La partecipazione qualificata nel reato di associazione mafiosa
Reati contro l'ordine pubblico - Delitti - Associazione per delinquere di stampo mafioso - Promotori, dirigenti, organizzatori - Accertamento.
Ai fini della configurabilità del reato di promozione, di direzione od organizzazione del gruppo criminale, ex art. 416-bis, comma 2, c.p., è necessario che un ruolo apicale o una posizione dirigenziale risultino in concreto esercitati e quindi necessaria è la verifica dell'effettivo esercizio del ruolo di vertice che lo renda riconoscibile, sia pure sotto l'aspetto sintomatico, sia all'esterno, che nell'ambito del sodalizio, realizzando un effettivo risultato di assoggettamento interno.
•Corte di cassazione, sezione II penale, sentenza 28 maggio 2020 n. 16202
Reati contro l'ordine pubblico - Delitti - Associazione per delinquere - Dirigenti capi e promotori - Associazione di tipo mafioso - Qualifica di capo - Effettivo esercizio del ruolo di vertice - Necessità.
Con riferimento all'ipotesi di cui all'articolo 416-bis, comma 2, c.p., costituisce nozione presupposta della fattispecie normativa una modalità di formazione della associazione di stampo mafioso, cui è necessariamente connessa una strutturazione gerarchica per soggezione-adesione o affiliazione, avanzamenti e gradi, che rende indispensabile per assurgere a ruolo dirigenziale un precedente e verificato percorso da associato e il conferimento del grado apicale, riconosciuto e condiviso dalla compagine associativa, così da realizzare contemporaneamente anche quell'assoggettamento interno che, al pari dell'assoggettamento esterno, connota la fattispecie. L'assunzione del ruolo deve, in ogni caso, obiettivamente manifestarsi, almeno sotto l'aspetto sintomatico, divenendo così riconoscibile e riconosciuta, oltre che ab externo, nell'ambito del sodalizio e realizzando quindi un effettivo risultato di assoggettamento interno.
•Corte di cassazione, sezione VI penale, sentenza 6 settembre 2017 n. 40530
Reati contro l'ordine pubblico - Delitti - Associazione per delinquere - Associazione di stampo mafioso - Responsabilità del "capo famiglia" a titolo di concorso nel reato - Fine - Conoscenza dei progetti e del coinvolgimento dei suoi uomini - Sufficienza - Esclusione - Collaborazione effettiva - Necessità - Ragioni - Fattispecie.
In tema di associazione a delinquere di stampo mafioso, non sussiste la responsabilità del cosiddetto "capo famiglia", a titolo di concorso nel reato-fine "eccellente" (nella specie strage e delitti connessi), qualora questi, ancorché a conoscenza dei progetti in corso e del coinvolgimento operativo di "suoi" uomini, non abbia prestato fattiva e concreta collaborazione nell'organizzazione e gestione del reato, decisa dalla struttura di vertice del sodalizio criminale, in quanto l'omessa attivazione di ipotetici provvedimenti interdittivi non potrebbe comunque essere considerata equivalente a una prestazione di consenso o addirittura alla formulazione di un ordine nei confronti dei propri uomini.
•Corte di cassazione, sezione VI penale, sentenza 27 febbraio 2015 n. 8929
Reati contro l'ordine pubblico - Delitti - Associazione per delinquere - Capi e promotori - Associazione di tipo mafioso - Qualifica di capo, promotore od organizzatore - Effettivo esercizio del ruolo di vertice - Necessità.
In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, ai fini della configurabilità del reato di promozione, di regime od organizzazione del gruppo criminale è necessario che un ruolo apicale o una posizione dirigenziale risultino in concreto esercitati.
•Corte di cassazione, sezione I penale, sentenza 22 gennaio 2015 n. 3137
Reati contro l'ordine pubblico - Delitti - Associazione per delinquere - Capi e promotori - Associazione di tipo mafioso - Qualifica di capo, promotore od organizzatore - Posizione formale - Sufficienza - Esclusione - Effettivo esercizio del ruolo di vertice - Necessità - Fattispecie.
Il ruolo direttivo nell'ambito di un'associazione per delinquere di tipo mafioso è correttamente escluso dal giudice di merito quando la posizione di vertice, pur formalmente attribuita all'imputato all'interno della consorteria, non sia stata in concreto esercitata. (Fattispecie in cui l'imputato, dopo essere stato investito della funzione di reggente di una cosca, era stato successivamente sostituito per non aver effettivamente svolto tale compito).
•Corte di cassazione, sezione VI penale, sentenza 3 maggio 2013 n. 19191