Leciti gli appalti nella sanità nei bandi pubblici
L'inserimento, tra le specifiche tecniche di un bando di gara pubblico riguardante i servizi sanitari, che impone l'ubicazione della struttura in un determinato comune, è contrario al diritto dell'Unione perché contrasta con il principio della parità di trattamento.
Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell'Unione europea nella causa C-552/13 depositata il 22 ottobre con la quale Lussemburgo ha chiarito alcuni aspetti della direttiva 2004/18 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, recepita con il dlgs n. 163 del 12 aprile 2006, intitolato “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.
La vicenda approdata alla Corte Ue, su rinvio pregiudiziale del Tribunale amministrativo di Bilbao (Spagna), aveva al centro un ricorso del proprietario di un ospedale privato che contestava due bandi di gara pubblici del Comune di Bilbao. Quest'ultimo, per favorire la celerità delle prestazione mediche, nei casi in cui i servizi pubblici non possono effettuare le prestazioni in un tempo ragionevole, ha messo in piedi un meccanismo di cooperazione tra le strutture sanitarie pubbliche e gli ospedali privati, con servizi medici esternalizzati. Le strutture private forniscono le infrastrutture, le risorse tecniche e umane come infermieri e assistenti. Tuttavia, per lo svolgimento di operazioni chirurgiche, la struttura privata deve avvalersi dei chirurghi del servizio sanitario pubblico. Di conseguenza, nel bando era specificato che i gruppi ospedalieri privati dovevano trovarsi nel Comune di Bilbao. Con la conseguenza che l'azienda ricorrente, pur avendo tutti i requisiti, era esclusa in partenza solo per l'ubicazione.
Prima di tutto, in base al diritto dell'Unione, le specifiche tecniche indicate in un appalto devono consentire “pari accesso agli offerenti”. Proprio l'articolo 23 della direttiva, dedicato alle cosiddette specifiche tecniche, impone che queste ultime consentano pari accesso agli offerenti e richiede che non abbiano l'effetto di “creare ingiustificati ostacoli all'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza”.
E' evidente – scrive la Corte – che indicare un vincolo di esecuzione territoriale impedisce di raggiungere l'obiettivo della parità di accesso, creando una situazione discriminatoria tra gli offerenti. E questo malgrado alcuni pazienti, che richiedono i servizi sanitari, abbiano la residenza “al di fuori del comune sul cui territorio deve essere ubicata siffatta struttura in conformità della clausola di ubicazione considerata”. Pertanto, concludono gli eurogiudici, la clausola di ubicazione non garantisce un trattamento eguale agli offerenti, permettendo così una discriminazione e una violazione della concorrenza.
Di conseguenza, la Corte di giustizia boccia la clausola in quanto contraria all'articolo 23 della direttiva 2004/18.
Corte di giustizia Ue - Quinta sezione - Sentenza 22 ottobre 2015