Lavoro

Licenziamento per giustificato motivo, quando si produce l’effetto estintivo

La Cassazione, sentenza n. 15513, afferma che l’articolo 1, co. 41, della legge Fornero è norma derogabile in melius in favore del lavoratore subordinato

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione fornisce un importante chiarimento sulla decorrenza del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Con la decisione n. 15513 la Sezione lavoro afferma che l’avvio della procedura conciliativa obbligatoria non segna un effetto “estintivo immediato e retroattivo” del rapporto di lavoro. Siamo infatti davanti ad una “fattispecie complessa”, che richiede un secondo atto, effettivo e recettizio, per produrre l’effetto estintivo. Per cui se nel frattempo il lavoratore continua a prestare attività (anche se formalmente in ferie), quel periodo va considerato “preavviso lavorato” e il rapporto è da ritenersi ancora in essere.

Il caso era quello di un dipendente del settore industria che era stato licenziato il giorno dopo il fallimento della procedura di conciliazione avvenuta l’8 febbraio. Fino a quella data il dipendente era stata messo in ferie dall’azienda. Il 9 febbraio però il datore di lavoro gli aveva inviato la comunicazione di licenziamento, dichiarandone l’efficacia retroattiva al giorno precedente. In quella stessa data, il lavoratore aveva presentato all’Inps domanda di congedo biennale per assistere la madre disabile. La domanda era stata respinta dall’Istituto, perché il rapporto di lavoro sarebbe già cessato a quella data.

A quel punto il dipendente si è rivolto al Tribunale di Lucca per far dichiarare l’esatta data del licenziamento, e cioè l’11/02/2019 data in cui aveva ricevuto la lettera dell’azienda; chiedendo la condanna della società ad effettuare la rettifica dell’UNILAV. Non solo, considerato che al momento della domanda di congedo era ancora dipendente della società, aveva chiesto anche la condanna dell’Inps al riconoscimento del congedo. Prima il tribunale e poi la Corte di appello però bocciavano il ricorso in quanto ai sensi dell’articolo 1, comma 41, legge n. 92/2012, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo produce effetti retroattivamente dal giorno della comunicazione con cui il procedimento ex articolo 7 L. n. 604/1966 è stato avviato. Ragion per cui l’08/02/2019 il rapporto di lavoro era già risolto e quindi non poteva essere accolta la domanda di declaratoria di inefficacia temporanea del recesso fino alla scadenza del periodo di congedo.

Contro questa decisione ha proposto ricorso il dipendente lamentando l’omessa considerazione del fatto che egli l’8/02/2019 era ancora in ferie per espressa disposizione aziendale, sicché il rapporto di lavoro poteva considerarsi estinto non prima del 09/02/2019 e, in realtà, non prima dell’11/02/2019, data in cui aveva ricevuto la lettera di conferma del licenziamento, considerata la sua natura di atto negoziale unilaterale e recettizio. E lamentanto anche il fatto che la Corte territoriale avesse escluso che la domanda all’Inps di congedo biennale sospendesse il decorso della procedura di tentativo di conciliazione.

Per la Sezione lavoro i motivi sono fondati. “Occorre distinguere – si legge nella decisione - il momento in cui il recesso datoriale acquista rilevanza giuridica per l’ordinamento dal momento in cui quello stesso recesso produce l’effetto estintivo del rapporto di lavoro”. E tale scissione, prosegue, si impone in considerazione sia di quella parte della norma, in cui il legislatore fa espressamente salvo il diritto al preavviso (o alla relativa indennità), sia dell’ultimo periodo della norma medesima, secondo cui “Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato”.

Sul piano strutturale si devono distinguere tre fasi: un primo atto con cui il datore di lavoro comunica la sua intenzione di licenziare, indica il giustificato motivo oggettivo e avvia il tentativo di conciliazione; nella seconda fase si snoda il procedimento conciliativo, che termina con esito negativo; infine nella terza fase si colloca l’atto di licenziamento e la sua necessaria comunicazione al lavoratore. Ed è la data in cui tale ultimo atto è pervenuto nella sfera di conoscibilità del lavoratore (articoli 1334 e 1335 c.c.) a rappresentare il dies a quo di decorrenza del termine di decadenza per la sua impugnazione.

La Corte territoriale, prosegue la Cassazione, ha invece attribuito alla norma una portata inderogabile in realtà inesistente. I giudici di secondo grado avrebbero dovuto valutare il comportamento in concreto tenuto dalla società, che ha scelto di non interrompere il rapporto di lavoro, bensì di collocare ripetutamente in ferie l’odierno ricorrente fino all’08/02/2019, ossia fino al giorno (compreso) in cui è terminato il procedimento conciliativo con esito negativo e poi, con il secondo atto, lo ha licenziato con lettera del 09/02/2019, sia pure dichiarando che l’effetto estintivo si sarebbe retroattivamente prodotto dall’08/02/2019.

La Corte territoriale ha dunque negato ogni effetto all domanda di congedo in considerazione del fatto che il rapporto di lavoro doveva considerarsi già estinto. Ma - osserva la Cassazione - venuto meno tale presupposto, i giudici di secondo grado dovranno rivalutare la vicenda e quindi accertare se, presentata l’istanza di congedo durante il rapporto di lavoro (ossia durante il “preavviso lavorato”), quest’ultimo cada in uno stato di quiescenza o di sospensione tale da incidere ulteriormente sul piano temporale dell’effetto estintivo del licenziamento, differendolo nel tempo fino al termine del periodo di congedo.

Il Giudice del rinvio dovrà dunque riesaminare la vicenda attenendosi ai seguenti principi di diritto:

“l’art. 1, co. 41, L. n. 92/2012 va interpretato in modo sistematico con l’art. 1, co. 40, L. n. 92 cit. e quindi con l’art. 7 L. n. 604/1966, sicché la fattispecie estintiva del rapporto di lavoro subordinato mediante licenziamento per giustificato motivo oggettivo è una fattispecie complessa strutturata in tre fasi;

l’art. 1, co. 41, L. n. 92/2012 è norma derogabile in melius, ossia in favore del lavoratore subordinato, quanto all’individuazione del momento di produzione dell’effetto estintivo del rapporto di lavoro mediante licenziamento per giustificato motivo oggettivo;

tale norma va interpretata nel senso per cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo assume rilevanza giuridica sin dal momento di avvio del procedimento conciliativo, ma il lavoratore conserva il diritto al preavviso, sicché se il preavviso è stato dato – nel primo atto di avvio della fattispecie complessa o nell’atto finale di licenziamento – l’effetto estintivo si verifica al compimento del relativo periodo, sia pure calcolato a decorrere dal primo atto della fattispecie complessa; se invece non è stato dato il lavoratore avrà diritto alla relativa indennità sostitutiva, calcolata in misura diversa a seconda che il rapporto di lavoro sia stato interrotto oppure no al momento di avvio del procedimento conciliativo”.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©