Civile

Legge Pinto: la fine del patema se l'esito del processo diventa scontato esclude il diritto all'indennizzo

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di Patrizia Maciocchi

Niente indennizzo per la durata irragionevole del processo, se nel corso del procedimento, una nuova legge o un nuovo indirizzo della giurisprudenza preannunciano chiaramente un esito negativo della causa. Il no scontato alla domanda proposta fa, infatti, venire meno il patema d’animo legato all’incognita del verdetto. Un elemento sul quale si fonda il diritto all’equa riparazione. La Corte di cassazione, con la sentenza 4890 depositata ieri, respinge il ricorso di un gruppo di poliziotti che si erano rivolti al giudice amministrativo per ottenere l’inserimento nella base di calcolo dell’indennità di fine servizio il 60% dell’indennità integrativa speciale. Domanda che il Tar aveva respinto basando il suo no su un indirizzo giurisprudenziale che si era consolidato negli anni successivi al deposito dei ricorsi.

Se sulla pretesa dei ricorrenti si poteva discutere all’epoca in cui era stata fatta la proposta, certamente un risultato favorevole era da escludere dopo la sentenza della Corte costituzionale 243/93 e l’emanazione della legge 87/94, che, esprimendosi sulle buonuscite per i pubblici dipendenti, toglievano ogni speranza ai poliziotti di ottenere la liquidazione nella misura richiesta, contribuendo al consolidarsi di un principio espresso dal Consiglio di Stato.

Secondo i ricorrenti però l’aver perso la causa non faceva venire meno il loro diritto all’indennizzo per l’eccessiva durata del procedimento presso il Tar. La legge Pinto non lega, infatti, il “risarcimento” all’esito favorevole ma lo esclude solo in caso di lite temeraria.

I giudici della Suprema corte non negano che il tenore del verdetto sia ininfluente, sottolineano però che va esclusa l’esistenza del «patema da ritardo» nella definizione del processo, quando la parte, avendo proposto una lite temeraria è consapevole dell’inconsistenza delle sue richieste. L’assenza di una condizione soggettiva di incertezza fa venire meno il disagio e la sofferenza presupposto del risarcimento. Una situazione in cui i ricorrenti possono trovarsi dall’inizio del ricorso, come appunto nel caso di lite temeraria, o che può sopraggiungere nel corso di questo per affetto di nuove circostanze «che rendano manifesto il futuro esito negativo del giudizio». La Cassazione sottolinea che non si può considerare pretestuoso in origine il ricorso proposto davanti al giudice amministrativo «che solo a far data da un certo momento» per affetto della sopravvenuta sentenza della Consulta ha perso ogni possibilità di successo. Tuttavia l’effetto della novità giurisprudenziale è tale da far cessare l’ansia da incertezza. Facendo così sfumare anche l’indennizzo.

Corte di cassazione – Sezione VI – Sentenza 11 marzo 2015 n. 4890

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