La Renewable Energy Directive (RED III) e lo sviluppo di energia pulita in UE, a che punto siamo
Focus sul quadro normativo attuale e sulle innovazioni biobased che possano essere sfruttate per la valorizzazione dei rifiuti, il recupero delle risorse e la sostenibilità ambientale, in linea con i principi della bioeconomia circolare
La trasformazione dei rifiuti in energia (Waste to Energy)
È evidente come la lotta al cambiamento climatico passi anche attraverso la corretta selezione, gestione e smaltimento dei rifiuti.
Al riguardo, le più recenti stime evidenziano come la gestione dei rifiuti sia ritenuta responsabile di circa il 5% delle emissioni di gas climalteranti a livello globale, equivalente alle emissioni emesse da tutti i voli commerciali mondiali o al 65% della CO2 prodotta, su base annuale, da tutte le automobili nel mondo.
Nella comunicazione dell’11 marzo 2020 “Nuovo piano d’azione per l’economia circolare per un’Europa più pulita e più competitiva”, la Commissione europea parte da un dato estremamente allarmante: nonostante gli sforzi compiuti a livello nazionale ed eurounitario, la quantità di rifiuti prodotti non è in diminuzione; ogni anno, nell’UE le attività economiche generano complessivamente 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti, equivalenti a 5 tonnellate pro capite, mentre nello stesso periodo ogni cittadino produce quasi mezza tonnellata di rifiuti urbani. Parallelamente, lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani continua a rappresentare un aspetto di forte criticità poiché le discariche e gli inceneritori, fortemente impattanti sotto il profilo ambientale, sono ancora largamente utilizzati come metodi ordinari di smaltimento.
Nell’ambito del Pacchetto Economia Circolare del 2018, il legislatore europeo - con la direttiva 2018/851/UE del 30 maggio 2018 (Waste Framework Directive) - introduce, tra l’altro, nuovi obiettivi per il riciclaggio dei rifiuti urbani, stabilendo che, entro il 2025, dovrà essere riciclato almeno il 55 % dei rifiuti urbani in peso, che salirà al 60 % entro il 2030 e al 65 % entro il 2035. Inoltre, secondo la nuova direttiva quadro sui rifiuti, gli Stati membri avrebbero dovuto istituire, entro il 1 gennaio 2025, la raccolta differenziata dei materiali tessili e dei rifiuti pericolosi prodotti dalle famiglie, nonché garantire che, entro il 31 dicembre 2023, i rifiuti organici fossero raccolti separatamente o riciclati alla fonte (ad esempio, mediante compostaggio).
Il 25 luglio 2024 la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per non aver correttamente recepito la direttiva 2018/851/UE con riferimento alla responsabilità estesa del produttore, la garanzia di un riciclaggio di alta qualità, la raccolta differenziata dei rifiuti pericolosi e l’attuazione di un sistema elettronico di tracciabilità. Inoltre, la Commissione ha contestato all’Italia (e a tutti gli altri Stati membri) anche il mancato raggiungimento degli obiettivi in materia di riciclo dei rifiuti (l’obiettivo 2020 del 50% di preparazione al riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti urbani e obiettivo di riciclo del 65% dei rifiuti elettronici).
La Renewable Energy Directive (RED III) e lo sviluppo di energia pulita in UE
Sulla base dei dati ufficiali pubblicati da Eurostat, nel 2023, il 24,5% del consumo finale lordo di energia a livello eurounitario è stato prodotto da fonti energetiche rinnovabili con un incremento di 1,4 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Tuttavia, la quota percentuale registrata nel 2023 è inferiore di 18 punti percentuali rispetto all’obiettivo per il 2030 (42,5%), che richiederebbe un aumento medio annuo di circa 2,6 punti percentuali dall’anno in corso sino al 2030.
Come si legge sul sito ufficiale di Eurostat, i Paesi membri più virtuosi risultano la Finlandia, la Danimarca e la Svezia che, nel 2023, hanno prodotto, rispettivamente, il 66,4%, il 50,8% e il 44,9% del loro consumo finale lordo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Finlandia e Danimarca hanno prodotto la maggior parte della loro energia rinnovabile attraverso biocarburanti solidi, eolico e idroelettrico, mentre la produzione di energia rinnovabile in Danimarca si è basata soprattutto su biocarburanti solidi ed eolico. I risultati meno lusinghieri sono stati conseguiti da Lussemburgo (11,6%), Belgio (14,7%) e Malta (15,1%). La quota registrata dall’Italia è poco al di sotto del 20%, mentre la media europea si attesta al 24,5%. La transizione del sistema energetico dell’Unione Europea dalle energie non rinnovabili a quelle rinnovabili mira a: garantire l’approvvigionamento energetico, limitando la dipendenza energetica dell’UE da Paesi terzi; ridurre le emissioni di gas serra; diminuire i costi energetici; favorire lo sviluppo industriale, la crescita e l’occupazione.
A tal fine, il legislatore europeo ha adottato la nuova direttiva 2023/2413/UE del 18 ottobre 2023 sulle energie rinnovabili (Renewable Energy Directive - RED III), che ha emendato la direttiva 2018/2001/UE (Renewable Energy Directive - RED II), innalzando l’obiettivo vincolante per le energie rinnovabili nell’UE nel 2030 a un minimo del 42,5% con l’auspicio di raggiungere il 45%. Le implicazioni sotto il profilo energetico sono significative, in quanto con la RED III, il legislatore europeo intende quasi raddoppiare l’attuale quota di energia da fonti rinnovabili a livello unionale.
Recenti studi hanno però dimostrato che - sulla base dell’incremento, su base annuale, delle energie rinnovabili negli ultimi 20 anni, pari a circa lo 0.71% - il raggiungimento dell’obiettivo posto dalla RED III appare poco realistico. Tali studi stimano che la previsione di energia rinnovabile nell’UE, sulla base del menzionato trend di crescita, raggiungerà il 28,5% nel 2030.
Sebbene la Commissione europea, con la Raccomandazione 2024/1343/UE del 13 maggio 2024, avesse esortato gli Stati membri a recepire gli emendamenti introdotti dalla RED III, evidenziando l’importanza e l’urgenza di accelerare le procedure autorizzative per l’energia da fonti rinnovabili e i progetti infrastrutturali correlati, la stessa Commissione, lo scorso settembre, ha avviato la procedura di infrazione nei confronti di tutti gli Stati membri (ad eccezione della Danimarca che ha recepito gli emendamenti nei tempi stabiliti), in quanto non hanno ancora recepito integralmente le disposizioni introdotte dalla RED III, relative alla semplificazione e accelerazione delle procedure autorizzative. In Italia, l’8 ottobre scorso, il Parlamento ha iniziato l’esame del disegno di “Legge di delegazione europea 2024” che darà il via libera al recepimento nel nostro ordinamento della RED III.
In tema di produzione di energia da fonti rinnovabili, al fine di ridurre progressivamente l’approvvigionamento di energia da Paesi terzi e rendere quindi l’Unione europea autonoma sotto il profilo energetico, nel maggio 2022, la Commissione ha lanciato il piano REPowerEU volto a risparmiare energia, diversificare le forniture energetiche e produrre energia pulita, innalzando con la RED III l’obiettivo vincolante per le energie rinnovabili, entro il 2030, a un minimo del 42,5% (con l’auspicio di raggiungere il 45%). Per conseguire l’obiettivo di sostituire i combustibili fossili e accelerare la transizione europea all’energia pulita, il piano REPowerEU mira, tra l’altro, a incrementare la produzione di biogas da convertire in biometano sostenibile fino a 35 miliardi di m3 entro il 2030, stimando investimenti per circa 37 miliardi di euro.
La produzione di biometano dai rifiuti (Waste to Methane)
La produzione di biometano attraverso la digestione anaerobica della frazione organica di rifiuti solidi urbani (FORSU) - insieme dei quantitativi di rifiuti biodegradabili dei rifiuti urbani e industriali (il cosiddetto “umido”) e delle potature del verde pubblico e privato (il cosiddetto “verde”) - è considerata uno dei processi più efficaci ed ecosostenibili per il riciclo dei rifiuti organici, in quanto produce biogas, che può essere convertito in biometano, e un flusso liquido chiamato digestato, che può essere utilizzato nel settore agricolo o convertito in prodotti a valore aggiunto.
In Italia, esistono alcuni impianti all’avanguardia digestione anaerobica di FORSU capaci di trattare diverse migliaia di tonnellate di FORSU di RSU all’anno. Le operazioni che si svolgono all’interno dell’impianto di digestione anaerobica si suddividono in: pre-trattamento, processo di digestione anaerobica, compostaggio del digestato, purificazione e upgrading del biogas.
Dalla produzione di biogas alla conversione in biometano.
La fase di upgrading consiste nel trattamento e purificazione del biogas che viene trasformato in biometano puro, secondo le prescrizioni nazionali e, successivamente, pompato attraverso una particolare cabina controllata in cui viene verificata la qualità e misurato il tasso di produttività per poi essere iniettato nella rete di distribuzione del gas naturale di SNAM, secondo le rigide caratteristiche tecniche richieste dalla legislazione italiana.
La produzione di biocompost quale biofertilizzante per l’agricoltura.
Il digestato è l’ulteriore risultato - oltre al biometano - della digestione anaerobica, il quale, dopo aver subito un ciclo di trattamento intensivo volto a eliminare tutti i microorganismi patogeni ed eventuali semi di piante infestanti che inficierebbero le colture, viene utilizzato in agricoltura quale biofertilizzante e ammendante per il terreno.
Gli impianti di digestione anaerobica nell’ambito dell’economia circolare.
Gli impianti di digestione anaerobica di FORSU presentano un elevato potenziale in termini di ecosostenibilità e circolarità in quanto:
- riducono le emissioni di gas serra;
- diminuiscono l’inquinamento del suolo e dell’acqua causato dalla combustione dei rifiuti;
- evitano la generazione di percolato e odori dalle discariche;
- contribuiscono in modo significativo alla sicurezza energetica, in particolare nelle regioni con accesso limitato a fonti di energia non rinnovabili;
- contribuiscono alla generazione decentralizzata e su piccola scala di biogas;
- riducono le quantità di rifiuti, contribuiscono alla mitigazione degli effetti del climate change e forniscono una fonte di energia rinnovabile;
- generano entrate dalla vendita del digestato e del biogas, contribuendo alla sostenibilità economica dell’impianto.
Tuttavia è necessario affrontare diverse sfide per ottimizzare il processo di digestione anaerobica come ad esempio:
- la disponibilità di FORSU adatta per il processo di digestione anaerobica potrebbe essere limitata e la qualità del substrato potrebbe variare significativamente, incidendo sull’efficienza del processo e sulla resa di biogas. In particolare, il substrato deve essere facilmente digeribile, avere un rapporto carbonio-azoto adeguato ed essere privo di residui di plastica, contaminanti, antibiotici e metalli pesanti. Pertanto, la corretta selezione e pre-trattamento del substrato sono fondamentali per ottimizzare l’efficienza del processo e il rendimento del biogas;
- la qualità del digestato prodotto a seguito della digestione anaerobica di FORSU può contenere un’eccellente quantità di nutrienti, rendendolo un buon fertilizzante, ma potrebbe anche includere residui di plastica, metalli pesanti e contaminanti organici, che rappresentano un rischio per la salute umana e per l’ambiente qualora non gestiti in modo appropriato. Inoltre, il digestato richiede infrastrutture adeguate per uno smaltimento efficace, in ragione del suo maggiore contenuto organico e della sua composizione nutrizionale;
- la necessità di garantire un costante monitoraggio dei parametri fondamentali (tipo di substrato, temperatura, pH, tempo di ritenzione idraulica, tasso di carico organico, nonché un’adeguata manutenzione, al fine di garantire prestazioni ottimali, migliorando il rendimento del biogas e il contenuto di metano ed evitando disfunzioni (ad esempio, la fuoriuscita di biometano nell’atmosfera) o peggio il fallimento del processo. Al riguardo, una formazione adeguata e un supporto tecnico del personale impiegato nella gestione e manutenzione dell’impianto sono essenziali per il corretto funzionamento del processo.
L’importanza della bioeconomia circolare e le innovazioni bio-based.
La produzione di biometano dai rifiuti dimostra come le innovazioni biobased possano essere sfruttate per la valorizzazione dei rifiuti, il recupero delle risorse e la sostenibilità ambientale, in linea con i principi della bioeconomia circolare. Al centro di questo cambiamento di paradigma ci sono le innovazioni bio-based, progressi tecnologici derivati da processi biologici e risorse rinnovabili che sostituiscono i materiali convenzionali e promuovono la sostenibilità. Le innovazioni bio-based costituiscono il fulcro della bioeconomia circolare, che contribuisce in modo sostanziale alla riduzione dell’impatto ambientale, al miglioramento dell’efficienza delle risorse, allo sviluppo di tecnologie innovative e alla stimolazione della crescita economica.
Le innovazioni bio-based sono drivers essenziali nella transizione verso un’economia circolare, in quanto innescano un processo virtuoso in cui l’innovazione e la tecnologia contribuiscono al progresso economico, determinando la distruzione e l’obsolescenza di tecnologie e modelli di business che appartengono all’economia del passato di tipo lineare. Da un punto di vista biochimico, queste innovazioni consentono una valorizzazione efficiente dei rifiuti, il recupero delle risorse e la conversione dei materiali organici in prodotti preziosi come biocarburanti, bioplastiche e biofertilizzanti.
Per sfruttare appieno il potenziale delle innovazioni bio-based nell’economia circolare, è fondamentale un approccio multi-stakeholder: per un verso, i responsabili politici devono implementare quadri normativi di supporto e incentivi finanziari per incoraggiare gli investimenti nello specifico settore; per l’altro, le imprese devono adottare pratiche sostenibili e integrare soluzioni bio-based nelle loro catene del valore; infine, i ricercatori devono continuare a sviluppare tecnologie avanzate che affrontino le attuali criticità, come gli alti costi iniziali, la scalabilità e l’efficienza dei processi; infine, la sensibilizzazione del mercato circa i benefici dei prodotti bio-based è necessaria per stimolare la domanda dei consumatori e sostenere la crescita del mercato.
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*Marco Letizi, PhD, Consulente internazionale delle Nazioni Unite, Commissione Europea e Consiglio d’Europa, Autore