controllo per la Toscana, che il 15 giugno 2021 si è espressa sulla richiesta di un parere presentata dal Sindaco di Livorno. Nel caso di specie, il comune risultava essere creditore nei confronti di una cooperativa e il sindaco chiedeva alla Corte se il Comune potesse legittimamente addivenire alla stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'art. 182bis e 182ter L.F.

Il tema è particolarmente interessante poiché riguarda il corretto inquadramento giuridico della questione e, in ultima analisi, la corretta interpretazione degli articoli 182bis e 182ter della Legge Fallimentare. Assume un particolare rilievo la precisazione della Corte, la quale chiarisce che una volta individuata la corretta interpretazione della disposizione normativa, spetterà poi all'Ente, nella propria discrezionalità, applicare la fattispecie concreta ai principi enunciati.

Partendo dal dettato normativo dell'art. 182ter L.F., la Corte ritiene, correttamente, che possano essere oggetto di transazione i tributi erariali, in quanto certamente amministrati dalle Agenzie fiscali e i tributi che, se pur di spettanza di altri enti, vedono le competenze gestionali demandate, ex lege, all'Agenzia delle Entrate (tasse automobilistiche, addizionali regionali e comunali).
Per quanto riguarda i tributi locali, la Corte ritiene che possano entrare nel campo di applicazione dell'art. 182ter quelli attribuiti alla gestione delle Agenzie fiscali da una convenzione tra l'ente locale e l'Agenzia stessa.
Appare dunque chiaro che il dato letterale della norma, non consente l'applicazione dell'art. 182ter a quei tributi locali che non risultano essere amministrati dalle Agenzie Fiscali.

Con un pregevole ragionamento logico, la Corte si è posta il problema di individuare la sorte di tutti gli altri crediti di spettanza dell'ente locale (non solo quelli tributari) che non possono essere oggetto di transazione fiscale.
Se si esclude la falcidia dei tributi al di fuori dell'istituto della transazione fiscale, il debito dovrebbe essere soddisfatto integralmente. Una simile soluzione renderebbe però i tributi locali più garantiti di quelli erariali, nonostante i primi siano assistiti da un privilegio di grado inferiore rispetto a quelli erariali: tale opzione interpretativa determinerebbe infatti la possibilità di transare crediti più garantiti imponendo il soddisfacimento integrale dei crediti assistiti da minori garanzie.

Appare più aderente alle finalità perseguite dagli istituti in esame l'interpretazione per la quale, al di fuori della transazione fiscale, i crediti (non solo fiscali) riferiti agli enti locali possano comunque essere oggetto di accordo "transattivo" (con riduzione dell'ammontare del debito, dilazione di pagamento, ecc.), così come previsto per tutti gli altri crediti nell'ambito del concordato preventivo o dell'accordo di ristrutturazione.

Proprio quest'ultimo, pertanto, potrà essere lo strumento a cui l'imprenditore potrà ricorrere per attenuare la pressione dei tributi e dei crediti degli enti locali, nei modi previsti dall'art. 182bis. Ciò in conformità all'obiettivo del sistema normativo in esame, che è quello di evitare all'imprenditore in crisi il dissesto irreversibile dell'impresa consentendogli di ridurre in termini percentuali i crediti fiscali (e non), diversi da quelli oggetto di transazione.

La Corte conclude affermando che l'art. 182bis può trovare applicazione ai crediti, non solo tributari, di spettanza degli enti locali, qualora non possano essere oggetto di transazione fiscale ai sensi dell'art. 182-ter.

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*A cura di Marco Gentile, Responsabile del dipartimento crisi di impresa dello Studio Villa Roveda e Associati

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