Amministrativo

La richiesta di cittadinanza dello straniero può essere rigettata anche se il reato è estinto

Con la sentenza 14094/2020 il Tar del Lazio ha evidenziato che resta in capo alla sola pubblica amministrazione la pertinente "scelta", che è ampiamente discrezionale

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di Pietro Alessio Palumbo

Qualora il richiedente abbia un precedente penale ancorché risalente a venti anni prima della domanda, la presenza da lungo tempo nel territorio nazionale e l'essere genitore di minori, può non bastare per maturare il diritto al beneficio della cittadinanza italiana e il conseguente inserimento a pieno titolo nella collettività nazionale. E neppure può essere di supporto e conforto alla richiesta di status civitatis la dimostrazione di possedere adeguati mezzi di sostentamento con conseguente assolvimento dei dovuti obblighi tributari e fiscali. Con la recente sentenza n.14094/2020, il Tar del Lazio ha evidenziato che non comporta alcun automatismo circa l'ottenimento della cittadinanza, persino l'avvenuta "estinzione" del reato in questione, poiché resta in ogni caso in capo alla sola Pubblica amministrazione la pertinente "scelta", che è ampiamente discrezionale. Una decisione basata sulla "fiducia" e sull'affidamento nello straniero coinvolto che a ben vedere possono essere irrimediabilmente minati qualora i reati di cui si è macchiato, ancorché remoti o persino estinti, siano comunque e ancora in grado di suscitare un serio "allarme sociale" per il livello di disvalore che stigmatizzano rispetto ai principi fondamentali della convivenza all'interno del nostro Paese.

L'apprezzamento di "opportunità" - La disciplina normativa sulla concessione della cittadinanza italiana prescrive che lo status civitatis "può" essere concesso allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica. L'utilizzo dell'espressione evidenziata sta a indicare che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue, in ogni caso, una valutazione largamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e sulle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale. Dal che il conferimento della cittadinanza, cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di "opportunità" sulla base di un complesso di circostanze atte a dimostrare l'integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta.

Gli "indizi" della buona condotta - L'interesse pubblico che soggiace al provvedimento di concessione della peculiare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo meramente "indiziario", le prospettive di ideale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del nostro Paese. Ciò dal momento che, lontano dal costituire per il richiedente una specie di diritto che lo Stato italiano deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi, la concessione in argomento rappresenta invece il frutto di una meticolosa, pragmatica ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso di assumere, anche, doveri e oneri.

L'inserimento dello straniero quale atto di "alta amministrazione" e il giudizio prognostico - La concessione della cittadinanza è frutto di una discrezionalità talmente ampia che persino il Giudice può sindacarla unicamente sul piano estrinseco, formale, sulla ricorrenza di un adeguato lavoro istruttorio circa la fondatezza di atti e fatti riposti a base di una scelta della Pubblica amministrazione che risulti argomentata, ragionevole, coerente e logica. In altre parole l'inserimento dello straniero nella comunità nazionale è atto tradizionalmente rientrante, secondo l'uniforme interpretazione della dottrina tra quelli di "alta amministrazione", cui consegue un altissimo grado di discrezionalità in capo all'amministrazione. Provvedimento che è legittimo allorquando l'amministrazione ritenga che lo straniero possieda ogni requisito atto a inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilievo penale.

Il precedente penale quale "fatto storico" e l'avvenuta estinzione del reato - Il precedente comportamento del richiedente, valutato come fatto storico e dunque a prescindere dalla intervenuta estinzione del reato, può ragionevolmente essere considerato come indicativo di una personalità non incline al rispetto delle norme penali e delle regole di civile convivenza e, come tale, giustificare il diniego del rilascio della cittadinanza italiana. Ciò in considerazione della gravità dei reati commessi e del fatto che tali comportamenti, a prescindere dall'estinzione del reato, incidono sulla valutazione complessiva della personalità, giustificando un giudizio di insufficiente livello di integrazione sociale. Preme evidenziare che se per un verso le condotte illecite col tempo non possono che perdere rilievo, nel senso che il perdurare della permanenza nel territorio dello Stato senza commettere reati va considerato come indice di progressivo inserimento nella società e di condivisione dei suoi valori, per altro verso il requisito della buona condotta non si sostanzia esclusivamente nella (eventuale) assenza di precedenti penali, bensì presuppone la dimostrazione dell'adeguato inserimento del cittadino straniero nella comunità nazionale, nell'ambito della quale egli deduce i propri personali interessi e assume parte attiva.

Vicende penali e interesse pubblico alla tutela di solidarietà e lealtà tra i "cittadini" - Le valutazioni finalizzate all'accertamento di una responsabilità penale si pongono, invero, su di un piano del tutto diverso e autonomo rispetto alla valutazione del medesimo fatto ai fini dell'adozione di un provvedimento amministrativo. Da ciò deriva la possibilità che le risultanze fattuali oggetto della vicenda penale possono valutarsi negativamente, sul piano amministrativo, anche a prescindere dagli esiti processuali. Per altro verso mentre gli effetti di una possibile riabilitazione sono chiaramente diretti ad agevolare il reinserimento nella società del reo, in quanto, eliminano le conseguenze penali residue e fanno riacquistare all'interessato la capacità giuridica persa in seguito alla condanna; viceversa, la valutazione che l'Amministrazione è chiamata a compiere per concedere lo status di cittadino ha riguardo primariamente all'interesse pubblico alla tutela dell'Ordinamento ossia alla protezione dello speciale rapporto di solidarietà e di lealtà tra esso e i propri cittadini nonché la reciprocità di diritti e di doveri. E ciò è la base del vincolo di "cittadinanza".

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