Legittimo il licenziamento del lavoratore che in malattia compia sforzi fisici inadeguati alla pronta guarigione
Tra le contestazioni mosse al prestatore il montaggio con altri di un portabagagli sulla propria vettura e attività di carico e scarico di materiale edile
Legittimo il licenziamento del lavoratore che - in malattia - esegua attività o movimenti che possano pregiudicare la guarigione. In questo caso viene meno l'elemento della fiducia che deve stare alla base del rapporto tra datore e prestatore. E' quanto chiarisce la Cassazione con l'ordinanza n. 12994/23.
La vicenda nel merito
Nel merito si sono registrate due sentenze di segno opposto. Mentre il Tribunale, ha qualificato illegittimo il licenziamento intimato dalla società condannandola alla reintegrazione del lavoratore per insussistenza dei fatti contestatigli in assenza di prescrizioni mediche che lo limitassero nei movimenti o negli spostamenti o nelle attività quotidiane ma soltanto di un periodo di "riposo e cure", la Corte d'appello, invece, si è espressa in senso contrario.
I giudici di seconde cure, infatti, hanno premesso i principi di diritto di inesistenza di un obbligo del lavoratore in stato di malattia di astenersi da attività, anche lavorative, con esso compatibili, purché con le cautele idonee a non ritardarne la guarigione, nel rispetto dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà. Diversamente, si giustifica il recesso datoriale, nell'ipotesi in cui dall'attività esterna prestata possa essere presunta l'inesistenza della malattia (dimostrandone la fraudolenta simulazione). Spetta al lavoratore l'onere della prova della suddetta compatibilità, non pregiudicante, né ritardante la guarigione. Nel merito, la Corte catanese ha accertato, sulla base di investigazioni private datoriali nell'arco temporale contestato, come il lavoratore, nel periodo di malattia (nel quale peraltro si era sottoposto a numerose visite mediche e a un ciclo di tre sedute di infiltrazioni di acido ialuronico, di cui le due ultime del 6 agosto 2018 e del 5 settembre 2018 nel periodo di contestazione disciplinare: dal 7 agosto al 5 settembre 2018) abbia tenuto comportamenti (di protratta stazione eretta; di guida di auto, scooter o moto; di scarico e carico di scatoloni; di spazzamento del marciapiedi antistante l'esercizio commerciale intestato ai familiari; di ripetuti spostamenti a piedi; di montaggio con altri di un portabagagli sulla propria vettura; di carico e scarico di materiale edile) che di certo non hanno velocizzato la guarigione. Emerge, quindi, un comportamento del lavoratore ben lontano dalle prescrizioni mediche di riposo e cure.
La posizione dei Supremi giudici
La Cassazione, in sintonia con i giudici di seconde cure, ha ritenuto che il prestatore avesse ostacolato e comunque ritardato la guarigione, il tutto in palese violazione dei doveri di correttezza, diligenza e buona fede e con l'integrazione, quindi, della giusta causa di recesso datoriale.