Amministrativo

La notifica di una cartella di pagamento proveniente da un indirizzo PEC non incluso in pubblici registri è insanabilmente nulla

Nota a CTP Roma n. 767/7/21 del 26 gennaio 2021

di Gianmarco Dellabartola*

Con una recentissima sentenza, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma ha sancito un principio che, se confermato, ha potenziali effetti dirompenti in materia di notifica delle cartelle di pagamento da parte dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione tramite posta elettronica certificata.

Il caso

Un contribuente impugnava l'estratto di ruolo e la sottesa cartella di pagamento contestando, per quanto di interesse, il fatto di non essere mai stato raggiunto dalla notifica di tale atto esattivo. Costituendosi, l'Agente della riscossione produceva documentazione attestante che, al contrario, la cartella di pagamento sarebbe stata debitamente notificata tramite posta elettronica certificata all'indirizzo PEC del ricorrente. Quest'ultimo, con memoria, eccepiva che l'indirizzo PEC del notificante non risultava incluso in nessun pubblico elenco con la conseguenza che la notifica doveva ritenersi insanabilmente nulla.

La sentenza

La CTP di Roma, in accoglimento del ricorso e richiamando l'art. 3-bis l. n. 53/1994 e l'art. 16-ter d.l. n. 179/2012, ha appurato che l'Agente della riscossione, al fine di eseguire la notificazione, non aveva invero utilizzato il proprio indirizzo PEC ‘ufficiale' (ossia l'indirizzo inserito nell'Indice delle Pubbliche Amministrazioni ‘protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it') bensì il differente indirizzo PEC ‘notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it' sconosciuto ai pubblici elenchi.

Conseguentemente, i Giudici romani hanno ritenuto che la notifica dovesse ritenersi nulla in quanto eseguita in violazione del predetto quadro normativo.
Considerazioni

La sentenza in commento pare corretta quanto alle conclusioni raggiunte, seppur sia basata su un fondamento normativo errato. Infatti, gli articoli di legge richiamati in motivazione non riguardano le notifiche a mezzo PEC delle cartelle di pagamento, bensì disciplinano le notifiche, stesso mezzo, eseguite in proprio da parte degli avvocati (i.e. legge n. 53/1994 rubricata "facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali") e individuano i pubblici elenchi dai quali estrarre gli indirizzi PEC dei destinatari ai fini della loro corretta esecuzione "in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale" (art. 16-ter d.l. n. 179/2012) e, quindi non in materia tributaria.

In tale materia, infatti, la disciplina delle notifiche a mezzo PEC delle cartelle di pagamento è contenuta nell'art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 602/1973. Tuttavia, anche per procedere ad un tale tipo di notifiche la Pubblica Amministrazione (qual è l'Agenzia delle Entrate - Riscossione) deve accreditarsi presso un apposito elenco istituito per legge, indicando il recapito di posta elettronica che verrà adoperato per l'invio di atti e provvedimenti ai cittadini destinatari. Lo prevede l'art. 57-bis, del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'Amministrazione Digitale, ‘CAD'), il quale stabilisce al comma 1 che "al fine di assicurare la pubblicità dei riferimenti telematici delle pubbliche amministrazioni e dei gestori dei pubblici servizi è istituito l'indice degli indirizzi della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi, nel quale sono indicati gli indirizzi di posta elettronica certificata da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l'invio di documenti a tutti gli effetti di legge tra le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi ed i privati".

Se manca un tale accreditamento, è difatti precluso al contribuente verificare la provenienza del messaggio/notifica e, in particolare, la sua attribuibilità alla specifica Amministrazione menzionata come mittente. Volendo estremizzare, il mittente potrebbe essere chiunque.

È importante, tuttavia, evidenziare un aspetto peculiare della controversia sottoposta all'attenzione della CTP di Roma, al fine di comprenderne l'effettiva portata applicativa. Oggetto di impugnazione è stata sì la cartella di pagamento, ma in quanto conosciuta solo tramite l'estratto di ruolo. Pertanto, risultava preclusa la possibilità di sanatoria della notifica per raggiungimento dello scopo, poiché non era la cartella di pagamento ad essere stata portata a conoscenza del contribuente bensì unicamente il ruolo ivi recato, peraltro tramite attività di estrazione svolta in proprio da parte di quest'ultimo. Per contro, nelle differenti ipotesi in cui oggetto di impugnazione sia una cartella di pagamento di cui si dimostrasse la legale conoscenza a seguito di generazione del messaggio di avvenuta consegna, vi è il serio rischio sia dichiarata detta sanatoria in adesione all'orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 7665/2016 secondo cui "il risultato dell'effettiva conoscenza dell'atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverosia l'indirizzo di PEC espressamente a tale fine indicato dalla parte nell'atto introduttivo del giudizio di legittimità, determina infatti il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione legale del ricorso alla PEC".

Tuttavia, come altrettanto noto, la sanatoria ex art. 156, terzo comma, c.p.c., operando dalla tempestiva impugnazione dell'atto, non comporta il venir meno della decadenza – che potrebbe medio tempore essere intervenuta – dell'Agente della riscossione dal potere sostanziale di notificare l'atto esattivo. In altri termini, la sanatoria si estende, oltreché alla nullità della notifica, anche alla decadenza dal potere impoesattivo solo qualora intervenga prima che il termine per l'esercizio del potere di accertamento o di riscossione sia scaduto (su tutte, Cass., SS.UU., n. 19854/2004). Se ciò dovesse avvenire successivamente a tale termine, non potrebbe che essere dichiarata la nullità dell'atto impugnato per decadenza dell'agente della riscossione dal potere esattivo.

Volendo esemplificare, si ipotizzi la notifica via PEC di una cartella di pagamento, emessa ex art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, nel dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione e l'avvenuta tempestiva impugnazione nel febbraio successivo. Se, da un lato, si potrebbe ritenere sanata la notifica (e, conseguentemente, anche la decadenza dal potere impositivo) per raggiungimento dello scopo, ciò non potrà che avvenire nel momento di presentazione del ricorso (per l'appunto, febbraio), con la conseguenza che l'agente della riscossione risulterà inesorabilmente decaduto dal potere esattivo, in quanto esercitato oltre il termine di cui al citato art. 36-bis.

*a cura di Gianmarco Dellabartola

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