Civile

Lasciarsi prima delle nozze a causa dei suoceri non dà luogo a risarcimento

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di Andrea Alberto Moramarco

Le ingerenze continue dei futuri suoceri nella vita relazionale della coppia prossima al matrimonio sono un giusto motivo per la rottura del fidanzamento, che non dà luogo al risarcimento dei danni o al rimborso per le spese sostenute in vista delle nozze. Difatti, non costituendo la promessa di matrimonio un vincolo giuridico tra le parti ed essendo la scelta di non contrarre più matrimonio un atto di libertà incoercibile, non sussiste nessuna forma di responsabilità contrattuale o aquiliana. Lo ha affermato il Tribunale di Cagliari nella sentenza 487/2016.

Il caso - La singolare vicenda ha visto come spiacevoli protagonisti un uomo ed una donna, fidanzati da circa sette anni, che avevano deciso di contrarre matrimonio, in vista del quale avevano anche provveduto alle pubblicazioni preliminari presso il proprio comune di residenza. La coppia, poco meno di un anno prima della data delle nozze, aveva deciso altresì di andare a convivere in un immobile di proprietà di lui, cominciando ad effettuare acquisti di mobili ed elettrodomestici per la futura casa coniugale, nonché a sostenere le prime spese per la celebrazione del matrimonio. Durante questo lasso di tempo, tuttavia, si erano verificati diversi episodi di intrusione nella quotidianità della coppia da parte dei futuri suoceri di entrambi e questo aveva portato all'emersione di una palese incompatibilità caratteriale tra i due futuri sposi. Questo «stato di reciproco fastidio» era sfociato infine in un grande litigio, avvenuto solamente un mese prima delle nozze, in conseguenza del quale l'uomo aveva cacciato di casa la compagna comunicandole la sua decisione di non volersi più sposare. Di qui la scelta della donna di citare in giudizio l'ex compagno per essere risarcita di quanto inutilmente speso in vista del matrimonio a causa del suo rifiuto alle nozze.

Le motivazioni - Il Tribunale non ritiene però che la rottura del fidanzamento sia immotivata e rigetta la domanda della donna, condannata anche a pagare le spese legali all'ex compagno. Per il giudice, «va innanzitutto evidenziato come, a mente dell'articolo 81 c.c., la promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione, obblighi il promettente a risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa», qualora egli si rifiuti di eseguirla senza giusto motivo. Tale obbligazione di rimborso poi è qualificabile come «una speciale responsabilità conseguente ex lege all'esercizio di recesso», non riconducibile a quella extracontrattuale ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, «essendo la scelta di non contrare matrimonio un atto di libertà incoercibile», né a quella contrattuale «non essendo la promessa di matrimonio un contratto e non costituendo essa un vincolo giuridico tra le parti».
Ciò posto, nel caso di specie, la rottura del fidanzamento, pur se avvenuta dopo le pubblicazioni presso la casa comunale, non può dar luogo all'obbligazione di rimborso delle spese sostenute per le nozze perché non è avvenuta senza giusto motivo, «essendo essa frutto di una decisione sostanzialmente concorde delle parti sia pure indotta da un aspro litigio». La causa della rottura è stata, infatti, determinata dalle liti continue causate dalla presenza costante dei suoceri, che hanno portato la convivenza intrapresa prima del matrimonio ad essere intollerabile.

Tribunale di Cagliari – Sezione civile - Sentenza 16 febbraio 2016 n. 487

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