Le spese di ristrutturazione della casa vanno restituite all'ex se termina la convivenza
In tema di convivenza more uxorio, le attribuzioni patrimoniali disposte da uno dei conviventi in favore dell'altro, effettuate nel corso del rapporto, configurano l'adempimento di una obbligazione naturale non ripetibile. Tuttavia, se tali attribuzioni travalicano i limiti della proporzionalità e adeguatezza è possibile per il convivente ottenere la ripetizione degli importi pagati attraverso l'azione di indebito arricchimento, ai sensi dell'articolo 2041 del codice civile. Questo è quanto affermato dal Tribunale di Treviso con la sentenza 258/2015.
La vicenda - All'origine della vicenda c'è la fine di un rapporto di convivenza more uxorio durato dal 1994 al 2009. In questo lasso di tempo, la coppia di fatto aveva convissuto dapprima presso un immobile in locazione e successivamente nell'immobile di proprietà della donna. Per circa 10 anni continuativi l'uomo aveva corrisposto in favore della partner delle somme di danaro per il pagamento delle rate di mutuo e delle spese condominiali e per la ristrutturazione dello stesso immobile. L'uomo chiedeva così che la somma totale gli fosse restituita in quanto tali pagamenti costituivano un indebito arricchimento ex articolo 2041 del codice civile. La donna, dal canto suo, sosteneva invece che le prestazioni economiche effettuate da ciascun convivente in costanza di relazione dovevano presumersi dirette al soddisfacimento di esigenze comuni e costituivano obbligazioni naturale, in quanto tali non ripetibili.
Le motivazioni - Il Tribunale prende atto del lungo rapporto affettivo e di convivenza more uxorio che si è instaurato tra le parti e ricorda come sia pacifico che nell'ambito della convivenza non matrimoniale sorgono ugualmente quegli obblighi reciproci di natura morale e di rilevanza sociale, con la conseguenza che le attribuzioni patrimoniali in favore del convivente more uxorio effettuate nel corso del rapporto configurano l'adempimento di una obbligazione naturale ex articolo 2034 Cc, essendo queste espressione della solidarietà tra persone legate da un legame solido e duraturo. Ciò vale però «a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza»: in caso contrario ben può esserci un indebito arricchimento con depauperamento per uno dei partner e correlativo incremento patrimoniale dall'altro.
E nel caso di specie, per il Tribunale se, da un lato, le somme versate dall'uomo per il pagamento delle rate di mutuo e spese condominiali rappresentano normali spese necessarie per far fronte agli oneri abitativi e destinate al soddisfacimento delle comuni esigenze di vita; dall'altro lato, lo stesso non può dirsi per le spese di ristrutturazione dell'immobile. Questi esborsi, infatti, «non possono considerarsi come contributo alla vita comune, dal momento che si tratta di opere destinate a migliorare ed incrementare il valore di un bene di proprietà – di un solo convivente – e non appaiono strumentali alle concrete esigenze quotidiane della coppia». Di conseguenza la donna è stata condannata a restituire tali importi.
Tribunale di Treviso -Sezione civile - Sentenza 3 febbraio 2015 n. 258